(Beatrice Antolini - Foto di Marco Becker)
Io e Beatrice ci incontriamo a Milano per parlare del suo ultimo "A Due", il nuovo album in uscita su Urtovox il prossimo 17 ottobre. Alla prima domanda ci tiene a ribadire che non mi ha ancora perdonato per come ho riportato le sue parole nella scorsa intervista. Un po' scherza un po' sta sulla difensiva. E appare sotto una luce diversa, non più solo come una brava - e bella - cantautrice. Beatrice Antolini è una donna aggressiva, ostinata e determinata a raggiungere il suo obiettivo: vivere di musica. Altro che Alice nel paese delle meraviglie.
Parliamo del disco nuovo?
Ok, partiamo da questo disco nuovo ma non mi fare più domande sulle donne perché non ti rispondo (ride, NdA). [Si riferisce alla scorsa intervista di Rockit dove ha affermato che molte donne della musica "fanno schifo", nonostante il tono fosse esplicitamente ironico si scatenò una lunga discussione che superò i 99 commenti, NdR]
E' passato più di un anno…
Si, nonostante il tempo passato… Ormai tutti mi dicono che ce l'ho con le donne (ride, NdA). Dio Cristo, non ce l'ho con le donne! Sono una donna come faccio ad avercela con le donne? Io amo le donne, sono le donne che non amano me.
Parliamo di "A Due". Si sente la differenza dal precedente disco, è più maturo.
Maturo è una parola grossa prima di tutto (ride, NdA). La maturità è ancora una cosa da raggiungere, però, sì, posso dire che c'è molta differenza rispetto a "Big Saloon".
E secondo te dove? I brani sono meglio collegati tra di loro, c'è più "ordine"?
Scusa, com'è la domanda?
Cosa distigue "A due" – dove intravedo un disegno, una struttura più definita - da "Big Saloon" che mi sembra più una semplice raccolta di pezzi?
A partire dal nome: A due (lo pronuncia in inglese, NdA). Vuol dire tante cose: la necessità di fare un disco, il debito che ho io rispetto alla musica che ascolto e le cose che mi piacciono. E poi che ha più personalità: ci sono dei pezzi più intimi, dei pezzi più ritmici. Volevo metterci delle cose diverse, meno allegre se vuoi, meno schizofreniche (ride, NdA)
Secondo te questo disco è meno schizofrenico? Ripeto, c'è più ordine?
No, io non ordino quasi niente, quello che succede è completamente spontaneo e abbastanza affidato al caso. Ordinare non fa parte dell'ispirazione musicale, o almeno è così che la vedo io.
E' più aggressivo rispetto all'altro…
Porca puttana… L'hai sentito? (ride, NdA)
E da dove arriva questa cattiveria?
Non è cattiveria, è un po' di nervosismo. Per tanti anni ho sentito un certo tipo di musica, anche piuttosto pesante direi, quindi perché non metterla insieme al resto?
Ci sono meno pezzi in stile anni 20.
Guarda… quei pochi presenti sono il proseguimento di "Big Saloon", li ho scritti in quel periodo.
E' uno stile che ti piace ancora o man mano lo abbandonerai?
No, dal vivo mi piace fare i pezzi in questo modo ma vorrei anche provare altre vie.
Nel comunicato stampa citi i Talking Heads, in realtà io li ritrovati giusto in due pezzi: "A New Room For A Quiet Life" e "Doube J".
Guarda… solo in "New Room…". I Talking Heads fanno altre robe, beati loro (ride, NdA)
Ho trovato un foto in rete dove sembri Grace Jones nell'85, ovviamente bianca. Potrebbe essere il retro copertina di "Y" dei Pop Group. Hai riscoperto un amore per il tribalismo?
Questo disco è tribalissimo. Ho usato le congas, ho fatto delle cose più terrene, mi sembravo troppo… Hai presente aria acqua terra fuoco? "Big Saloon" potrebbe essere aria, acqua e un po' di fuoco. "A Due" è terra e fuoco. Lo sento più sanguigno, ho suonato con le mani tante cose, è tattile.
Secondo te è un disco difficile?
…potrei dirti una cosa ma poi tu la riporti male (ride, NdA).
Ma piantala…
Scherzo… sicuramente rispetto alla media di quello che esce in Italia dire di si, ma rispetto alla musica internazionale, gli anni ottanta, i Talking Heads e altri riferimenti... non è un disco particolarmente difficile.
Per me è strano il fatto che i tuoi dischi abbiano raggiunto una buona fetta – ovviamente non enorme, ma di sicuro notevole per un'artista emergente – di persone, pur essendo così sperimentali.
