Arrivare al quarto album e fare un "secondo primo disco". Questa la scelta dei Ministri, che hanno cambiato modus operandi e sono tornati al rock senza compromessi. E senza vergogna. Stefano Rocco (@stefanorocco) intervista Federico Dragogna.
Dopo tre anni finalmente tornate a fare un disco. La storia dice che è il quarto, ma viene quasi da dire che i Ministri tornano in scena con il loro secondo disco.
Direi piuttosto il secondo primo disco. Siamo effettivamente più vicini ai nostri esordi che ai due dischi successivi. Comunque il nuovo lavoro è nato con un metodo completamente diverso. Un metodo che in qualche modo è anni sessanta, quando la band andava in studio e veniva registrata tutta insieme, da band appunto. In precedenza avevamo lavorato diversamente: si portavano idee in sala prove, poi si andava in studio a scorporare tutto. Non c’era un momento in cui suonavamo un pezzo nella sua forma definitiva, ma si imparava più o meno a suonarlo, si faceva qualche take e poi si metteva a posto in studio. Nel rock però il pezzo funziona molto meglio se prima di registrarlo impari a suonarlo a menadito come uno stronzo. E così abbiamo fatto.
Il risultato è un disco che sembra quasi la registrazione di un concerto in presa diretta.
Si, lo spirito è stato proprio questo. Siamo stati in sala a litigare ore e ore su un riff di chitarra o un colpo di cassa, spesso con discussioni paradossali ed esagerate in difesa di questa o quell’altra soluzione. I pezzi poi li abbiamo registrati tutti assieme. Le batterie non sono mai raddrizzate, gli strumenti sono essenziali, la dinamica è pulita. Volevamo dare il suono di band nel suo insieme, uscire senza filtri, senza post-produzioni o interventi esterni. Non c’è qualcuno o qualcosa con cui recriminare. Il risultato rispecchia esattamente ciò che siamo. Questo disco è tutta colpa nostra.
In studio con voi solo Tommaso Colliva, che già aveva dato una mano ai Muse. Nessun produttore artistico, consulente discografico, ospite.
No, nessuno. Abbiamo fatto tutto noi. Poi, prima di entrare in studio, abbiamo scritto una mail a Tommy Colliva chiedendogli un consiglio per un fonico da chiamare in studio. Volevamo qualcuno bravissimo che non si offendesse ad essere “solo” un fonico. Colliva ci ha dato qualche nome e poi ha detto “oh, ma ci sarei anche io, mica mi offendo a fare il fonico”. A Tommy piacciono molto le idee chiare e noi le avevamo. Ha ascoltato i provini e siamo partiti a registrare. Ci ha dato qualche spunto, ha fatto calcoli di frequenze, messo a punto suoni, dinamiche e cose tecniche, lasciando a noi tutto il lavoro di produzione artistica.
Non siete di certo celebri per essere una band ipertecnica, ma si può dire che siete diventati molto più bravi a suonare rispetto a prima?
Siamo effettivamente diventati più bravi. In realtà, singolarmente siamo tecnicamente più bravi di come sembriamo, il difficile è dimostrarlo suonando come una band. Noi di solito imparavamo a suonare il disco nella seconda parte del tour ed era sempre qualcosa in cui l’esibizione tecnica si mischiava all’emotività della serata. Ascoltavi i Ministri dal vivo e dicevi “spaccano, che botta!” ma se alla fine ascoltavi le registrazioni di un nostro live era un disastro, pieno di errori. Oggi non è più così.
Divi in questo disco si conferma una delle voci migliori per il rock italiano.
Lui non lo ammetterà mai, ma Michele ed io, al di là dell’amicizia che ci lega, siamo assolutamente convinti che oggi, in Italia, non ci sia nessun altro così bravo a cantare rock. Tra l’altro, Davide stavolta ha partecipato molto di più anche ai testi definitivi, chiedendomi spesso delle modifiche di metrica, tonalità e spazi vocali per le parole.
Per descrivere il disco, nella recensione ho usato quattro nomi di riferimento: Motorpsycho, Nirvana, Foo Fighters, Smashing Pumpkins. Hanno senso?
