Compiti a Casa è il suo primo album di debutto, edito da Carosello e prodotto interamente da Sick Luke (che è anche il suo compagno). MARïNA è passata in redazione qualche giorno fa per raccontarci com'è nato questo disco, ma soprattuto perché ha deciso di fare musica; nella vita di tutti i giorni è costantemente contaminata da musica e suoni di ogni genere, forse è proprio per questo che Compiti a Casa un genere ben preciso non ce l'ha, creando uno stile tutto suo, fluido che le permette di sperimentare, provare e decidere per se stessa che strada percorrere.
Quando le ho chiesto il motivo di quel titolo mi ha risposto che è stato come un vero e proprio anno scolastico dove al suono della campanella finale non voleva deludere nessuno. Roma è la sua città, anche se arriva dalla provincia, non le piace avere un unico posto di appartenenza perchè ama tutto quello che ancora non ha conosciuto e non le manca mai una valigia per viaggiare in giro per il mondo, non a caso il suo sound è tra i più internazionali degli utlimi tempi.
Ciao Marïna, intanto come stai?
Sono molto contenta e soprattutto eccitata, c’è un bel riscontro sul disco, sono positiva.
Quanto hai lavorato a questo disco? E' stato un iter lungo?
Un anno e mezzo, diciamo parecchio. Ho cercato prima di crearmi un bagaglio di esperienza, a prescindere dall’ascolto intenso di musica che ho sempre fatto. Ho iniziato a fare il più possibile, un po’ ovunque, non solo in Italia. Ad esempio a Los Angeles abbiamo fatto Bang e Bad News, il resto lo abbiamo registrato in Italia o in studi un po’ a caso, anche solo per una notte, come a Parigi. E’ stato itinerante e di ispirazione: avere la possibilità di non chiuderti in un solo studio ma nel frattempo anche viaggiare ha influito molto.
C'è stato un momento in particolare in cui hai capito che era il momento di fare musica seriamente?
Ho iniziato a fare musica inizialmente perché Luke voleva sperimentare con delle voci femminili; quando abbiamo iniziato è nato il feat con la Dark Polo Gang per Caramelle e poi da lì sono partiti i vari singoli, anche per provare e vedere come mi sentivo. E' arrivato un momento, durante l’estate, in cui mi sono resa conto che tutti quei pezzi non mi davano in realtà la soddisfazione che poi ho provato con alcuni pezzi del disco che ho fatto, sono un po’ autocritica, mi piace perfezionare. Quindi da un primo momento di scetticismo dove quello che avevo inciso non me lo sentivo veramente addosso ho deciso di prendermi un momento di pausa: mi sono messa a scrivere e scrivere soprattutto di più ed insieme alle esperienze fatte in quello stesso periodo le cose che scrivevo iniziavano a piacermi di più; riuscivo anche a sistemarle con una melodia che mi convincesse. A un certo punto ho detto “ok, ora ci sono” e riuscivo a vedere anche tutto il progetto da un prospettiva più oggettiva, doveva essere qualcosa di figo e sopratutto doveva essere qualcosas dove anche io mi potevo sentire realizzata.
Ascoltando il disco ho notato come abbia un mood decisamente contamporaneo, la cosa che mi piace di più è che non lo si può catalogare sotto un preciso di genere musicale, è fluido ed internazionale in questo. Anche i tuoi ascolti personali spaziano maggiormente verso musica straniera?
In generale io ascolto tantissime cose diverse, forse di italiano un po’ meno in effetti, ascolto un sacco di cose europee: sicuramente inglesi, francesi ma anche tedesche. C'è anche molta musica americana tra i miei ascolti, soprattutto per una questione di curiosità: quando sai che esce quel dato album almeno un ascolto glielo dai, a prescindere proprio. In realtà le ispirazioni sono state tante, anche il fatto di aver girato con diversi artisti nello studio che magari dovevano lavorare con Luke è stato d'aiuto; mi sono ritrovata ad assistere a sessioni di registrazione diverse, metodi di scrittura e di approccio differenti e da lì ho capito anche quale era il mio metodo; il fatto che Compiti a Casa non sembri appartenere ad un genere preciso è perché ormai è tutto praticamente contaminato.
Sick Luke è prima di tutto il tuo produttore in questo disco, ma anche il tuo compagno tutti i giorni. Come si gestisce una situazione del genere?
Bisogna trovare un equilibrio ma noi in realtà non abbiamo mai spinto per trovarlo, è venuto fuori con molta naturalezza; conviviamo, stiamo insieme 24h su 24, nei viaggi, nel lavoro quindi ci viene naturale stare bene anche in studio. All’inizio lui si rapportava con me come se fossi un’artista già navigata, essendo abituato a collaborare con artisti di un certo valore, ed è stato lì che ho dovuto far capire che c’era bisogno ancora di un attimo di pazienza (ride ndr); sono una ragazza molto sincera quindi quando qualcosa non andava non ci ho messo molto a manifestarlo. Trovare un equilibrio in realtà è facilissimo, solo che bisogna capirlo.
Il sound freschissimo che percorre tutte le tracce è merito anche del tocco di Luke.
