Tra "These days" e il prossimo album sono trascorsi diversi anni passati a tirare fuori idee da ogni ispirazione. Dall'hip hop alla dance, l'imperativo è stato solo uno: nessun limite di genere e nessuna collaborazione fatta solo per curriculum. Tanto da permettersi di cestinare un brano suonato con Jamiroquai. Gli M+A ci anticipano come sta prendendo forma il nuovo album, che potremo ascoltare d'inverno, mentre il loro produttore Larry Dvoskin ci racconta com'è lavorare con loro.
Ciao ragazzi, so che le registrazioni per il nuovo album sono cominciate nell’estate 2015, quindi un anno fa. Come avete iniziato a lavorare e cosa è successo nel frattempo?
Dopo l’ep "Anyway Milkyway" ci siamo messi a scrivere separatamente brani con un fine che non doveva essere per forza un disco, o una band.
All’inizio si tratta sempre di capire singolarmente se si ha effettivamente qualcosa da dire e se il modo per dirlo ha ancora un’estetica valida, a prescindere dal resto: è una fase bipolare, in cui si soffre e ci si diverte tantissimo, allo stesso tempo. Un giorno, se mai pubblicheremo un album di brani mai usciti ci sarà del reggae, dell'hip hop, metal, musica orientale, registrazioni a caso senza senso, brani corali tipo Lady Blacksmith Mambazo. Sarà bellissimo.
Magari accadrà già con questo disco qui. Va be'. Nel frattempo è successo che ci siamo accorti che alcune cose che avevamo scritto ci piacevano, e ci siamo messi a produrle seriamente, per capire ancora di più cosa volevamo dire, lavorando in parallelo tra Forlì, Oslo, Londra, Brooklyn e Bologna. In vari studi e in varie case.
Abbiamo cominciato nell’estate 2015 e non abbiamo ancora terminato. Produrre tanto materiale come stiamo facendo, ogni tanto diventa quasi fuorviante, ma siamo sempre stati contro l’idea di rilasciare un album solo perché un mercato musicale lo richiede, o per restare sull’onda: non a caso il nostro ultimo album è del 2013.
Poi sì, c’è stata anche la firma con l’etichetta Sugar: abbiamo e hanno voluto rischiare, con un’altra idea di pop, più internazionale. Ci gira ancora per la testa la voglia di portare la musica italiana - compreso quel che le gira attorno - a un altro passo. Parlo di pop, in questo caso: credo sia evidente che il vero grande buco estetico italiano, musicalmente parlando, sia lì.
Quindi l'idea, sin dall'inizio, è stata quella di produrre cose molto diverse tra loro, con tante collaborazioni esterne. Cosa vi aveva spinto in questa direzione?
Le collaborazioni le viviamo sempre come sovrapposizioni, più che come collaborazioni vere e proprie: in realtà collaboriamo pochissimo e siamo estremamente ingestibili per queste cose.
A parte rari casi (come con Jamiroquai o MGMT, dove siamo stati proprio presenti in studio, a fare cose che non facciamo mai, tipo jam e scrittura di pezzi) di solito procediamo in maniera molto fredda: mandiamo il pezzo all’artista che ci piace, se all’artista piace il brano ce lo rimanda con le sue aggiunte, e se a noi piacciono le sue aggiunte produciamo tutto definitivamente. Tutto quel che c’era da dirsi è in quel brano e rimane lì. Non diciamo cosa fare agli artisti che scegliamo, non ci si confronta nemmeno. Viviamo le collaborazioni come innesti sulle nostre cose. A volte non funzionano, e li scartiamo, altre volte invece vanno a buon fine.
L’idea delle produzioni diverse tra loro è dovuta al fatto che non volevamo attenerci a una omogeneità, anche di genere, non volevamo filtrare e forzare troppo le cose per un fine stabilito dal fatto che si è una band, che deve fare certe cose per forza; volevamo rispettare il fatto che musicalmente siamo abbastanza matti, rispettare i contrari e i contrasti.
Avevamo un brano, ad esempio, che esteticamente sarebbe stato perfetto - per sonorità e richiami - con un rappato americano, à la Nas, per intenderci: ecco, proprio per questa cosa abbiamo deciso di coinvolgere un rapper russo (Thomas Mraz), lontanissimo dall’orizzonte del brano. La collaborazione, come la intendiamo noi, non è un dialogo con, ma far diventare una cosa qualcosa di diverso.
Succede anche con le voci, ad esempio con una singola voce delle volte suona come un nero, altre volte come una donna, altre come se avesse respirato l’elio. È un processo che in realtà non è così intellettuale come sembra, semplicemente sentiamo continuamente l’esigenza di cambiare, di perderci per trovare quel che non vedevamo per fissazione e, contemporaneamente, per ritrovare la fissa originaria che ci ha fatto venire la bizzarra idea di dedicare la nostra vita alla musica.
Larry Dvoskin, che è un produttore americano Grammy nominated, ha registrato delle sue versioni dei vostri singoli utilizzando una super band con dentro musicisti di altro livello. Come siete arrivati alle sue orecchie e come avete preso la notizia?
