In arte si chiama Mivergogno perché le poche volte che faceva ascoltare qualcosa a qualcuno gli veniva detto: "Belli i tuoi pezzi, dovresti uscire allo scoperto", ma lui semplicemente rispondeva di no perché si vergognava, Daniele Gatto. Nato e cresciuto a Macerata nelle "piccole e sconosciute Marche", le chiama, a "trentasei lunghissimi anni" decide di buttarsi, e dedicarsi solo alla musica.
Un cantautorato disordinato, sensibile, che si finge sguaiato mentre nasconde l'amore, la tenerezza; il volersi bene, l'andare avanti tra le difficoltà della vita. A volte in modo pure un po' risentito. È la voce di chi sta affogando lentamente in questo mare di niente, ma chiede aiuto (La mer): un piacevole lamento che si fa largo tra il caos di chitarre casalinghe spezzate da urla, e voglia di esistere. "Dico sempre che il mio è un urlautorato. Rende meglio l'idea di rock-pop che è la mia musica", aggiunge, e ha ragione.
Filippine è il suo secondo disco (per Dischi Sotterranei e Homeless Records): 10 tracce scritte e suonate da lui con l'aiuto di "un carissimo amichetto": Frankie Wah dei Little Pieces of Marmelade, che ha registrato e mixato il tutto; ed Exit Exit alla produzione. "Filippine nasce da un viaggio di Arianna, la mia ragazza. Lei ha origini filippine da parte di madre, dunque questo disco parla del riscoprirsi, dell'allontanarsi da tutto e tutti, del mancarsi, dell'instabilità che a volte sentiamo; del perdersi e del lasciarsi andare. Sostanzialmente è un viaggio interiore", spiega
C'è proprio Arianna in copertina: "L'ho scattata a Jesi. Volevo fare una foto a quello scorcio, ma ho beccato anche lei. Non so il perché, ma ho deciso in quel momento che sarebbe stata la cover dell'album". Ascoltarlo significa lasciarsi andare, battere la testa avanti e indietro facendosi scombussolare dai capelli sudati. E cantare, ovviamente, a squarciagola. Tra sonorità low-fi, violini, fiati e mellotron che si aggrovigliano dietro distorsioni, leitmotiv che sanno di sano autoconvincimento (Ok bordello; Checcenefrega), catarsi, e respiri (Ed).
Il disco è un viaggio nei giorni di chi è rimasto a casa ad aspettare, sperare: "A immaginare la sua agrodolce metà in luoghi incredibili di isole lontanissime nell’oceano Pacifico. Sognare a occhi aperti per qualche istante e ritornare sulla terra al solito bar sotto casa, davanti alla solita birra".
"A differenza di Mivergogno, il primo disco (che d'impatto è instabile, confusionario e ha quasi sempre i jeans strappati), Filippine sta su da sè. È posato e deciso e veste di un rosa antico. Entrambi però nascondono le caratteristiche dell'altro", spiega a proposito dei due album.
Dopo una vita passata dietro la batteria (ha suonato in diverse band, tra cui Aedi e Nananana, ndr) Daniele prende in mano la chitarra, e tira fuori le sue canzoni: "Nasco come batterista, ma ho sempre scritto testi; solo che non li proponevo mai a nessuno. Era solo una cosa mia, ma ho sempre scritto". Talmente tanto che ora il cassetto non si chiude più: "Ho circa quattrocento brani registrati male con il cellulare, nel cellulare. Il prima possibile ne prendo alcuni e ci faccio un disco. Già ho una mezza idea". Nell'attesa, ce la godiamo così.
"Cinque cose di cui ti vergogni?", gli chiedo prima di salutarci. Lui risponde così:
Mivergogno di come suono la chitarra (ovvero male)
Mivergogno di far ascoltare quello che scrivo
Mivergogno/odio quando qualcuno mi presenta a terzi e tira fuori il fatto che scrivo canzoni: "Ti presento un mio amico cantautore"
Mivergogno quando nei live mi lascio andare e dico/faccio tutto quello che mi passa per la testa. Mivergogno, ma lo amo, ovviamente.
Mivergogno anche ora che ti ho detto cinque esempi di cosa mi vergogno.
---
L'articolo Mivergogno, ma non di urlare di Claudia Mazziotta è apparso su Rockit.it il 2022-09-06 12:00:00
COMMENTI