Elam ci accompagna in un viaggio da Milano a Londra, con un biglietto aereo comprato all'ultimo. È solo uno dei suoi sogni a occhi aperti, uno dei tanti cantati in PORTA VENEZIA, il suo primo singolo. All'anagrafe è Enrico Cuomo e ha viaggiato veramente. Non sappiamo se da Milano a Londra comprando un last minute nel cuore della notte, ma da Lamezia Terme al capoluogo lombardo, per studiare e cantare. Qui si è innamorato della vita notturna, di Porta Venezia, delle serate che sembrano uscite da un film di Woody Allen. Lo abbiamo incontrato che vagava per il quartiere milanese e gli abbiamo chiesto come uscire dallo smarrimento.
Come ti sei avvicinato al mondo della musica?
Ho cominciato ad ascoltare musica da piccolo perché mio padre suona la chitarra. Penso il primissimo contatto con la musica sia stato con tutti i cantautori italiani che ascoltavano lui e mia madre in casa. Poi ho scoperto il rock e il metal alle medie. Mio cugino più grande era in fissa e io ho cominciato a sentire i dischi che aveva lui, a vestire di nero e mettere le magliette dei gruppi.
A 15 anni ho scoperto che la musica figa esisteva anche in Italia (prima avevo una sorta di repulsione per la musica italiana, ma si sa è un classicone) e da lì non mi sono più staccato. Nel tempo, sopratutto da quando studio canto, ho esplorato tanti generi e questo ha influenzato la mia produzione. Anche in maniera inconscia imito e vado a ricercare cose sempre più complesse.
Da pochissimo ho anche cominciato a strimpellare il piano e di questa cosa vado super fiero. Ho sempre evitato di imparare a suonare uno strumento (parto autodidatta in tutto) ma ora mi diverto un sacco anche se è faticosissimo.
Prima cantavi già, come hai iniziato?
Ho cominciato un po’ per caso. Lo stesso cugino di prima suonava la chitarra insieme a un nostro amico batterista. Io avevo provato diversi strumenti con scarsi risultati e tutti questi tentativi fallimentari avevano un denominatore comune: io volevo fare rumore, tantissimo. Visto che la batteria era occupata, da completo ignorante ho preso in mano il microfono.
Suonavamo e cantavamo quello che ci piaceva, il rock e il metal dei 12enni, suonavamo a delle serate in cui i più grandi avevano 20 anni in più di noi. Ci portava mio padre con la macchina, perché alle 23:00 tutti a casa che il giorno dopo c’era scuola. Finite le prove giocavamo a Wii Sport e facevano merenda, tutto bellissimo.
Mi sono approcciato alla scrittura per la prima volta a quei tempi, con testi scritti in un inglese terribile, da ragazzino delle medie. I primi live sono stati inascoltabili, ma sono gli stessi che mi hanno fatto capire cosa volevo fare nella vita. Arrivato alle superiori ho scoperto il rap e mi sono innamorato: la mia piccola band si scioglie e ho iniziato a rappare da solista, un disastro.
Ho conosciuto tutta quella gente che avrebbe poi caratterizzato la mia adolescenza, gli sbatti per organizzare i live, il primo studio, le prime registrazioni, i freestyle di notte, le tag lasciate sui lampioni. È stato un periodo estremamente formativo, al quale devo tutto quello che so ora. Tutta la voglia di imparare che ho nasce proprio da lì. Dai miei primi testi in italiano, il primo video, la prima crew, le trasferte, conoscere gli artisti più grandi.
Ora con chi collabori?
A questo nuovo progetto sto lavorando con i ragazzi di Outsoon Collective, le produzioni sono curate da Kiriku (Riccardo Lelli), sto scrivendo i diversi brani insieme a Luca Re e Mett (Tommaso Matta) e la parte di direzione artistica e organizzativa è affidata a Federico Caon. Ho avuto la fortuna di lavorare anche con due musicisti e produttori strepitosi Sema (Giuseppe Lamanna) e Bridge (Lorenzo Di Cola) che hanno dato un apporto importantissimo alle canzoni.
