Hanno la freschezza dei vent'anni, di chi fa rock'n'roll alla maniera degli indie rocker del ventunesimo secolo e di chi il futuro lo vede attraverso un binocolo dalle lenti sfocate (quindi non c'è un futuro ma solo un presente da vivere fino in fondo). Scrivono di isole misteriose e di animali, suonano strumenti tradizionali e strumenti non convenzionali come i quaderni a quadretti e lo stetoscopio. Non hanno mai visto "Lost" e per questo ti senti un vecchio ormai superato dagli eventi. I Moustache Prawn sono tornati con "Erebus". Si parla di questo e altro con Leo Ostuni (voce e chitarra), Giancarlo Latartara (batteria) e Ronny Gigante (basso e voce).
Sono passati circa tre anni dal vostro precedente disco. Di solito i gruppi emergenti cercano di approfittare di un riscontro favorevole per tornare presto con altri album. Voi invece no. Come mai?
Leo: È trascorso un po' di tempo tra i due dischi perché volevamo fare un lavoro curato nei minimi dettagli. C'è voluto del tempo per realizzarlo.
Giancarlo: Ci teniamo a precisare che il precedente album abbiamo cercato di spingerlo il più possibile, anche all'estero.
L: Abbiamo aspettato di fare uscire quattro videoclip prima di lavorare di nuovo in studio di registrazione.
Secondo voi quanto deve essere lunga la vita di un disco?
L: Credo che oggi sia inferiore rispetto a prima. Generalmente un anno o due, non di più.
Il vostro album ha tante canzoni, anche in questo va un po' controcorrente rispetto a una tendenza generale che vede i gruppi fare lavori con scalette più contenute.
G: Ci piace lavorare sui brani quando siamo particolarmente ispirati, non ci facciamo condizionare dalle tempistiche standard commerciali.
È vero che il secondo disco è più difficile da realizzare rispetto al primo?
L: Sì, in effetti c'è un minimo di pressione in più rispetto al primo album. Però devo dire che la lavorazione è stata molto spontanea una volta che è stata trovata l'idea di fondo. Abbiamo creato i brani del disco un po' in ritardo rispetto a quanto avevamo preventivato ma poi tutto è andato per il verso giusto. Abbiamo registrato nello studio dell'etichetta e questo ci ha consentito di avere una grande libertà.
Qual è la storia raccontata da "Erebus"?
L: È una storia che abbiamo ambientato in un'isola situata in Antartide. In questo luogo c'è un gruppo di scienziati che fa esperimenti sugli animali e sull'ambiente circostante. A un certo punto emerge un'altra isola, dove ci sono gli skratz, abitanti del nucleo terrestre da tempo immemore e "regolatori" dell’equilibrio climatico (e non solo) sulla Terra. Nel racconto noi siamo tre schiavi che vengono spediti in questa nuova isola apparsa dal nulla per fare luce sul mistero. Da lì in poi succederanno un mucchio di cose strane.
Parlate molto di natura e di animali. Quanto conta per voi l'aspetto ambientalista?
L: È una tematica che ci sta molto a cuore. Si tratta di un racconto di fantasia che affronta in modo spensierato un concetto importante: il rispetto degli animali.
Gli esseri umani vi fanno schifo?
L: No, ci stanno abbastanza simpatici (ride, ndr).
C'è una canzone che si intitola "Eating Plants". È un inno vegetariano?
L: In realtà quel brano si riferisce a un momento preciso della storia in cui noi scaliamo una montagna. Siccome sarebbe stato un controsenso nutrirci di animali visto il tema affrontato allora in quel momento del racconto ci nutriamo di muschio ed erba.
Siete vegetariani?
L: Ronny è vegetariano, io mangio il pesce, Giancarlo è super carnivoro.
Qualcosa tipo il buono, il brutto e il cattivo?
G: Direi il buono, il neutrale e il cattivo.
Non temete che questa storia non venga compresa e rischi di perdersi a causa della scelta di cantare in inglese?
L: Ci abbiamo pensato, è un rischio che corriamo in maniera consapevole. E per evitare problemi abbiamo inserito nell'album il racconto tradotto in italiano. I dischi si vendono sempre meno, ci sono Spotify e YouTube, il racconto vuole essere un incentivo a comprare il disco fisico e a comprendere meglio tutta la narrazione.
Vi siete ispirati a "Lost"?
G: Nessuno di noi l'ha mai visto.
Dopo questa risposta l'intervista finisce qui (ridono, ndr).
G: Però abbiamo visto "Breaking Bad".
Vi siete salvati in corner.
G: La colonna sonora di "Breaking Bad" ci è stata d'ispirazione a livello di sonorità.
L: Il brano "The Lantern" si ispira alla sigla della serie.
Altre serie tv che vi piacciono?
L: "House Of Cards".
G: "Better Call Saul". Resto sempre da quelle parti (ride, ndr).
Nel comunicato stampa c'è scritto che avete suonato un sacco di cose assurde come bidoni dell'olio, quaderni a quadretti al posto dei rullanti, addirittura suoni ripresi con lo stetoscopio dalla gola del cantante. Avete fatto davvero tutta questa roba oppure sono solo sparate per far parlare di voi?