Perché hai poco rispetto dell'essere umano (ride, NdA). Tu devi pensare che l'essere umano è attratto da… in passato c'erano delle cose complicatissime, la gente era interessata a cose complicatissime. Al giorno d'oggi si tende sempre a togliere, togliere, togliere e alla fine non rimane niente.
Quanto c'è della tua vita privata in questo disco?
Oh madonna… Tutto. Questo disco è la mia vita privata, poi ovvio rimane nascosta dalla musica. Suoniamo quello che viviamo.
E i testi?
Questa volta i testi c'entrano moltissimo con me. La cosa assurda è che a volte sono nati prima ancora delle canzoni, prima ancora che capissi cosa volevano dire. Sono sempre fantasiosi e magari non raccontano fatti di vita vissuta, ma parlano più di me.
Tornando sul titolo, perché chiamarlo "A Due" se l'ha scritto e suonato tutto da sola?
A due… per dirla in modo semplice: "A" l'iniziale del mio nome, "Due" è il mio secondo disco. Potrebbe essere "A B", le prime due lettere dell'alfabeto. Potrebbe essere "A 2" l'ottava musicale nel linguaggio internazionale. Potrebbe rappresentare una doppia personalità e, come ti ho già detto, due in inglese. Essendo io italiana ma facendo musica in inglese avevo pensato ad un titolo che si potesse leggere in entrambe le lingue. E' un album sul dualismo.
Tu però sei molto orgogliosa di averlo fatto da sola…
(Lunga pausa, NdA) Più che altro... semplicemente, è brutto quando ti chiedono: ma chi ha suonato la batteria? Dio Cristo, c'è scritto, l'ho suonata io (ride, NdA). Diciamo che non è orgoglio ma voler puntualizzare che fare un disco è molto faticoso. E poi ribadire che quella sono io: con i difetti che ho e con i miei pregi, se ne ho.
Da dove arriva tutta la tua determinazione?
Dall'impegno: quando non dormi, non mangi, sei stanca, ti ammazzi di lavoro, quando non hai facilitazioni esterne ma devi fare tutto da sola, ad un certo punto tiri fuori le unghie e inizi ad esigere dagli altri un po' più di rispetto per quello che fai. Le persone che non sono nell'ambiente spesso non sanno come si fanno le cose e spiegargliele è difficile. Io tendo sovente a trovarmi nella posizione di chi difende il lavoratore (ride, NdA).
Sei molto metodica…
Io sono metodica e determinata, ma ci sono dei momenti in cui ti affidi al caso. L'ultimo brano di questo disco, "Taiga", è nato improvvisato. Oltre a quello che scrivi deve anche esserci una buona dose di inconsapevolezza che ti spinga a non cercare sempre la cosa perfetta ma che ti lasci anche un po' in balia del momento.
Però non sei la classica artista con la testa fra le nuvole...
Eh… io sono così, o meglio: io vorrei essere così ma se seguissi la mia vera natura chi me le fa le cose? Quando potrò permettermelo mi rilasserò, adesso devo essere un treno.
Ci tieni a ribadire che è un lavoro.
Sì, assolutamente: lo è.
E come ti mantiene?
Eh… è molto dura, è difficile mantenersi e poi bisogna affrontare tante spese: c'è il materiale da comprare, lo studio da affittare…
Ma qual'è il metodo Antolini per pagare l'affitto. Fai tanti concerti?
Io quest'anno ho fatto tantissimi concerti, ho accettato qualsiasi situazione perché avevo bisogno di soldi per pagare lo studio, il disco e le mie spese. Se in futuro avrò più agevolazioni potrò decidere dove e a che condizioni suonare.
Di solito la critica che viene fatta più spesso a chi suona tanto è che prendendo date a qualsiasi cachet si inflaziona il mercato dei concerti. Il più delle volte sono gruppi "anziani" che vedono rubarsi il lavoro da giovani che vivono ancora sulle spalle dei genitori.
Io me li guadagno i soldi. Ho fatto cento date in un anno per questo. E poi non è svendersi, è un percorso. All'inizio ti devi far conoscere e quindi non ha senso fare gli snob, e poi quando arriverai ad un certo punto potrai permetterti determinate cose. Ma ci vuole molto tempo. Io adesso sono in una via di mezzo, spero che con questo disco salirò un pochettino di livello. Magari farò qualche posto più grande. Comunque non mi lamento.
Due anni fa non sembravi conoscere molto il mondo musicale italiano, ora?