Sono contento di poter lavorare con questa squadra perché li sento esattamente uguali a me. Per tanti anni ho pensato che la mia visione fosse sbagliata, ma probabilmente dovevo solo trovare le persone giuste che mi aiutassero ogni giorno a tirare fuori il meglio di me. Indipendentemente dalle questione tecniche e professionali, mi rendo conto di aver trovato un ambiente sereno in cui lavorare dove ci si spalleggia a vicenda, ci si corregge e si va avanti insieme verso gli obiettivi.
Come definiresti la tua musica?
Definirei il genere che faccio CANTAUTORAP (cit. Coez, artista al quale mi ispiro tantissimo). Mi piace definirlo così sia per l’importanza che do alle parole che uso, proprio come nel cantarutorato, sia perché nei miei brani c’è una propensione allo spoken, come nel rap. Sto comunque sperimentando parecchio anche con parti molto più melodiche, spaziando dall’indie al pop.
Mi piace non pormi barriere nella produzione, ma nonostante questo noto che tutto segue un filo logico, cosa di cui sono molto contento. Vuol dire che dall'esterno si vede uno stile riconoscibile.
Quali sono i tuoi ascolti?
Sarebbe banale dire un po’ di tutto e non sarebbe neanche vero: sono mega fan dell’urban italiano, quindi dal pop-rap, all’r'n'b, dall’indie alle cose un po’ hip hop, non mi pongo limiti generalmente. Ascolto anche molta musica vecchia che era la musica italiana dei miei genitori.
Non ho esplorato, con dispiace, troppo la musica oltreoceano ma recupererò. Principalmente il mio primo approccio alla musica è avvenuto grazie al rock e al metal, ma penso di essermi fermato lì.
I miei riferimenti principali come già ti accennavo sono Coez, Giuse The Lizia, Alfa, Frah Quintale, Mecna e Franco126. Penso che li accumuni il fatto di essere partiti da uno stile più rap e di essersi lasciati influenzare da altri generi. La contaminazione é sempre la scelta vincente.
Di cosa parla il tuo primo singolo?
Il mio primo singolo si chiama PORTA VENEZIA. È un pezzo che ho scritto circa un anno fa e racconta di due ragazzi che si innamorano di sabato sera. Chi ascolta è trasportato attraverso gli eventi e le sensazioni di quell’incontro. È una canzone che sento parecchio mia. A chi non è mai capitato di fare qualche cazzata per amore e raccontarla agli amici il giorno dopo ridendoci su con un gin lemon in mano?
I questo brano ci sono luci nella notte, tram persi, felpe blu e voli per Londra a nove euro comprati all’improvviso. Ma è anche tutti quei pezzi che consigli alla ragazza che ti piace solamente per dirle “se la ascolti pensa a me”. C'è la disinvoltura nel parlare di qualsiasi cosa perché si è alzato il gomito un po’ troppo, i sogni da ventenni e i progetti irrealizzabili che vengono in mente alle 4 del mattino. Tutto sembra scorrere perfettamente, senza piani, verso un finale quasi da film, uno di quelli che ti fa proprio esclamare “ma che cazzo stiamo facendo?”.
Ma Porta Venezia è perdizione, libertà e tutte quelle cose che dimentichiamo la mattina dopo, ma va bene così. È un pezzo leggero, fatto per strappare sorrisi e cantare il ritornello a squarciagola ubriachi con gli amici.
Cosa provi durante i live?
Suonare dal vivo è la cosa che in questo periodo mi manca più in assoluto. L’anno scorso per una serie di motivi sia artistici che personali ho deciso di prendere una pausa e smettere di fare live è stata la cosa più pensante da accettare. Non vedo l’ora che escano tutti i pezzi nuovi per poter cominciare a girare, credimi.
Non saprei scegliere il mio live preferito ma in quei momenti si capisce davvero quanto mi piace la musica: cantare live mi fa sentire vivo, vorrei poterlo fare per tutta la vita.
Progetti futuri?
PORTA VENEZIA è il primo estratto dell’ep al quale sto lavorando, che con grande probabilità uscirà a fine 2024. Sono super gasato perché da qui all'uscita dell'ep ho previsto altre uscite di singoli.
Manderò avanti il progetto della community telegram che ho tirato su in questi mesi con diversi format e spero di potervi invitare presto ai live che faremo che come ti dicevo prima mi mancano troppo.
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L'articolo Midnight in "PORTA VENEZIA" di Redazione è apparso su Rockit.it il 2024-06-19 13:00:00
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