Anche in questo caso mandando brani ai vari contatti che avevamo. Era febbraio, credo, avevamo due brani prodotti e volevamo fare dei test. Larry si è innamorato di M+A e ha deciso di produrre alla sua maniera, più 70’s, questi due brani, con MGMT e Steven Wolf.
Per dovere di cronaca, abbiamo pensato bene di fare qualche domanda anche a Larry Dvoskin, e capire com'è che gli è venuta voglia di collaborare con gli M+A...
Hi Larry, why did you choose to work with M+A?
I've worked with some of the most famous music artists in history. From David Bowie to MGMT. When I heard M+A, I was amazed at how great their songs are for such a young musical group. From "Do The Shout" released independently, to the song I helped bring to life "Everything Will be Alright" aka "Colors" the hooks jump out at you.
One listen and you have to hear it again, and again. And it's not only the songs. Michele Ducci's voice is like a musical granita on a HOT summer day - cool, smooth, emotional and delightfully rich.
As a producer, how do you usually work with artists and how did you work with M+A?
As producer I took the best of what they created all by themselves, and Alessandro and Michele being so talented it was hard to pick and choose. It was as much about what I left out, as what I added to the record. I added the guitarist from MGMT James Richardson who not only brought the atmospheric psychedelia we love about MGMT, but he also brought the funk jangle guitar that makes you wanna get up and dance. Nile Rogers of Chic wouldn't do better than Mr. Richardson. And drummer Steve Wolf added both electronic drums and percussion as well as laid down a soulful live drum beat with a lot of heart and feel. I've collectively over the years sold around forty million (40.000.000) records/songs/downloads with music I've worked on- and in my humble opinion M+A is set to take the world by storm. They are set to show the world Italy is right up there and equal with the very best of US and UK HIT Music Artists.
Torniamo a voi ragazzi: come vi è sembrato il risultato finale?
Non nostro. E per questo non l’abbiamo usato, così come non usammo la versione di Bouncy fatta a Londra con Jamiroquai.
Facciamo pop, ma siamo più rigorosi di una band punk.
Quindi, nonostante i nomi coinvolti, non siete riusciti a collaborare con nessuno...
Non cerchiamo la collaborazione in senso classico, e poi in realtà abbiamo sempre semplicemente deciso di non fare uscire quel che non ci piaceva. Con Spank Rock è andata, ad esempio, con il brano "Ninja", uscito per Kistuné; adesso stiamo collaborando su due pezzi con il rapper americano Mick Jenkins e con Nef The Pharaoh, vedremo se salta fuori qualcosa di bello. Il pezzo con il russo Thomas Mraz è gia passato al vaglio ed è una mina. Sarà sicuramente presente nell’album.
Dal lato delle produzione, invece, abbiamo ufficialmente rinunciano ad affidarci a terzi. Facciamo tutto noi, con l’aiuto di persone vicine che ci danno una mano a non perderci nel vortice.
Attualmente lavoriamo spesso a Londra con Riccardo Damian, il sound engineer di Mark Ronson, mentre in Italia c’è una collaborazione che dura da anni con Andrea Suriani, l’unico italiano che ancora ci sopporta ormai (ridono), è quasi un terzo membro del gruppo. Comunque, è un po’ la sintesi di quel che dicevamo prima: siamo molto rigorosi per cui se quel che viene fuori non ci piace, non ci piace e basta, a prescindere dal nome che c’è dietro.
Le collaborazioni spesso nascono - e se hai una collaborazione grossa, ancora di più - come già nate, come cose che devono andare bene per forza per esigenze di cv, o di altro tipo. Noi, anche se volessimo, non ci riusciremmo mai, non c’è niente da fare: si può essere migliori amici o totali sconosciuti, si può provenire anche da due pianeti diversi, ma, alla fine, l’unica cosa che ci deve essere è l’armonia nei confronti del brano sul quale si sta lavorando. Si torna, per fortuna, sempre alla musica.
Potete darci qualche anticipazione del nuovo album? Suoni, testi, atmosfere...
Il nuovo album uscirà rra la fine 2016 e la prima parte del 2017. Sarà molto eterogeneo: alcune tracce super pop, altre super matte; avrà atmosfere cupe, altre super estive.
Ancora non è finito, stiamo continuando a scriverlo, quindi ogni giorno cambia qualcosa. I testi invece avranno la base classica, cioè cantati senza lingua e poi scritti in inglese: resta sempre curioso il fatto che poi troviamo sempre quello che pensiamo inconsciamente, anche la parte inconscia delle cose più stupide.
Non tutti i testi saranno così però, per la prima volta alcuni li abbiamo scritti ancora prima di cantarli. Dipende dal brano, da cosa serve fare, da dove vogliamo che passi quel che diciamo, da come vogliamo che suoni, che vibri.
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L'articolo M+A: per il nuovo disco hanno detto no a Jamiroquai e MGMT di Nur Al Habash è apparso su Rockit.it il 2016-07-19 10:31:00
COMMENTI (1)
... un po' di infos sui live? eccole... prima due appuntamenti davvero speciali e unici...
09-10-2016 VENEZIA - Cà Giustinian - Sala Delle Colonne @ Biennale Musica
07-12-2016 PARMA - Teatro Regio @ Traks
e poi... a febbraio il nuovo tour !!!
:)