I Motorpsycho poco, sono roba di Michele che li ha ascoltati tanto, ma Divi ed io non ce li siamo mai cagati troppo. I Nirvana tantissimo, tra l’altro quando da giovanissimo incontrai Divi, lui si mise a cantare i Nirvana e poi gli Oasis per farmi sentire che aveva la voce. Poi i primi Foo Fighters sono stati fondamentali per noi. Degli Smashing Pumpkins non siamo mai stati veri fan, ma li abbiamo sempre invidiati per ciò che riuscivano a suonare. In italia forse l’unica band con cui condividiamo un certo approccio comune alla questione rock sono i Verdena, per quanto musicalmente distanti da noi.
Nell'immaginario collettivo il rock è una faccenda americana e inglese. Sinceramente, non avete mai paura di fare una figura di merda suonando rock in Italia?
In Italia se fai il cantautore non hai l’onere della prova e ti muovi in un mondo protetto. Se suoni rock è difficile essere presi sul serio. In Italia il rock va bene solo se associato ad altre cose: pop-rock, rock d’autore, elettro-rock, etc. Vengono applicate categorie paterne per dargli credibilità. Noi siamo stati capaci di non vergognarci di suonare il rock, puro e semplice, senza altro intorno. Quel rock che dici “vaffanculo”. Quel rock che se lo suonano gli AC/DC o Iggy Pop non devi aggiungere spiegazioni.
Il disco comincia con un pezzo strano, poco rappresentativo del disco e persino criptico: “Mammut”.
Ci piaceva molto cominciare così, con una botta. All’inizio doveva essere “Stare dove sono”. Sul fatto che sia criptico è vero: la parola Mammut non ha un vero significato, è quasi un concetto surreale alla Willy Wonka. Tanta gente ci sta chiedendo cosa è il Mammut: in realtà tutto e niente. Si può sostituire con qualsiasi parola, come se fosse la marca di un prodotto. Volendo si può cantarla mettendoci "iPhone". Un po’ come se fosse il livello magico di quella comunicazione consumistica in cui vale tutto, quella comunicazione che ha ormai fallito.
Agli esordi cantavate “Il futuro è una trappola”. Oggi fate un disco intitolato “Per un passato migliore” che sembra una dichiarazione di intenti sul fatto che non credete più nel futuro.
Il futuro come categoria mi sembra ormai fuori luogo. Chi ancora parla del futuro sono quelli che ne hanno troppo. Basta col futuro. Trovo che alla nostra generazione non interessi nemmeno più immaginarlo, facciamo troppa fatica. Se pensi anche alla nuova fantascienza, ad esempio "Black Mirror", il futuro è una applicazione per riflettere sul presente. Nel disco comunque c’è tantissimo “tempo”, pensa a “Mille settimane”, “I giorni che restano”, “I tuoi weekend mi distruggono”. C’è una nostra volontà ad ancorarci da qualche parte rispetto alla nostra esistenza, dove perdiamo spesso la memoria storica. Perché oggi tutto accade senza lasciare traccia. Eventi accaduti tre mesi prima sembrano ormai lontanissimi, se non completamente dimenticati.
Spesso usate la parola “noi” per comunicare. Ma “noi” chi?
Grazie a Dio non sto facendo degli atti notarili, ma scrivendo canzoni, dove la speranza è che la gente aderisca concettualmente. Si parte comunque sempre dal lato privato, per poi cercare l’abbraccio ideale degli altri e costituire un insieme. Quel “noi” è di chiunque voglia esserne partecipe.
Un po’ come avviene nel brano “Le nostre condizioni”?
Qui la parola “condizioni” ha due letture: prima raccontiamo le condizioni in cui ci troviamo, poi dettiamo le nostre condizioni per andare avanti. E’ un pezzo nato durante l’esperienza milanese di Macao, anche se qualcuno oggi potrebbe leggerlo erroneamente come un pezzo da grillini.
