(I Subsonica - Foto di Giulia Caira)
Mi chiama al telefono Giorello e mi dice: "Hai voglia di fare una bella intervista cazzuta ai Subsonica?". E io rispondo: "Perché no... ". Per cui butto giù diverse domande e dall'altra parte del monitor mi ritrovo Massimiliano Casacci a scrivere le sue impressioni su questo quinto album di inediti e sulla carriera, omai più che decennale, della sua band. Ne viene fuori un'intervista densissima, ricca di riflessioni che vanno anche oltre l'universo Subsonica. Buona lettura.
Dibattevo con due cari amici/colleghi, che vi seguono da anni come il sottoscritto, sul valore di questo nuovo album. Entrambi lo inquadrano in un contesto danzereccio, ma uno pensa sia buono solo per le ragazzine (rimpiangendo le cose degli inizi), mentre l’altro verrebbe al vostro concerto proprio per ballarselo tutto. Sulla scorta di quanto riportato vi chiedo: c’è qualcosa che rispetto agli esordi pensate di aver guadagnato e qualcosa che, invece, avete perso?
In realtà questo album ci riporta proprio all’atmosfera creativa degli esordi. Dopo più di dieci anni di attività, dopo aver percorso una strada quantomeno singolare che ci ha spinti al confronto con ambienti differenti dai nostri, con numeri e dimensioni che non ci saremmo mai aspettati e dopo avere anche probabilmente smarrito in alcuni momenti la direzione, siamo ritornati a noi stessi. Una sorta di fatalismo, un consapevole disinteresse nei confronti delle dinamiche di una discografia in avaria e la semplice voglia di sperimentare hanno contraddistinto l’atmofera creativa de “L’eclissi”. Il fatto che qualcuno si scandalizzi (in pieno 2007!) per sonorità dance elettroniche mescolate ad altri elementi, la dice lunga sul provincialismo annidato in alcuni ambienti e sul fatto che evidentemente qualche cosa di nuovo stiamo continuando a proporla.
Nello specifico de “L’eclissi”, la sensazione è che stavolta abbiate molta più voglia del tunz-tunz (non inteso nell’accezione negativa) rispetto al passato: si tratta forse di una reazione rispetto alla vita quotidiana? Cioè, anche per voi più il tempo passa e più l’incazzatura aumenta per quanto avviene intorno a noi?
Ma, in realtà, il tunz tunz è una delle poche esperienze collettive di suono che esistano in Italia. Esiste un popolo della dance che condivide codici sonori ed estetici, esistono veri e propri "kids” molto ferrati in materia (più di quanto non si voglia credere) e decisamente esigenti sulla scelta dei vari dee-jay/produttori. Esistono (per quanto discutibili) liturgie, modalità d’alterazione in tutto e per tutto simili alle storiche subculture rock, che invece in Italia al momento si intravedono solo in forma ridotta e derivativa. Seppellire tutto questo sotto la catalogazione antropologica “divertimentificio” commerciale per tamarri è un errore di valutazione. Così come è rigidamente schematico uniformare la musica con cassa in quattro sotto un’unica svilente denominazione.
Classificheresti rock tutto ciò che suona con una chitarra elettrica, da Zucchero ai Grinderman? No? Appunto: applicare questo criterio all’arcipelago della dance è rassicurante, comodamente snob, ma sostanzialmente errato. Detto questo, giusto per capire come dalle nostre parti sorridiamo di fronte a certe classificazioni (care agli ascoltatori rock sempre ansiosamente alla ricerca di codici elitari), nell’album c’è molta elettronica dance. Anche perché ci sono (Samuel e Boosta) che in questi anni hanno ascoltato, prodotto, remixato e suonato in consolle quel tipo di suono.
La nostra relazione con l’elettronica nasce all’interno del gruppo e non viene utilizzata come semplice belletto o soluzione “trendy” d’arrangiamento. Per quanto riguarda il rapporto con il quotidiano, la lettura della realtà è particolarmente approfondita nei testi di questo album.
Da profano dello studio di registrazione pensavo: ma è proprio necessario volare fino a New York per masterizzare il disco? Ok che c’è qualcun altro che paga, ma c’è veramente questa differenza sostanziale che vi spinge a volare al di là dell’Oceano?
