Möly, sad girl sempre diversa

Scrive con l'ukulele tra le mani, ascolta Lana del Rey e tutte le voci malinconiche del pianeta, e nelle canzoni trasforma i sentimenti in parole. Chi è Carlotta Mascheroni e dove vuole andare, tra dream pop, cambiamenti e un secondo disco in arrivo

Mõly - foto stampa
Mõly - foto stampa

Carlotta Mascheroni, in arte Möly, di Monza, 23 anni. Una manciata di singoli all'attivo, un disco fuori dal titolo Requiem, e la voglia di fare musica nella vita. Tra dream pop e bedroom pop, la sua musica spazia tra varie influenze e generi. La incontriamo.

Quando hai cominciato a fare musica?

Studio canto da quando sono piccolina, ho fatto anche teatro e sono sempre stata vicina al  mondo del musical, poi verso i 14 anni ho cominciato a frequentare un corso di armonia e  omposizione che mi ha svoltato la vita e ho cominciato a scrivere. Ovviamente i primi pezzi che ho scritto sono l’apoteosi del cringe ma li tengo sempre da parte, lontani da occhi indiscreti, per  ricordarmi che posso e che soprattutto devo continuare a migliorare.

Strumento del cuore?

Negli anni mi sono avvicinata al piano e al basso, ma mi sono affezionata sempre di più all’ukulele e ormai scrivo sempre con quello. Rubo qualche accordo alle mie canzoni preferite e da lì costruisco. Puntualmente nelle demo che porto in studio l’ukulele è così scordato da rendere gli accordi che ho così amorevolmente trovato quasi irriconoscibili; però questo ci costringe a trovare soluzioni armoniche interessanti

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Con chi collabori? 

Collaboro con Matteo Brioschi e tutti i cuoricini di Petricore. Petricore è una realtà super giovane  nata a Montevecchia dalla collaborazione tra Matteo e Thomas Calvi, sound engineer. In verità lavoravo con Teo già da prima e, dopo essere passati per un paio di studi durante la nostra collaborazione, abbiamo potuto costruire la nostra "comune" con le persone meravigliose che lavorano con noi. Sono parte del team anche Matteo Quadraruopolo, Alberto Vaiano e Andrea Cantamessa nonché altri personaggi che continuano ad aggiungersi a questa allegra  combriccola. È davvero meraviglioso potersi confrontare e scambiarsi idee con altri ragazzi che, come me, vivono di e per la musica, e mi sento davvero fortunata a poter far parte di questa realtà e di metterci del mio. 

Come definiresti la tua musica? 

Penso che la mia musica non sia troppo diversa da me. Piuttosto ambivalente, cangiante, ma sincera. Penso che la cosa bella di avere vent’anni sia che puoi permetterti di cambiare idea mille volte, cambiare strada, senza sentirti in dovere di dire "questa sono io" o di etichettarti in qualche modo. E questo non ti rende meno autentico o sincero. La mia musica riflette molto questa libertà  e forse a momenti può apparire fuori focus, ma in realtà, ora come ora, la mia musica serve a esplorare e a parlare di questi continui cambiamenti, senza fermarli o esprimere un giudizio a  riguardo. In futuro vedremo a cosa servirà!

Quali sono i tuoi ascolti?

Ho sempre ascoltato tanta musica perché ne sono disperatamente affamata. Gli artisti che ascolto di più sono Mitski, Lucy Dacus, Snail Mail, Pheobe Bridgers, e Lana del Rey. Spesso queste cantautrici sono associate con lo stereotipo della "sad girl" (da cui non mi scagiono) però c’è molto di più nel loro lavoro del semplice essere una tipa malinconica e parlare di cose da tipa malinconica.

Cosa c'è oltre la malinconia?

A parte una totale brillantezza (si tratta di canzoni composte in modo  perfetto), c'è una vulnerabilità totale e disarmante che rende impossibile non innamorarsene.

Ti ispiri a loro?

L’elemento più significativo a cui mi ispiro è la loro capacità di mettere i propri sentimenti in parole, semplicemente e in modo così potente. Mi rifaccio molto a loro, che alla fine sono gli ascolti che mi hanno sempre accompagnata nei momenti in cui sono stata più sola.