Ora lo conosco anche troppo bene, credimi (ride, NdA).
Cosa ami e cosa odi del tuo lavoro?
Mi piace fare il lavoro che vorrei fare, mi piacerebbe vivere più serenamente. A volte diventa troppo.
Cioè?
Te lo dico sinceramente, questo disco mi ha un po' scioccato: mi sono impegnata tanto ma ad un certo punto mi sono dovuta fermare anche se avrei voluto aggiungere ancora molte cose. Era diventato troppo grande come fatica, come spesa, come lavoro. Quando inizi a renderti conto che ti stai rovinando la salute capisci che devi dire basta. Per questo, ripeto, ci tengo che la gente sappia che tipo di sforzo comporti fare un disco e voglio che porti rispetto per quello che faccio.
Madcap, Pippola, Urtovox, com'è il tuo rapporto con la discografia?
Beh, Madcap… saranno nel mio cuore per tutta la vita. Adesso con Urtovox sto benissimo, Paolo (Naselli Flores, proprietario dell'etichetta, NdR) è una persona meravigliosa e con lui sto benissimo, ho un rapporto ottimo. Con Pippola ci siamo frequentati poco, è stato più un passaggio...
Servono ancore le etichette?
Tutti dicono di no. Io vorrei credere ancora di si, se trovi una persona brava come Paolo secondo me può esserti molto utile.
Come risani la crisi discografica?
Io non voglio fare discorsi su quanto vanno male le cose, perché li fanno tutti. Io credo ancora nella meritocrazia musicale, se qualcuno vale davvero poi emerge. Voglio crederla così, che poi ci siano altri problemi lo so.
Tu sei ancora legata al vinile?
Al di là del vinile… se mi piace una cosa la compro, spero che facciano così anche gli altri. Io sono legata all'oggetto, senza quello sembra che tutto abbia lo stesso valore. Mi piace distinguere gli artisti dalle copertine e adoro leggere i booklet. Perchè se in un disco di Herbie Hancock c'è scritto che strumento ha usato in ogni pezzo vorrà pur dire qualcosa. Per questo per "A Due" sono stata puntigliosa: ho messo tutti gli strumenti usati, ormai non lo fa più nessuno. Io ci tenevo a scrivere tutto, perché uno strumento non vale l'altro.
Vorresti fare la produttrice?
Mi piacerebbe un sacco…
E scrivere canzoni per altri, qualche big ad esempio?
Si, lo farei senza problemi, non faccio distinzioni tra indipendente e major. Per me fare musica è Fare Musica. Io ho scritto dei pezzi a diciott'anni che vorrei vendere a qualche big super pop. Ho scritto tante cose, a me non servono più però vorrei che fossero usate da qualcuno.
So che non hai ancora fatto tour all'estero ma che vorresti farli.
Non ho tantissima voglia di andarci, ti dico: se non c'è un modo intelligente per farlo preferisco non andarci. Ci tengo molto che la mia musica arrivi anche lì ma voglio che ci arrivi con una logica. Andare all'estero per andare all'estero non mi interessa. Siccome ho visto tante band uscire fuori e suonare davanti a 2 persone, preferisco restare in Italia. Non per snobismo ma perché l'ho fatto quando suonavo con altri gruppi e so com'è dormire su un pavimento. Preferisco avere un tour bene organizzato: non avrai 200 persone di pubblico ma almeno ne hai 20, non dormi per terra ma nel sacco a pelo, insomma, voglio una cosa discreta ma ben organizzata.
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L'articolo Beatrice Antolini - Milano, 13-09-2008 di Sandro Giorello è apparso su Rockit.it il 2008-09-19 00:00:00
COMMENTI (9)
Ma Riccio non ti vergogni?fai pena
riccio sei un povero demente.
e tu "riccio", dopo questa profonda e sapiente riflessione, ti dedicherai all'arte del fichinculo?
Beatrice...continua così! Sii così determinata SEMPRE! Vedrai che ce la farai a spaccare veramente! Francesco...
g
alla fine della lettura la domanda nasce spontanea: la buona Bea si dedicherà con la stessa abnegazione e professionalità all'arte del pompino?
Bea spacca.
nell'80% dei casi in italia fare musica (seriamente) è così: lavori il doppio rispetto a un lavoro "normale" e guadagni la metà, e ovviamente, spesso, non hai neanche il tempo di trovarti un secondo lavoro decente.
Complimenti a Beatrice Antolini per la sua determinazione, passione e bravura. :)
Beh... la Antolini è cresciuta... decisamente! :)