Voi non siete schierati, ma siete pur sempre una band socio-politica. Su di voi si sentono definizioni politiche di ogni tipo: nostalgici della vecchia sinistra, attivisti da destra mascherata, nuovi anarchici, grillini inconsapevoli. Ma da che parte state?
Anzitutto mi viene da dire che “socio-politico” è una definizione usata per pararsi il culo nel dare una definizione forte: il termine “socio” serve a stemperare il termine “politico”. In realtà, noi tre abbiamo un pensiero che differisce l’uno dall’altro, ma abbiamo una concordanza di vedute nell’identificare lo stesso disagio. Molti concetti del disco sono probabilmente intercettabili dai grillini come vicini a quella loro idea che in giro c’è troppa gente che non si sta levando dal cazzo. I grillini che ci ascoltano oggi, magari tra qualche mese non saranno più grillini, ma continueranno ad aderire al disagio che comunicano i Ministri. Noi abbiamo il vantaggio di scrivere canzoni e di non avere la responsabilità di andare in Parlamento.
Pensate mai che dalle vostre canzoni possano nascere riflessioni e movimenti di pensiero, anche politico?
Noi abbiamo preso gente da molti luoghi ideologici diversi, ma non penso che ai nostri concerti le persone parlino tra loro di politica. Dubito che le nostre canzoni possano influire sulle intenzioni di voto, però se sei davanti a due scelte, di cui una più conservativa ed una più coraggiosa, se ascolti i Ministri in quel momento hai più possibilità di dire “vaffanculo” e scegliere la strada aggressiva, convinto di poter cambiare le cose con azioni personali.
Oltre ai messaggi forti, in questo disco però c’è anche del romanticismo e qualche concetto astratto che fa un po’ riflessione intimista. Vi starete mica rammollendo?
Cazzo, allora si sente? Si, lo ammetto, c’è un sentire romantico nel disco. Il rock viene spesso vissuto come una cosa da spogliatoio, dove è meglio non essere troppo romantici, però mi piace poter comunicare anche altre cose. In questo, ci ha aiutato il fatto di aver conquistato un ampio pubblico femminile (nonostante l’unico figo tra di noi sia Divi) con il quale confrontarci. In generale, le donne sono molto più sagge degli uomini, più brave a mostrare le emozioni, senza vergognarsi. Noi maschi ogni tanto siamo noiosi, infantili, paurosi di mostrarci. Stavolta invece non ci siamo vergognati di mettere canzoni nate anche da esperienze molto private e incredibilmente sofferte. A un certo punto della vita ti guardi un po’ dentro, cominci a capire che hai una certa età, devi accettare le emozioni, la tua intimità. Il romanticismo che traspare dal disco è un tentativo di essere più sinceri in certe nostre manifestazioni.
A proposito di sincerità, ne “La pista anarchica” te le prendi con i giornalisti e fondamentalmente gli dai la triste notizia che con la nuova comunicazione digitale non hanno più molta ragione d’essere. Eppure la stampa è stata ed è ancora molto importante per voi, o no?
Se devo indicare i giornalisti che ci hanno davvero aiutato, sono pochissimi. Con questo disco non ce ne frega un cazzo di quello che dicono gli altri, i giornali, gli organi di comunicazione. Prima ci tenevo tanto, a volte sono stato male per le stroncature, la prendevo sul personale. Mi ricordo la prima recensione di Rockit e i tanti commenti negativi contro di noi, io reagii di brutto e mi misi a litigare anche con la gente. Oggi passo oltre, perché l’odio ti toglie troppe energie. Se oggi nessun giornalista parlasse del nostro disco non sarebbe un problema. Vuoi dimostrare di poter parlare di musica ed in venti minuti distruggere un lavoro altrui? Liberissimo di farlo. Tanto ormai sono cazzi tuoi se la gente ti sbugiarda in rete e la tua opinione finisce in trentesima pagina di Google. Per quanto mi riguarda, l’ordine dei giornalisti lo possiamo anche abolire per chi scrive di musica.
Internet è uno degli strumenti più importanti oggi per chi vuole impegnarsi a cambiare le cose?