Significato complessivo di Requiem, il tuo primo disco? 

Requiem non è esattamente un disco. È una collezione di brani che servono più che a raccontare una storia, a riportare fotografie di come sono stata in vari momenti di un periodo di quasi due anni. Un periodo in cui ho cominciato a fare musica, ho trovato e perso persone, ho avuto molte pessime idee e ho imparato come parlarne nelle mie canzoni. Durante la scrittura di questo disco sono cambiate così tante cose (tre studi, varie  amicizie, i miei capelli) che è difficile trovare un significato univoco. Penso sia il tipo di lavoro il cui  significato si trova in retrospettiva ed è ogni volta diverso. Mi sembra un buon punto da cui cominciare visto che è il primo: credo che sarà bello ogni tot riguardarsi indietro, riascoltarlo, e  ricordarmi che tipo di persona ero quando l’ho scritto, e magari capire meglio che tipo di persona sono ora.

Parla di cambiamento?

Sì, del cambiare e del lasciarsi cambiare, del vivere comunque ogni cosa pienamente, come se dovesse essere tutto e per sempre, perché ne vale la pena e anche la fase più transitoria merita di essere sentita appieno. Ho la tendenza a essere iper consapevole del tempo che passa e abbandona pezzi per strada, e questo mi porta a  dissociarmi in modo da non restarci troppo male nel caso fossi io il pezzo lasciato sula via. Scrivere Requiem è stato per me un modo di rientrare in contatto con tutte queste cose da cui tendo a distaccarmi, e darmi pace facendolo.

Ricordi di un tuo live in particolare?

Purtroppo come per molti progetti nati in tempo di Covid la mia esperienza live è limitata, ma c’è una momento che mi piace da impazzire. Arriva durante ogni live con Autopreservazione, una canzone che parla delle persone e delle cose che sono l’unica ragione per alzarsi dal letto ogni giorno e fare le-cose-per-restare-in-vita. Dico: "Per il fatto che ogni tanto ho tanta voglia di  aspettare… qualcuno come te". Ogni volta che la suono indico, su qualcuno come te, una persona a cui voglio bene. Un po’ di tempo fa mi era venuto a trovare a sorpresa un amico che non vedevo da mesi perché si era traSferito dall’altra parte del mondo, vederlo lì con tutte le mie persone preferite dopo così tanto tempo e poter condividere quel momento è stato speciale. Quella singola frase sia il mio istante preferito di tutti i concerti. Spesso mi dimentico di apprezzare i singoli momenti perché ho la testa che va a mille tutto il tempo, ma fermarmi, scegliere una persona, e ringraziarla di essere lì con me mi fa sempre stare bene. 

Cosa bolle in pentola per Möly?

Stiamo lavorando al secondo album! Si tratta di un progetto abbastanza ambizioso, con un senso logico chiaro e una direzione artistica che prima non avevamo. C’è tanta carne al fuoco e sono davvero entusiasta perché tutto il team ci sta mettendo mano facendo ciascuno ciò che sa fare meglio. Saranno 20 canzoni, ci saranno dei feat con artisti che adoro e ammiro tantissimo, e io mi sto davvero aprendo in due il cranio per tirare fuori cosine speciali.

Qualche spoiler oltre i feat.?

Impossibile. Però: ci saranno tanti strumenti veri e musicisti umani! È la prima volta che così tante persone si appassionano a qualcosa che sia uscito dalla mia testa quindi lavorarci insieme mi sta rendendo davvero felice, e voglio fare davvero del mio meglio. Abbiamo capito che cercare  di incastrarci nello strettissimo spazio che rimane libero nel pop e soprattutto nell’indie non ha molto senso, inseguire le playlist e tutti quegli stilemi e dettami è limitante, non perché sia fallato il sistema delle playlist, ma perché ci sono semplicemente troppi artisti che cercano di farlo. Quindi ci siamo detti basta, prendiamo quei barlumi di originalità che abbiamo osato mettere nel primo  disco e questa volta facciamolo per davvero. Quindi potrebbe essere un disco un po’ strano, ma non vedo l’ora.

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L'articolo Möly, sad girl sempre diversa di Redazione è apparso su Rockit.it il 2022-12-19 17:15:00

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