Il mastering italiano ha un’impostazione prettamente fm. E’ fatto per suonare bene in radio e basta. Le basse sono poco solide e il livello della voce viene enfatizzato oltremisura. Insomma… esattamente l’opposto di quello cerchiamo!
Il sound di quest’ultimo disco, interamente registrato e mixato da noi in Casasonica, ha una concezione da club. E inoltre ti posso assicurare che, al momento, il rapporto euro/dollaro rivela piacevoli sorprese.
Piuttosto, dopo il traguardo dei 5 dischi, non avete pensato che potesse tornarvi utile affidarvi ad un produttore esterno? Forse ci avete provato o magari qualcuno della casa discografica ve l’ha anche suggerito nel tempo. E invece voi preferite fare tutto da soli, comunque vada?
La casa discografica - cioè la Emi - ha cambiato nel frattempo direttore e staff, ma personalmente non so neppure che faccia abbiano - questo per farti capire i margini di autonomia nei quali ci muoviamo. Io, in qualità di tecnico e produttore, ricevo molte proposte di ingaggio alle quali, per impegni dei Subsonica e dei gruppi Casasonica, mi vedo costretto a rispondere di no. Detto questo, abbiamo lavorato con engineer inglesi negli ultimi due album e alla fine è risultato sempre difficile spiegare la sintesi di suono che avevamo in mente. Quindi, a questo giro tutto è rimasto tra le pareti di Casasonica, e riteniamo che “L’eclissi” sia l’album più soddisfacente realizzato da noi sotto il profilo del suono.
Rispetto a “Terrestre” stavolta spingete sull’acceleratore in maniera decisa, forse come mai prima d’ora, seminando qualche beat in più rispetto al solito. Per cui vi chiedo: già all’epoca dei provini avevate chiaro questo obiettivo oppure è maturato durante la lavorazione?
La scrittura dei nostri brani parte solitamente dai beat e dai giri di basso. Le cose poi possono variare ma l’approccio è prevalentemente quello. Più raramente partiamo da una linea melodica o da un giro di accordi. I testi arrivano sempre dopo.
Riflettevo anche su come, nel corso degli anni, le vostre liriche si siano evolute, quasi come se preferiate un livello più astratto nel raccontare le cose. Convididete la mia impressione?
Direi di no. L’unico brano che definiremmo astratto, oltre al “Centro della fiamma”, è “La glaciazione”: una scelta quasi obbligata dettata dalla limitata quantità di parole e dalla loro scansione piuttosto eterea. Il resto del “L’eclissi” affronta tematiche precise e attuali come l’assenza della percezione di futuro (caratteristica della nostra epoca), o gli effetti paralizzanti del sistema camorra descritti da Roberto Saviano in “Gomorra”, oppure gli abusi sui minori consumati tra le pareti domestiche. Anche nelle tematiche più personali abbiamo utilizzato un linguaggio poetico ma piuttosto nitido.
Leggo dal vostro sito dell’iniziativa di organizzare 2 secret-show a Bari e Catania in totale autonomia. Da quanto vi frullava in testa quest’idea?
I tempi di registrazione dell’album si sono prolungati, di conseguenza lo spazio per le prove del tour si è ridotto. Abbiamo deciso di utilizzare la metà del tempo a disposizione per testare il nuovo live su piccoli palchi, per rendere la preparazione più efficace. Abbiamo tenuto due date ai Murazzi davanti agli amici, un concerto di sostegno per la comunità di Don Gallo (conosciuto ai più come il prete di Genova) e un paio di concerti in piccoli club al sud dove la prima parte del giro non sarebbe passata.
Inizialmente la possibilità era quella di secret-show legati a MySpace. Abbandonata quella, sono rimasti i secret-show e basta. Ma é stato molto utile affrontare i palazzetti pieni evitando il passaggio diretto dalla sala prove. Inoltre il palco di questo tour è differente dal solito: non ha amplificatori, né monitor in vista, ed è un macro parallelepipedo nudo illuminato solo da led. Un’esperienza che rischiava di risultare spiazzante.
Pur essendo solo al secondo album con la EMI, la vostra convivenza con la major come procede? Ma soprattutto, quale valore aggiunto può dare oggi una major ad una band che per molti aspetti potrebbe gestire tutto da sé?