Non del tutto. L’impegno personale prescinde dallo strumento e deve passare da scelte difficili. Quando vedo le raccolte di firme su Internet dico “no cazzo” e divento reazionario. L’impegno passa da sacrifici concreti nella vita, non dal regalare un euro al bambino in Ruanda con Paypal, dal condividere fantomatiche operazioni a impatto zero o dal commentare un blog politico.
Siete arrivati a fare quattro dischi e già questo è un risultato. La scelta di tornare a suonare in modo più simile agli esordi, dopo aver anche sperimentato modalità diverse, non vi preclude opportunità di allargare il pubblico, facendo un passo indietro come orizzonte di comunicazione?
Al momento la scelta ci ha premiato: i dati di vendita della prima settimana sono stati incredibili, almeno per noi, per le nostre aspettative. Per ora le nostre scelte, sia in termini di vendite, sia in termini di botteghino, sono state vincenti anche in termini di marketing, passami il termine. Trovo vecchia l’idea del rock contaminato che apre gli orizzonti ed aumenta il pubblico potenziale. Per esempio le contaminazioni elettroniche mi fanno venire la pelle d’oca. Fin da piccolo sono stato abituato alle cose ben definite: io ero l’alternativo che metteva i Led Zeppelin alla festa e nessuno ballava perché erano rock. Poi arrivava quello che metteva Corona e tutti ballavano, perché era elettronica. La gente ascolta sia l’elettronica, sia il rock più puro, purché sia ben definita la direzione. Le cose progettate con l’intenzione di stare in mezzo, funzionano poco. E poi noi siamo troppo testardi e poco puttane per pensare a queste “aperture” come modo di guadagnare pubblico a tutti i costi.
Avete iniziato con la gavetta indipendente. Poi due dischi con la Universal, quindi di nuovo indipendenti, seppure con distribuzione Warner. Ritrovarvi senza casa discografica vi ha aiutato a fare scelte libere, ma dall’altro vi ha tolto risorse?
Rispetto alla Universal, con cui avevamo un rapporto ed un contratto più elaborato, la Warner ha solo messo i soldi per supportare un progetto in cui crede, per stamparlo, distribuirlo e promuoverlo. C’è stato un periodo in cui ci siamo ritrovati senza casa discografica e senza un euro in tasca. Per fortuna che i Casino Royale ci hanno affittato la loro sala prove ad un prezzo stracciato. Avevamo venticinque pezzi praticamente finiti, tra i quali abbiamo scelto quelli del disco. Siamo arrivati ad un mese dalle registrazioni con tutti i pezzi definiti nel dettaglio, con le scelte artistiche già fatte, ma senza risorse per portare tutto a termine. Non era facile trovare qualcuno che ci desse del denaro con un progetto praticamente già chiuso. La Warner però ci ha dato fiducia ed è stato un aiuto importante. Noi comunque eravamo pronti ad investire di tasca nostra, eravamo davvero molto convinti di ciò che stavamo per registrare.
Come band, dopo il percorso fatto, non eravate preoccupati di non avere una casa discografica in grado di darvi supporto?
No, in questo momento io sarei più preoccupato se fossi una casa discografica.
Siete forse l’unica “nuova” rock band italiana che sta raccogliendo successo anche nel pubblico “pop”. Sembra però che ci sia un momento di vuoto per il rock in Italia, almeno in quanto a prospettive di visibilità. Quando avete cominciato eravate una anomalia, poi gli anni sono passati, voi avete raccolto consensi, ma non vi siete trascinati dietro altre band e non siete riusciti a diventare punto di riferimento e fonte di ispirazione per creare una nuova scena di rock band in Italia. Per esempio gli Afterhours hanno creato una generazione di cloni e pure qualche band importante nata grazie alla loro esperienza. Voi no.
