Scrivere canzoni così, per provare. E poi non riuscire più a smettere. È quello che è successo a Luciano Nardozza, chitarrista lucano trapiantato in Lombardia, che fa musica da una vita ma che, fino al 2017, non aveva mai pensato che sarebbe diventato un cantautore. E non un cantautore qualunque: nella sua musica si incastrano tra loro rock, prog, pop, elettronica, pure qualcosa di rap, in un processo di costante ricerca. Qualcosa di naturale per uno come Luciano, che nella sua vita ha girato un bel po' finendo pure in Svezia, dove ha passato un anno per raccogliere materiali per la propria tesi di laurea in lingue straniere. A questo si aggiunge il percorso di studi in psicologia, particolarmente visibile nel suo ultimo album Ciò che non devi sapere. "Il primo album della storia nato come un vero e proprio manuale di psicologia e di comunicazione", come lo descrive lui stesso. L'abbiamo raggiunto per scoprire qualcosa di più.
Ciao Luciano! Quando hai iniziato a fare musica?
Ho iniziato a fare musica da adolescente. Dopo un anno di sassofono ho sentito la chitarra che mi chiamava, il rock… con gli ascolti classici di Jimi Hendrix, Beatles, Led Zeppelin, Genesis e molto altro a guidarmi nel percorso. Ben presto sono entrato in una band che gradatamente si è orientata verso l’hard rock/heavy metal. Alla fine suonavamo Dream Theater e Metallica. Poi è arrivata l’università e ci siamo sciolti. Da lì ho approfondito il mondo del jazz e il mio idolo di un tempo, John Petrucci, ha lasciato il posto ai vari John McLaughlin, Ulf Wakenius, Pat Metheny, Frank Gambale, Al Di Meola.
Per un po’ ho accarezzato l’idea di dedicarmi alla musica da film e ho scritto la colonna sonora di un medio-metraggio. All’epoca ascoltavo in loop le composizioni di Sakamoto, Piovani, Morricone, H. Zimmer, J. Williams ecc. Non ho mai ascoltato molta musica italiana, a parte Franco Battiato, con la cui musica e persona sento una particolare sintonia.
Quando è nato il tuo progetto solista?
Un bel giorno nel febbraio 2017, mi sono svegliato con una canzone in testa dal titolo Non è colpa di nessuno. Fluiva fuori come se fosse già esistita, era bella e pronta, testo e musica. Invece era proprio mia, una canzone nata spontaneamente in quel momento per trovare un senso alla crisi che mi attanagliava. Mi sorprese. E sebbene non avessi mai cantato in italiano (fino a quel punto infatti ero stato un chitarrista), mi lasciai affascinare per la prima volta dai suoni delle parole, dalla metrica, dal senso profondo racchiuso in un vocabolo. Allora mi misi a incidere il mio primo disco da cantautore, dal titolo Di passaggio. Credevo infatti sarebbe stato un fenomeno “passeggero”. E invece eccomi qui.
Con chi collabori?
Per i live collaboro con due bravissimi musicisti, Antonello De Luise al basso e Antonio Casula alla batteria. In studio mi piace comporre, arrangiare e suonare tutto da solo. Il flusso creativo in cui nuoto è così rapido, intenso, complesso e definito che farei fatica a spiegare il risultato ad altri musicisti in modo esatto. Quindi procedo da solo a ricreare esattamente il suono che ho dentro, partendo da batteria, basso, chitarre, voci fino agli arrangiamenti di tastiera, archi ecc.
Per il mix/mastering finale lavoro assieme a mio fratello Angelo Nardozza, tecnico del suono. Un’altra figura importante del team è mio fratello Filippo Nardozza, Communication Manager (siamo tre Bros.). La cosa bella è che lavoriamo insieme non perché siamo fratelli ma perché abbiamo molta affinità e ognuno possiede le proprie competenze che cerca di sviluppare costantemente, con passione, credendo fermamente nel progetto.
Come definiresti la tua musica?
Non sono bravo con le etichette. So che dentro c’è del rock, pop, prog, elettronica, rap e del cantautorato. Potremmo inventare un’etichetta adesso, tipo prock. Le etichette, fortunatamente, nascono per essere superate.
Com'è nato il tuo ultimo album?
L’ultimo album mi è piombato tra capo e collo l’11 aprile del 2021, dalle h.17 alle h.18. E’ un concept album, un tutt’uno diviso in 14 capitoli. In quell’ora è nato lo scheletro dell’album, tutti i riff, i ritornelli, la maggior parte delle cose. Non ci credevo. Poi l’ho sviluppato e affinato in un mese, facendo ricerche e studiando dei testi di riferimento, dato che è un disco che parla di psicologia sociale.
In che modo lo fa?
Potremmo dire che è il primo album della storia nato come un vero e proprio manuale di psicologia e di comunicazione. Si parla infatti di tecniche psicologiche, di esperimenti famosi e di grandi figure del campo (LeBon, Maslow, Overton ecc.), nei dettagli. Puoi sfogliarlo, come un libro. Prendi il pezzo dal titolo Overton: ognuna delle 6 strofe riassume una fase della teoria del famoso sociologo Joseph. P. Overton. Cosa dice questa teoria? Che se prendi un’idea tabù tipo il cannibalismo, con dei semplici stratagemmi e la connivenza di media e “scienziati”, puoi arrivare a imporre quell’idea al punto che alla fine, se non sei cannibale, sei tagliato fuori dalla società. In generale nel disco si cerca di capire perché la propaganda funziona con le masse, perché siamo cosi influenzabili e come con la lingua si riesca a far passare, per esempio, la “guerra” per una “missione di pace”. È un album sperimentale, imprevedibile. Ho usato tutto ciò che serviva allo scopo, dalla voce di George W. Bush fino alle onde Theta con i battiti binaurali del pezzo in chiusura, l’Antidoto. Già, perché anche alla manipolazione mentale esiste un rimedio.
Qual è la cosa che preferisci dei tuoi live?
Mi piace l’imprevedibilità del live. Può succedere di tutto e devi restare sveglio per poter dare il massimo. È come fare bungee jumping. I primi momenti sono quelli decisivi, capire se il pubblico ti sta seguendo, se è nata quella speciale sintonia. La ciliegina sulla torta è quando i bimbi si mettono a ballare sui tuoi pezzi… una grande emozione. A quanto pare trovano alcuni miei brani, tipo Beata ingenuità o anche Contropropaganda, adatti allo scopo di scatenarsi.
Cosa prevedi per il tuo futuro?
Sto lavorando a un nuovo disco. Prima nella testa, sondando le probabili direzioni. La cosa difficile non è trovare l’ispirazione bensì seguire il percorso più vero per te in quel momento, quello che scotta e che ti suscita un’emozione, la voglia di ricercare. Questo spirito, a sua volta, sotto forma di disco o di live, non potrà non raggiungere anche gli ascoltatori.
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L'articolo Luciano Nardozza, cantautore (non) per caso di Redazione è apparso su Rockit.it il 2023-03-20 09:39:00
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