L: Il nostro fonico, Graziano Cammisa, è un tipo cui piace sperimentare. Ogni tanto veniva in studio con strumenti strani e ci sottoponeva idee strampalate.
G: Graziano ci spingeva a fare tutto quello che volevamo. La registrazione dello stetoscopio poteva essere un'idea stupida ma alla fine l'abbiamo tenuta.
Siete più a vostro agio quando picchiate su strumenti o quando rallentate un po'?
L: Dal vivo ci piace molto picchiare duro. La nostra caratteristica è suonare brani movimentati, ci divertiamo di più. Però non vogliamo tralasciare la parte melodica.
G: Siamo un trio e molte cose che ci sono nel disco non possiamo farle dal vivo. Abbiamo riarrangiato i pezzi e cerchiamo di picchiare il più possibile, sfruttando pedali e loop.
La vostra presentazione su Facebook è molto ironica. Avete paura di prendere troppo sul serio la vostra musica? O avete paura che vi prendano troppo sul serio?
G: La risposta è semplice. A noi piace stabilire un contatto amichevole con chi ci segue.
Che cosa fate nella vita? Lavorate? Studiate?
G: Leo è a un passo dalla laurea. Ronny studia.
L: È appena uscito il disco e proprio in questo momento sto scrivendo la tesi. È un po' brutto.
Quando sarà la laurea?
L: Il 25 marzo. La tesi è su Alfred Jarry, drammaturgo francese. Sono iscritto a Lingue francese e inglese, come Ronny.
Poi si festeggia con un concerto.
Leo: Infatti suoneremo il 25 marzo (sorride, ndr).
Studiate tutti?
G: Io lavoro, faccio il cuoco.
Non vi sembra una domanda un po' strana? Vi chiedo se lavorate e implicitamente (e inavvertitamente) do per scontato che fare musica non sia un lavoro. Non pensate che questa considerazione sia un problema per un paese che vuole crescere culturalmente?
G: Questo disagio lo sto vivendo in pieno. Per vari motivi non ho fatto l'università e così sto facendo diverse esperienze professionali. Molto spesso mi trovo in difficoltà perché non posso andare a suonare a causa del lavoro, oppure non posso cercare un lavoro fisso perché non mi permetterebbe di fare concerti. Questo disagio l'ho provato stando in cucina tutte le sere, cosa che rende molto difficile andare a suonare.
L: A noi piacerebbe che la musica fosse il nostro lavoro ma non riusciamo a sostenere le spese quotidiane. Per questo dobbiamo trovare altre strade. Anche se vorremmo fare solo quello.
G: La vita del musicista non è quella che sembra. È piena di spese e di investimenti.
Quanti anni avete?
G: Io e Ronny 21, Leo 23.
Come vi vedete tra dieci anni?
G: Mamma mia che brutta domanda (sorride, ndr).
Potete anche non rispondere. Vi vedete come musicisti nel lungo periodo?
L: Ci piacerebbe tantissimo ma la vita è piena di insidie (ridono, ndr).
G: Io vivo il momento, poi si vedrà.
A Rockit avete detto qualche anno fa che dovevate imparare a parlare in pubblico durante i concerti. Adesso le cose come vanno? Siete più sciolti?
L: Ci stiamo esercitando davanti a uno specchio per aumentare il carisma quando suoniamo dal vivo.
Come deve essere una bella canzone?
G: Per me deve sorprenderti in continuazione, devono esserci molti stacchi e molte variazioni di dinamiche. Anche se ci sono canzoni dritte che mi piacciono. Ascolto molta musica elettronica, che si basa sui loop: ogni tot di battute c'è l'aggiunta di qualcosa.
L: Condivido quello che dice Giancarlo. Nei miei ascolti personali però c'è molta musica tranquilla. A me piace la scena krautrock, Can, Faust.
Beh, non sembrano così tranquilli...
Leo: In effetti no (ride, ndr).
Alla fine il concetto di tranquillità è molto soggettivo. E Ronny che cosa dice a tal proposito?
Ronny: Mah, una canzone è bella se ti fa emozionare.
G: Comunque ancora oggi né io né Leo abbiamo capito che cosa ascolta Ronny. Secondo noi non ascolta niente.
Quando avete iniziato andavano di moda i baffi. Ora invece è il turno della barba. La più classica delle battute: cambierete nome?
L: Cambieremo nome in Beard Prawn.
G: Questo è un grande problema. A me non cresce la barba. Abbiamo appena finito di girare il nuovo videoclip nel quale dovevamo essere tutti e tre con la barba. Sono stato un mese a sperare che crescesse qualcosa sul mio viso ma niente, nemmeno l'ombra di una barbetta. Così il regista mi ha letteralmente incollato la barba di un suo amico, che custodiva gelosamente in un vasetto sotto vuoto. Sono riuscito a toglierla dopo due giorni.
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L'articolo Moustache Prawn: tre ventenni che sembrano di un altro pianeta di Manfredi Lamartina è apparso su Rockit.it il 2015-03-02 11:27:00
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