A me certe volte spaventa, perché le persone non vivendolo nel quotidiano non si rendono conto, ma lui crea in ogni momento, in ogni luogo: se siamo sul treno magari si mette a fare un beat, ha una miriade di tracce e di collaborazioni che magari tiene per farle uscire nel momento giusto. E’ versatile, ha una capacità incredibile di trovare sempre qualcosa di diverso.
Una cosa che mi ha stupito è che nonostante sia il tuo primo disco hai già voluto mostrare molto di te, ti stai facendo conoscere a 360°.
Caratterialmente sono molto riflessiva; nei singoli precedenti mi rendo conto che si parlava davvero poco di me e l'attenzione cadeva più su quello che facevo. Ho pensato che in questo primo album era giusto far capire all’ascoltatore chi sono e qual è la mia storia, anche per distogliere un po’ l’attenzione da quello che è il contorno. Marina è questa, se ti piace ok, se non ti piace, non lo so, magari troviamo un accordo.
C'è qualche progetto che ti sta piacendo particolarmente? E' l'anno delle donne il 2019.
Ovviamente mi piacciono tutti i progetti in circolazione: non perché sono una ragazza o sono di parte ma proprio perché oggettivamente sono belli tutti, sono freschi e stanno uscendo tutte in questo periodo. È davvero un bel momento. Ognuna mi piace per una caratteristica diversa, ognuna è nota per un particolarità propria. Mi piace tantissimo Beba per esempio, ma anche Chadia e l’uso dell’autotune. Anche se alcuni sono scettici sull’uso dell’autotune, io sono al contrario super pro, se ci pensi è da anni che esiste e si sperimenta con la musica elettronica, perché non usare i synth o gli effetti per la voce. E’ come dire "la chitarra mi piace solo se è acustica". Spero che tra 5 anni ce ne saranno ancora di più di artiste femminili, per esempio di producer ce ne sono ancora poche qui in Italia, io ne ho conosciute solo un paio, già fuori dall’Italia ce ne sono tantissime e sono molte apprezzate, sono viste in maniera diversa. Noi qui in Italia ci mettiamo sempre un po’ di più.
Ultimamente la città da cui si proviene è tornata ad essere un centro creativo dove la collettività si riunisce e collabora; com'è lo scenario di Roma?
In realtà non troppo, Roma per un' artista romano è casa e vede sempre Milano come la città dove lavorare, per pluggarti con altre realtà. Si sente un’aria particolare, come se dovesse esplodere un bomba da un momento all’altro. Effettivamente parecchie persone stanno tornando nella capitale per scrivere e per lavorare, ti da un sacco di ispirazione come città, sei molto più tranquillo perché la vita è molto meno frenetica. Io personalmente non ho sentito molto l’esigenza di rappresentarmi come un’artista di Roma, anche perché io in realtà sono di Tivoli e mi sono trasferita nella Capitale quando avevo diciotto anni per l’università e ho deciso di rimanere. La sento come la mia città perché la vivo tutti i giorni, però non mi piace legarmi ad un solo punto di appartenenza, mi piace viaggiare, sperimentare, scoprire posti nuovi.
Qualche anno fa Roma sembrava il bacino musicale da cui usciva praticamente tutto.
Sì verissimo, in primis c’è stata la Dark Polo Gang, poi è esploso Ketama con un album incredibile, la Love Gang, il LoveFest, tutti quegli eventi fighissimi e poi ci sono stati anche i Tauro Boys; da fuori mi rendo conto che sia arrivata l’idea di una città che vive tantissimo, effettivamente è così, solo che non è collaborativa come può essere Milano.
L'ispirazione che fa nascere canzoni è un processo molto soggettivo, tu da dove parti?
Cerco spesso di immedesimarmi in una sensazione che ho vissuto e provo a riproporla; a volte invece mi metto lì, sento il beat e vedo cosa mi scaturisce a livello di sensazioni, almeno capisco poi cosa scriverci sopra. In generale io scrivo sempre sui beat, scrivo anche a casa però questo accade nel momento in cui dico “Ok devo scrivere di questa cosa qui”. A volte scrivo una frase e poi la termino in studio magari, cambia da situazione in situazione. Va trovata la giusta via di mezzo tra un ritornello figo e una strofa bella intensa, assemblare tutto insieme e farlo suonare bene.
C'è un traccia dell'album a cui sei particolarmente affezionata?
"In TV": ho cambiato metodo di registrazione in quella traccia. Mentre prima sentivo il beat e Luke mi registrava, quella volta ho voluto farla in loop e son stata lì un‘ora a cantarla a ripetizione, fino a quando non ero contenta. E' stata tosta, ma allo stesso tempo intenso, mi sono liberata con quel pezzo.
Aver messo le basi con un progetto tanto versatile non farà altro che ispirarti ancora di più per la strada che vorrai percorrere in futuro.
Esatto! Non voglio precludermi niente e poi appena finisco di fare qualcosa non vedo già l'ora di ricominciare.
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L'articolo MARïNA: ho studiato perché non volevo deludere nessuno di Chiara Lauretani è apparso su Rockit.it il 2019-09-13 12:12:00
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