Le risorse economiche. Con il budget di quest’album abbiamo potenziato, in pratica completato, la strumentazione in Casasonica, non abbiamo avuto eccessivi problemi di soldi per video e promozioni varie che supportano anche il tour (da noi autogestito). La differenza non è tra il lavorare con una grande etichetta o in proprio, bensì nella capacità di arrivare con lucidità ad un contratto “blindato” con una major. E questa è sempre stata la vera difficoltà per i gruppi indipendenti che si sono trovati in quella situazione, quasi sempre in posizione di svantaggio.
Alla fine dei conti “Piombo” racconta dell’Italia di oggi mi par di capire. Siamo proprio messi così male? E nello specifico Torino com’è ridotta?
Piombo racconta nello specifico di “Gomorra”, il libro di Roberto Saviano. La domanda è quindi un po’ generica, ma ti rispondo relativamente Torino, una città in grande difficoltà, che tuttavia riesce a rappresentare un piccola culla almeno per quanto riguarda le iniziative culturali legate alla musica e le culture giovanili. C’è uno scontro di mentalità in corso: da un lato c’è chi vorrebbe dare un giro di vite alla cultura, definita velleitaria e improduttiva (poco importa se si tratti di stagione lirica o di un festival di elettronica), in favore di un ritorno all’industrializzazione. Alcuni sono politologi (area ex ultrasinistra, in un modo o nell’altro legati al mondo fabbrica), altri semplici tecnocrati che non esiterebbero a produrre effetti catastrofici stile Cofferati a Bologna, senza nemmeno rendersene conto. In mezzo alla mischia ci siamo anche noi, che spesso utilizziamo la nostra visibilità per tentare di difendere quelle che riteniamo essere state conquiste importanti - conquiste che, tra l’altro, ammortizzano notevolmente il disagio giovanile e i suoi effetti devastanti.
L’interazione con la gente che ascolta la vostra musica, soprattutto via web, contraddistingue da sempre il vostro modo di essere e di agire. E’ un bisogno di tutti i componenti o c’è qualcuno che spinge più di altri in questo senso?
C’è chi agisce più attivamente sul sito e chi meno, ma tutti siamo sintonizzati sui feedback che riusciamo ad avere in tempo reale con una grande parte della gente che ci segue. Ad esempio, in questo periodo che coincide con l’uscita dell’album e la partenza del tour, ci sono almeno 12.000 utenti al giorno che riportano impressioni e commenti. Solo pochi anni fa sarebbe stato impensabile poter avvertire in modo tanto rapido il polso della situazione.
In 10 anni avrete sicuramente provato sulla vostra pelle gli effetti della crisi del disco, pur essendo andati comunque in controtendenza. Mi chiedo però come gestirete il futuro, a questo punto, con mani e piedi legati ad una major?
In realtà al momento le mani e i piedi legati dal contratto non sono i nostri. Come ti dicevo, riteniamo assai vantaggiose le condizioni del rapporto con la Emi. Dovessero venire meno i presupposti, in qualsiasi momento abbiamo pronta la struttura di Casasonica, con tanto di attività web e di amici collaboratori, con i quali già ora sbrighiamo in proprio la maggior parte della comunicazione e tutto il management.
A proposito di crisi del disco: quante canzoni scaricate mediamente alla settimana?
Scarichiamo tramite il p2p quello che non troviamo ancora nei negozi. Potendo permetterci l’acquisto degli album, generalmente compriamo gli originali. Oltretutto, oramai, chi più chi meno ci dilettiamo in consolle, dove è preferibile usare il supporto ufficiale anche a fronte dei controlli Siae.
Domanda storica: come valutate, ormai a distanza di 10 anni, l’impatto della generazione artistica (quindi oltre a voi Bluvertigo, Afterhours, Africa Unite, Marlene Kuntz, etc.) sulla musica italiana odierna?