Gli Afterhours sono molto diversi da noi, non solo musicalmente, ma anche come assetto di band. Loro sono tanto “Manuel”, per scrittura, attitudine, vocalità. Per riuscire a copiare i Ministri, o per ispirarti a loro, devi avere un insieme di concomitanze e di botte di culo nel trovare un equilibrio tra persone che diventano una cosa sola. Io scrivo i pezzi e suono la chitarra in un certo modo. Divi sa scalmanarsi con lo screamo, ma sa anche cantare con emotività più tradizionale. Michele è ordinato e metodico: se fosse stato un batterista punk si sarebbe sfasciato tutto con noi due casinari. Inoltre, come band seguiamo la comunicazione in prima persona. Curiamo i poster, i volantini. Gestiamo autonomamente la nostra immagine. Replicare questa situazione è complicato, al di là della nostra eventuale bravura. Il nostro è una sorta di triumvirato che si muove come una comitiva di amici, portando avanti un’idea comune. Gli unici che ci somigliano un po’ come dinamiche interne sono forse gli Zen Circus.
Alla fine però siete tutto fuorché difficili. Tecnicamente non certo inarrivabili. Per nulla innovativi. Non sembrerebbe così complicato suonare come fate voi.
Come ricerca rock noi siamo praticamente a zero. Non siamo innovativi, non abbiamo idee musicali rivoluzionarie. Proprio per questo è più difficile fare belle canzoni e trovare una dimensione credibile. Passami l’esempio, ma copiare i Ministri è come copiare i Foo Fighters: ci vuole nulla a fare una loro cover, ma replicarne il modello è davvero difficile se non hai Dave Grohl, un certo tipo di ironia, una attitudine che nasce da una gavetta, etc.
Non senti un po’ la mancanza di una scena attorno con cui confrontarvi. Tanto per fare i nostalgici, qualcosa tipo la Milano anni novanta col Junglesound e gli Afterhours, Casino Royale, Ritmo Tribale, etc.?
E’ vero che nessuno somiglia a noi, ma tutto sommato questo può essere un vantaggio perché significa che nemmeno noi somigliano a qualcuno. Comunque ci sono realtà che stimiamo e che hanno vicinanza di scrittura e attitudine. Cito i Fast Anmals and Slow Kids che spero abbiano un futuro importante. Credo comunque che il nuovo sottobosco abbia poche band perché gli artisti si muovono molto in solitudine. Penso ovviamente all’hip hop o all’elettronica, che sono anche le principali fonti di ispirazione per chi comincia a suonare oggi. Noi facciamo rock perché siamo nati in un periodo in cui restavi folgorato dai Green Day o dai Nirvana e ammiravi il concetto di band. Però, pur con tutta l’autostima, dubito si possa restare folgorati da un disco dei Ministri come per “Dookie” o “Nevermind”. Più facile che chi inizia a suonare oggi si innamori e prenda come riferimento Fabri Fibra o Club Dogo.
In effetti oggi i messaggi principali per il pubblico più giovane passano attraverso l’hip hop. Che ne pensi?
Al tempo, con Eminem, lo avevo seguito molto. Oggi ci sono cose che mi piacciono, ma non mi entusiasma. E mi infastidisce questa assenza di gavetta in molti di loro. Se cominci col botto, funzionando a livello commerciale, cosa ti aspetta domani? Che percorso di crescita puoi avere? Apprezzo invece quelli che stanno partendo dal basso. Mi viene in mente Rancore, che ha fatto cose importanti. Ascoltare i Club Dogo invece è come guardare "Die Hard", divertente, fa ridere, intrattiene, ma lascia il tempo che trova. A me piacciono altri modi di fare hip hop, ad esempio farei volentieri un pezzo con The Streets.
Se avessero budget e tempo infinito con chi farebbero un pezzo i Ministri?
Anzitutto credo che litigheremmo a lungo per la scelta, perché abbiamo gusti troppo diversi. Se devo dirne una in Italia che forse metterebbe d’accordo tutti è Elisa, perché la sua voce lascia il segno. Guardando al mondo potrei dire gli Oasis.
E come si sentono tre amici a fare sold out all’Alcatraz con quasi 3.000 persone sotto al palco e vedere tutte le loro date in giro per l’Italia andare esaurite? Aspirate un giorno a fare i palazzetti e sognate un San Siro esaurito stile Vasco Rossi?
