Se c'è una cosa sulla quale tutti, sia pubblico che critica, sono d'accordo, è che“Lo chiamavano Jeeg Robot” è il film che mancava fortemente all’interno del panorama cinematografico italiano.
Prodotta da Goon Films con Rai Cinema e firmata da Gabriele Mainetti, giovane regista e co-autore della colonna sonora originale insieme al compositore Michele Braga, ha tra i suoi pregi quello di averci regalato un equilibrio perfetto e paradossalmente credibile tra fantastico e quotidiano, tra stravaganza e ordinarietà, tra esasperazione dei sentimenti e normalità, anche se il ritratto iperbolico di una Roma corrotta e deturpata è purtroppo molto fedele alla realtà della vita di molte persone.
Di solito per una colonna sonora le possibilità sono tre: la partitura originale, la compilation (ovvero una serie di brani editi scelti per il film) oppure la hit-single, una partitura sinfonica da cui prende vita un brano da classifica (un esempio sono le colonne sonore di 007). "Lo chiamavano Jeeg Robot" sceglie una quarta, coraggiosa strada: accanto alle musiche originali composte per il film, lascia che siano gli attori a interpretare i brani di repertorio, vestendo le canzoni di nuove connotazioni che si pongono curiosamente a metà, non negandone il valore storico ma colorandole insieme di significati altri.
"Lavorare fianco a fianco col regista è stato gratificante, una grande occasione di confronto e di rispetto. Non credo che la colonna sonora sarebbe stata così calzante ed adatta senza la sua presenza. Per me è stata un’esperienza importante sia per la crescita artistica sia per il consolidamento di un’amicizia." ci ha raccontato Michele Braga, autore della colonna sonora del film distribuito da Lucky Red, "e alcune scene sono state davvero divertenti da sonorizzare, per esempio quella del Luna Park, con un tema di Gabriele Mainetti volutamente semplice ma molto efficace. Poi c’è il brano “Hiroshi Shiba”, che si ascolta quando Claudio/Jeeg capisce l'enorme importanza di usare il suo superpotere per aiutare gli altri. Credo sia una scena del film fortemente toccante, e che aiuta bene lo spettatore a vivere le grandi emozioni di quel momento.”
Un'altra cosa sulla quale tutti sono d'accordo, è che le scene salienti de “Lo chiamavano Jeeg Robot”, senza le canzoni, quelle canzoni, non sarebbero state così iconiche. "La musica, soprattutto nella prima parte del film, cerca di incalzare i personaggi senza prevaricarli, utilizzando l’elettronica e la ricerca timbrica"ci ha raccontanto Michele Braga "Solo quando il supereroe acquisirà finalmente la coscienza del suo nuovo ruolo grazie alla scoperta dell’amore, allora la musica diverrà più emozionale e si aprirà di conseguenza a sonorità orchestrali."
Il personaggio de Lo Zingaro, (interpretato da Luca Marinelli), quando non è intento a rapinare, sgozzare e malmenare, si trucca e si ricopre di paillettes e lustrini per esibirsi in squallidi pianobar, proponendo un repertorio che va da Anna Oxa a Loredana Berté, passando per Gianna Nannini e Nada. Il cantato non è di certo eccezionale, ma qui l’intonazione non c’entra: il cantautorato femminile italiano anni '80 rappresenta l’unica occasione per Lo Zingaro di mostrare se stesso e il suo represso ed esasperato lato femminile. "L'idea di inserire brani del repertorio anni '80 è venuta agli sceneggiatori e al regista, Mainetti. Personalmente trovo che le scene del film in cui sono montate le musiche di repertorio siano quelle che possiamo davvero definire “cult”. Eccezionali e di fortissimo impatto" continua Braga.
Lo Zingaro si connota così in una cornice a metà tra l’ultraviolenza kubrickiana e l’esasperazione del trash e del comico che avviene nei momenti teoricamente meno opportuni, dalla suggestiva performance in “Un’emozione da poco” di Oxa, urlata, più che cantata, di fronte ad un pubblico di camorristi con i quali la sua banda è in trattativa, fino a “Non sono una signora” di Berté, urlata sfrecciando in macchina dopo una feroce sparatoria. Stesso discorso per “Ti stringerò” di Nada e “Latin Lover” di Gianna Nannini, stavolta cover che fa da sfondo ad una disperata fuga di Marinelli & co.
La musica come liberazione e sfogo, come fuoriuscita della vera essenza di sé sembra essere in parte la funzione delle colonne sonore di questo film, da “Allo stadio olimpico”, uno dei momenti topici de “Lo chiamavano Jeeg Robot”, ovvero la sempiterna lotta tra bene e male, fino a “Jeeg Robot l’uomo d’acciaio”, che magistralmente incarna la redenzione dell’altro personaggio cardine, quello di Claudio Santamaria: "Credo che abbia funzionato proprio perché tramite le immagini si capisce il senso dell’arrangiamento. Non volevamo che fosse una semplice operazione commerciale fatta ad hoc per i titoli di coda, ma volevamo al contrario che restasse legata alle immagini e soprattutto alle emozioni che la storia di Jeeg/Claudio suscita nello spettatore. Come dice Claudio Santamaria: “rabbia, pugni, ma anche un grande cuore”."
---
L'articolo L'importanza della musica italiana in "Lo chiamavano Jeeg Robot" di Francesca Amodio è apparso su Rockit.it il 2016-03-17 13:10:00
COMMENTI (3)
"Il cantato non è di certo eccezionale" ah si?
Questo film è il super-eroe che noi, amanti del Cinema, aspettavamo da tanto tempo. E' il vero manifesto di questa incredibile rinascita. Non è un semplice cinecomic, ma un mix di generi incredibile gestito in una maniera PERFETTA. Bravo Mainetti, che tra le altre cose ci ha messo un sacco di suo, anche a livello economico. Bravi tutti gli attori, soprattutto Ilenia Pastorelli che ha avuto il coraggio di mettersi in gioco ed ha cacciato una prestazione incredibile.
Qui, se vi va, date un'occhiata alla mia recensione riguardo "Lo chiamavano Jeeg Robot" :D
mgrexperience.blogspot.it/2…
E' vero! Era proprio la colonna sonora che mancava! Meravigliosa! Spettacolare! Subliminale! Meritocratica! Ora attendo con tutta l'anima Holly e Benji.