Puoi aggiungere tranquillamente anche altri nomi all’elenco e parlare di una scena che ha segnato il proprio periodo, non solo nelle cronache della stampa specializzata. E’ stata una generazione coraggiosa che non si è fermata di fronte al fuoco di fila delle (infinite) polemiche, delle dispute ideologiche, delle piccole invidie, dell’atteggiamento mediocre e altezzoso di chi vorrebbe ma non ha talento o coraggio per mettersi realmente a confronto, e che avvelena da sempre l’universo della musica. Perché in quel periodo sono stati scritti album che resteranno… chissà invece di quante produzioni attuali si potrà dire lo stesso. E non è solo una questione di talento, perché quello continua a circolare ampiamente. Temo piuttosto che manchi il carattere, oltre al coraggio di cui sopra.
Per chiudere, diteci qualche parola su Casasonica, che sembra una congrega di guerrieri giapponesi che agiscono nell'ombra e da cui non trapela mai niente. Ma poi vengono fuori le iniziative più svariate, come le videonewsletter, album in download completamente gratuito, attività di management per gruppi come Afterhours e via discorrendo. Insomma, sembra sia una situazione lavorativa florida, cosa eccezionale per questo periodo…
Quello che cerchiamo di costruire in Casasonica è un habitat creativo che includa oltre musicisti e gruppi, le professionalità di tecnici e produttori, oltre alle esperienze di artisti visivi. La difficoltà sta nel rendere il tutto sostenibile: abbiamo goduto di una primissima fase di avvio nella quale la Emi, per via del contratto con i Subsonica, era impegnata a sostenere i primi lavori, ma già dopo un anno le cose hanno dovuto reggersi autonomamente - cosa tutt’altro che facile dato, come giustamente ricordi, il periodo di crisi.
L’iniziativa “Newsonica” è uno degli esperimenti tentati per ovviare al deficit di comunicazione (siamo in Italia e via dicendo…), per cui abbiamo creato una rete di 40.000 contatti effettivi attraverso la quale trasmettiamo (via mail) programmi televisivi che includono attività nostre ma anche quelle di band che riteniamo interessanti, oltre a eventi e iniziative legate ai linguaggi visivi, all’arte contemporanea e alle frontiere elettroniche. Un magazine vero e proprio, insomma. Il nostro atteggiamento come gruppo e come etichetta è sempre stato di “condivisione”, proprio perché l’esperimento è pensato per essere linkato ad altre esperienze in ambito indipendente. Purtroppo abbiamo sovente registrato molta più rigidità che apertura.
Per quanto riguarda il management, l’esperienza dei nostri 11 anni e fischia di attività, ma soprattutto la professionalità dei nostri amici/collaboratori più stretti, può tornare utile a band e musicisti che vogliano evitare di infilare la testa in un cappio discografico, o che vogliano sfilarla, o tutte e due le cose insieme. Perlomeno, così è successo per gli Afterhours.
---
L'articolo Subsonica - Mail, 04-12-2007 di Faustiko Murizzi è apparso su Rockit.it il 2007-12-10 00:00:00
COMMENTI (13)
"Oltretutto, oramai, chi più chi meno ci dilettiamo in consolle, dove è preferibile usare il supporto ufficiale anche a fronte dei controlli Siae"
bella questa:=
il problema non è essere provinciale, ma di quale provincia sei! [:
io sono quello che se lo ballerebbe tutto :)
bene intervista molto interessante ...
è vero l'approccio che hanno tutti(quasi) su un certo tipo di elettronica è
provinciale ................ appunto :-)
per non dire altro :-O
bhe, rockit lo aveva preceduto rockit.it/pub/c.php?x=00000365 ;)
bravo girolami, bel pezzo... lucidissimo come sempre!
anzi, meriterebbe di stare (anche) su altri spazi, tipo un quotidiano, al posto di tanti altri incompetenti...
si a questo proposito leggere qua:
nonsischerzapiu.blogspot.co…
beh i Subsonica hanno scritto canzoni molto belle nei primi due album, qualcuna nel terzo e poi solo tamarrate, anche se l'ultimo non mi sono ancora preso la briga di ascoltarlo (nè sinceramente ho voglia di prendermela)... io la vedo così.
tanto il forum (parola ambigua) lo riempiono comunque...
...ma, perché... ci sono formule nuove? :]
il punto non é la formula che usi, ma le canzoni che scrivi...
P.S. anche robert johnson cantava cose trite e ritrite... :)
più che scandalizzarmi mi lascia perplessa il ritorno di una formula (sonorità dance elettroniche mescolate ad altri elementi) piuttosto superata, nonchè trita e ritrita.