La domanda è: potranno mai sessantamila persone in una città sentire così tanto il richiamo della nostra musica? Con la realtà di adesso io non credo. Oggi le nostre canzoni non mi sembrano ampie e dirette come le vecchie cose di Vasco Rossi che avevano tutto, fin da subito, per arrivare a chiunque. Noi di fatto tendiamo spontaneamente alla minoranza e se un giorno dovessimo passare dalla parte della maggioranza saremmo probabilmente fottuti. Intanto, riempire grandi locali a Milano, Roma, Firenze è un traguardo importante per la nostra dimensione attuale. E pensiamo che se tutti i locali lavorassero meglio sulle date, costruendo una comunicazione migliore, potrebbero raggiungere risultati decisamente più significativi per tutti i concerti italiani. Inoltre, ci siamo accorti che sotto al nostro palco è arrivato un pubblico nuovo, più giovane, scatenato, che si è organizzato da solo attorno alla nostra musica. Ed è curioso avere un pubblico di vecchia data geloso che ai nostri concerti ci sia un nuovo pubblico.
E non sentite la responsabilità e la difficoltà di parlare dei vostri argomenti ad un pubblico più giovane?
Quando fai il musicista hai il vantaggio di sentirti spesso un giovane fuoricorso. La distanza a volte la senti con i tuoi coetanei, più che con i giovani.
Ma potete ancora permettervi di fare gli scapestrati e montare un gruppo elettrogeno per strada improvvisando un concerto?
Sì e probabilmente lo faremo ancora, compatibilmente col fatto che ora siamo più conosciuti. Quello che non possiamo permetterci è fare gli stronzi una sera se poi abbiamo il concerto la sera dopo. I trent'anni si fanno sentire. In questo tour esiste una preparazione ed una professionalità che prima non c’erano. Nel primo tour de “I soldi sono finiti”, ci sbronzavamo prima di ogni concerto, montavamo il palco, suonavamo fino a svenire, smontavamo tutto e poi guidavamo un automezzo scassato fino al luogo del concerto successivo. Oggi tutto questo sarebbe fisicamente difficile. Per tutto il resto siamo ancora abbastanza incoscienti per essere gli stronzi di una volta.
E tra vent'anni?
Se fossi un cantautore forse sarebbe più semplice rispondere e mi vedrei in un teatro circondato da tanti archi. Per le rock band è più difficile proiettarsi su un periodo lungo. Guardando in giro, tante rock band italiane sono invecchiate abbastanza male. Se devo pensare a qualcuno, dico che vorrei fare un percorso come Nick Cave, che in ogni momento della sua vita ha mantenuto credibilità ed ispirazione coerente con la sua età. Una volta Nick Cave ha detto: “se un giorno mi stufo o mi rendo conto di non essere più capace, me ne vado a drogarmi in Thailandia”. Io non so se esiste un momento in cui puoi renderti conto che ciò che fai e dici non funziona più, ma la preoccupazione è proprio questa: continueremo ad avere sempre cose da dire che saranno adeguate alla situazione in cui ci troveremo? Solo in quel caso avrà ancora senso suonare.
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L'articolo I Ministri - Rock senza vergogna di Stefano "Acty" Rocco è apparso su Rockit.it il 2013-03-25 00:00:00
COMMENTI (17)
Che il signor in questione,il cantante dei Ministri,a parer mio e' tutto tranne che ' un gran cantante.Che il signore che ti scrive e'un buon cantante,ma sottovalutato e non sottosviluppato(anticipo la battuta da occhialoni e tatuaggi..si',la gente che frequentate,mica si veste cosi'???Piu' o meno come si vestiva anni fa il sagrestano del mio paese...gli ho detto:se vai al Magnolia,un posto che c'e' all'idroscalo di Milano,ti considerano un figo,si vestono tutti come te,fatti un tatuaggio e sei perfetto!!..Vacci!!....Le donne di quei posti li' mi piacciono,con quegli occhialoni da saputelle...quell'aria da saputelle milanesi..con quei tatuaggi che sembrano affreschi..quel modo di parlare ho detto tutto,non ho detto un cazzo:sono adatte a me,contrariamente da quanto puo' trapelare sono un tipo molto paziente..queste sono perlopiu' fuori di testa..servono nervi saldi,ho il patentino in questo.Tuttavia poiche' stare con la gente e' un po' una punizione divina,restero' solo a vita a curare il mio orto e collezionare francobolli colorati).Chiudendo:Sono scarsi sti' qua,Mauri',hanno un solo pezzo,molto buono,"Bevo".Quello e' veramente buono,davvero,belle liriche soprattutto.Il resto che ho sentito..dai,Mauri',Mauri'..c'annamo a diverti'..ahahah
Quindi @copperblue il concetto che volevi esprimere era...?
