Milaus - mail, 13-04-2006

Ecco i Milaus. Non frequentano più Bart ma cercano di tenere allenata la componente infantile della vita, quella fatta di emozioni violente e rivoluzioni quotidiane, occhi sgranati e ninne-nanne.

Il loro ultimo lavoro "JJJ" (Black Candy, 2005) regala stimoli che portano a domande: nulla sui massimi sistemi del mondo, ma semplici curiosità sulla loro musica e su ciò che la circonda.



Bentornati Milaus, ancora amici di Bart? Perdonatemi...
Bart e Milhouse non si frequentano più da tempo... La loro è la classica amicizia tra bambini che muore con i primi pruriti dell’adolescenza...

Ok, facciamo sul serio. La vostra ultima intervista su Rockit, riportava una frase ironica che definiva dEUS e Pavement “gruppetti che hanno registrato tre dischi in croce e poi si sono sciolti”. Ora, i primi sono tornati, e siete tornati anche voi, qualcosa che vi accomuna c'è, dunque! Avete ascoltato “Pocket revolution”?
La frase non faceva molto ridere ed era un po’ troppo irriverente nei confronti di alcuni mostri sacri, ce ne scusiamo con chi di dovere! Detto questo, "Pocket Revolution" l’abbiamo ascoltato, ma poco, e a nostro modesto parere sembra che i dEUS, e tutto quello che di innovativo e fantasticamente bello avevano, siano definitivamente scomparsi. La cosa ci spiace molto...

“JJJ” è titolo quanto meno curioso: che cosa c’è dietro? Nei testi ho trovato “John” e “Jesus”, c’è qualcosa da raccontare in proposito o si tratta di semplici suggestioni?
Sopratutto suggestioni, ci piace il suono delle tre J... Cmq ci sono un po’ di John di riferimento: uno è John Lennon, altri due sono dei personaggi di Morbegno (paesino della Valtellina, NdR) in qualche modo significativi per alcuni di noi!

Sembra chiaro che la nascita di un bimbo abbia influenzato non poco la creazione di questo disco. Vi sentite adulti ora?
All’inizio della nostra “carriera” nel gruppo c’erano venticinquenni e teen ager, ora ci sono venticinquenni e trentenni, ma non so se si possa parlare di adulti, non in senso musicale, almeno... La musica è quello spazio nella vita quotidiana in cui si lascia parlare il non maturo che c’è in ciascuno di noi, una specie di dimensione atemporale dove non esistono impegni di lavoro, impegni familiari, impegni logistici, impegni musicali...

Cosa sono per voi le “funny things”?
Probabilmente sono le piccole gioie quotidiane... Il pezzo è stato scritto durante la fine di una storia di sette anni, in cui è stato vitale imparare a gioire di sentimenti e momenti semplici ma importanti quali alcune amicizie, alcuni concerti, alcuni dischi, alcune letture, alcuni attimi... La vita può riservare grandi gioie anche nei momenti di difficoltà.

Pur riconoscendo in entrambi la vostra matrice, credo sia evidente che “Rock Da City” (Cane Andaluso, 2003) e “JJJ” sono due dischi assai diversi tra loro a cominciare dall'aspetto esteriore. Come nasce l'idea grafica di questo disco dopo quella, magnifica, del precedente?
Questo vuol dire che la grafica di "JJJ" non ti piace!?

Anzi, la trovo molto interessante!
Ci offendiamo! Scherzi a parte, ci teniamo molto a questa copertina, per la quale ha collaborato sempre Giacomo Spazio. E' un po’ di rottura rispetto alla cover così metropolitana del disco precendente, un ritorno alle origini... ed una manifesta necessità di purezza (il bianco fuori, l’erba dentro...).

Prima C’era Giulio Favero, ora Fabio Magistrali, in ogni caso due dei migliori “manovratori di mixer” dell’indie italiano. Com’è lavorare con loro?
E' stato molto interessante, anche se va precisato "JJJ" l’ha registrato Lorenzo, nostro bassista - molto bravo, mentre Fabio ha dato una mano (fondamentale) nei mix. Nella nostra sghemba storia abbiamo avuto la fortuna di collaborare con gente professionalmente ed umanamente interessante, sicuramente fuori dagli schemi (e tra questi citerei anche Spazio) e che ci ha comunicato parecchio

Prima c'era la Cane Andaluso, ora c'è Black Candy. Come siete finiti a Firenze?
Un po’ il caso... Appena pronto "JJJ" siamo stati contattati da Leo e Giuseppe che ci hanno subito colpito per la passione e l’entusiasmo: in pochi anni hanno messo in piedi sicuramente una delle realtà più genuine ed agguerrite dell’indie nostrano.

Avete già suonato in Olanda e ci tornerete a breve oltre che in Germania, dico bene? Cos'è per voi l'estero, normale amministrazione o… "It’s a miracle?"
L’estero rappresenta un po’ un sogno di evasione, il desiderio di varcare nuovi confini. Dopo una breve ma bellisima esperienza in Olanda nel 2003 abbiamo dovuto desistere per problemi di tempo ed impegni vari. Ora ci riproviamo con più decisione, anche se è chiaro che ai nostri livelli assume spesso più il sentore della gita/vacanza che non della "tournèe"!

Visto che do per scontato che non si viva di soli Milaus, posso chiedervi cosa fate nelle vostre vite “normali”?
Lavoriamo in settori diversi, (sociale, ambientale, assicurativo, musicale) ma la cosa che caratterizza le nostre scelte professionali è il fatto che stiamo cercando di mantenere occupazioni part-time o comunque flessibili per poter dedicare tempo alla musica (Milaus e ad altri progetti musicali).

Spero di non avervi annoiato, complimenti per la musica e per la vita. Mica è facile vivere, no?
Grazie a te per le belle domande non è facile vivere, ma è bellissimo provarci, e quando ci riesci, allora sì... “it’s a miracle!!!”

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L'articolo Milaus - mail, 13-04-2006 di Nicola Bonardi è apparso su Rockit.it il 2006-04-19 00:00:00

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