Mancha ha imparato a stare a galla

Il cantautore bolognese ha messo alle spalle un "periodo devastante" della sua vita e ha deciso di cantarlo nel suo primo disco, "Wipe Out". Che racconta quando un'onda alta ti spazza via e tu devi trovare il modo di non farti inghiottire

Mancha, foto press
Mancha, foto press

Letteralmente "Wipe Out" vuol dire "spazzare via". Nel gergo di chi fa surf si usa per indicare la caduta improvvisa mentre si cavalca un'onda, con annesso effetto centrifuga di chi finisce in mare e deve trovare il modo di tornare a galla senza più sapere minimamente dove ci si trovi. Si intitola così anche il primo album di Mancha, pubblicato per Trident Music/Fonoprint Records. scritto interamente da lui e prodotto assieme a Exit Exit.

Mancha è lo pseudonimo di Leonardo Parmeggiani, classe 1999, cresciuto sui colli dellaprovincia bolognese. Dopo un'Ep, ora è il momento di mettersi alla prova con un intero disco, dove alle sonorità rock si "contrappongono" liriche nostalgiche ed emozionali. Quelle, appunto di chi è in balia della corrente e di certezze non ne ha alcuna.

"Il wipe out è qualcosa che sai che può succedere ma che comunque rimane un evento inaspettato e devastante. Questa è la metafora che descrive il mio primo disco scritto durante il momento più devastante della mia vita, che mi ha travolto senza preavviso anche se sapevo che sarebbe potuto arrivare. È un misto di amore, tristezza e solitudine, rabbia e grinta, scritto abbandonandomi ad un flusso con la speranza che mi riportasse a galla e in parte c’è riuscito", ci dice Mancha. Qua la nostra conversazione con lui.

Sei mai stato in mezzo a un Wipe Out? Intendiamo quello "fisico"...

Assolutamente sì, sia fisico che metaforico. Da un paio di anni a questa parte ho iniziato a fare surf e come tutti i principianti prendo molti più wipe out che onde. Il concetto del wipe out è in realtà a mio avviso molto affascinante, e il giorno che presi il mio wipe out più grande mi è subito venuto da paragonarlo a esperienze personali e a prenderlo come spunto per raccontare il mio disco (un wipe out metaforico). Diciamo che un wipe out è qualcosa che devi sempre considerare quando ti metti in posizione per un onda, devi sempre essere preparato al peggio, ad essere travolto dall’onda, ad essere tenuto sotto senza poter prendere ossigeno e a risalire a galla sapendo che ci potrebbe essere un’altra onda in arrivo. Credo che molto spesso nella vita andiamo avanti senza pensare troppo alle conseguenze, ma veniamo poi “travolti” e non sappiamo come reagire perché non eravamo pronti. In questo senso i wipe out ti insegnano tanto.

Come si torna a galla?

Bisogna secondo me pensare che quando sei nelle mani di madre natura, in questo caso dell’oceano, non c’è molto che possiamo fare perché la nostra forza è minima in confronto. Perciò l’unica cosa è lasciarsi andare ed aspettare che la forza dell’onda svanisca e quel po’ di ossigeno all’interno dei nostri polmoni ci riporti a galla. Così anche nella vita dobbiamo lasciarci travolgere dagli eventi più catastrofici e lasciare che il tempo renda l’impatto sempre più debole e dobbiamo trovare poi qualcosa, come persone, luoghi o passioni, che come l’ossigeno ci riportino automaticamente a galla. 

Cosa significa per te aver pubblicato un disco? 

É decisamente un grande traguardo personale. Quando ero più piccolo ho sempre sognato di scrivere un disco intero, e soprattuto lo abbiamo fatto esattamente come ho sempre sognato, ovvero in uno studio analogico con mixer e outboard anni 70’, registrando strumenti veri e dando un sound completo al disco. Davvero contento del processo.

Da chi trai ispirazione?

Mi ispiro soprattutto e forse unicamente a band indie rock straniere come Surf Course, the Backseat Lovers, Royal Otis, Strokes e vari.

Sei un artista indie? E cosa significa per te questa espressione?

Sì, direi che la descrizione sia più che giusta. Credo che per me essere un artista indie significa fare musica fuori da schemi precisi dettati dal mercato, fare musica che deve piacere prima a me e poi agli altri e non viceversa. Molto spesso essere un artista indie significa anche non essere compreso al 100% ma allo stesso tempo riuscire ad entrare nel cuore delle persone che invece ti comprendono. 

Nella focus track racconti la "Calavera". Cosa ti ha spinto a lei?

Diciamo che la cultura latina o Centro/Sud Americana è sempre stata molto presente nella mia vita tramite varie esperienze che ho fatto oltreoceano e mi ha sempre affascinato lo spirito con cui i messicani celebrano il “dia de los muertos”, con feste, musica e colori, senza mai perdere lo spirito in un giorno in cui ricordi le persone che ormai non ci sono più. “Calavera” letteralmente teschio, è un po’ il simbolo di questo giorno, i famosi teschi dipinti con fiori e decorazioni varie. Ho voluto prendere come ispirazione questo concetto di un teschio vuoto abbandonato dopo essermi lasciato con una persona che riusciva a rendermi pieno e “colorato”, allo stesso tempo visto che l’ispirazione era il dia de los muertos non ho voluto scrivere una canzone triste ma piuttosto una che portasse vibes positive, almeno sul lato musicale. 

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Nella tua poetica ci sono luoghi, eventi, persone. Cosa muove la tua scrittura?

Mi ispiro molto a quello che vivo direttamente sulla mia pelle, come probabilmente la maggior parte degli artisti. Vedo difficile raccontare qualcosa che non ho sperimentato direttamente, e in particolare i luoghi sono quelli da cui prendo le suggestioni più grandi. 

Cosa stai preparando per i live?

Per i live sto preparando una formazione full band per raccontare queso disco al meglio. Un live sporco e grintoso, senza troppe pretese ma che sposta l’aria. Ci saranno tanti spaccati musicali, le canzoni non saranno suonate esattamente come le si sentono nel disco ma sono riarrangiate in modo da creare una dinamica molto grande per far entrare lo spettatore dentro le canzoni.

Dove ti vedi in futuro?

Questa è una domanda che mi faccio tutti i giorni. Poi in realtà ho capito che è importante mettersi degli obbiettivi ma devono essere calibrati rispetto a dove siamo in questo momento, se no il pensiero di dover per forza arrivare dove ci siamo detti, non ci lascerà mai in pace e non riusciremo mai a vivere e a goderci il momento. Detto ciò, in futuro mi vedo su un palco… piano piano sempre più grande!

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L'articolo Mancha ha imparato a stare a galla di Redazione è apparso su Rockit.it il 2024-07-15 13:48:00

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