Per me un buon cantante rock e' il sottoscritto.Talmente sottovalutato che al suo confronto Clarence Seedorf e Andrea Pirlo quando erano all'Inter erano coccolati alla stregua di Milito e Zanetti.Non un fuoriclasse,un buon cantante.Come il pesarese Ambrosini,capitano del Milan.Non ho mai sentito dal vivo i Ministri,conosco solo "quella del prodotto interno..",sentita in radio,per giunta.Per cui non so se e' o non e' il miglior cantante italiano,questo Davide dei Ministri.Tra quelli che ho ascoltato il mio preferito e' quello dei Deasonika,che non so come si chiama,ma per me e' bravissimo,e anche lui,esempio trascendentale perche' si trova in una posizione sicuramente,ovviamente,giustamente, migliore della mia, sottovalutato.Era bravo anche quello dei,come si chiamava quella band,i Movida. Ecco,loro avevano un buon cantante.Quello dei Marta sui Tubi,non mi dispiace,ha una voce che,raro a trovarsi in Italia,sembra mi dica:"Non ti sto prendendo in giro,la nostra musica non e' una farsa,non e' una cazzata,e in concerto te lo dimostreremo!!".E' onesto insomma.Poi c'era Demetrio,Demetrio,lui e' Dio,o cmq,un suo collaboratore stretto,un pezzo grosso.Un po' come quando e' morto Dimebag dei Pantera,Zakk Wylde ha detto che e'andato a giocare a carte con Hendrix,Randy(Rhoads)e il Padre eterno. Non c'e' stata la fine del mondo nel 2012 perche' Demetrio ci protegge.Dio ci ha benedetto tramite Demetrio Stratos.E come Dio perdona i peccati,Demetrio perdona chi CERCA-ha cercato,di interpretare le sue canzoni.Inarrivabile.Nessuno riuscira' piu' ad abbattere lo Zeppelin,nessuno vola intorno al sole.
Critica della Ragion Pura.
Che fine ha fatto il giornalismo ?
Ormai sono le agenzie di promozione a scrivere gli articoli, che tristezza !!!
bah.....francamente non mi piacciono.....ma...... de gustibus
@faustiko forse sono stata un po' troppo acida...mi dispiace...non ho nulla contro i Ministri...volevo solo dire che sarebbe bello un giornalismo libero da qualunque legame commerciale...sincero...tutto ormai e' solo bello se paghi o sei della famiglia...sarebbe bello un giornale(portale) musicale dove non ci sono solo quelli che pagano gli spazi per promuovere il disco...ho letto un po' delle tue recensioni....tu che sei a leggere uno dei piu' liberi mi dovresti capire...la critica dovrebbe migliorare il mondo non accomodarlo...
@Ivanilterribile ma perchè tutto quest'odio?! Minchia non ti piacciono i ministri, non ti piace rockit, va bene ma non sputare odio da tutti i tuoi pori!
VEDO TANTA SUPERFICIALITA'!
eccheminckia!
@ivanilterribile degno sostituto di... come si chiamava?
@logorreami se entri nella famiglia del Magnolia/Milano puoi accedere a questo ed altri servizi! ;) tipo i Selton altra band inutile...
il miglior parto italiano degli ultimi anni!