Nello spazio non funziona lo streaming

Salvoemme è un cantante messinese che ha costruito un razzo per portarci nello spazio, da dove viene il suo ultimo disco, "Lovestronauta". Lo abbiamo incontrato per farci raccontare com è stato il viaggio

Salvoemme – foto di Leda Mariani
Salvoemme – foto di Leda Mariani

Salvoemme – aka Salvatore Paolo Messina  –è "un inventore di canzoni", definizione che preferisce al classico cantautore. "Mi piace l’idea di mescolare un prodotto così istintivo e aleatorio qual è la musica, con la figura dell’artigiano", dice. Ha iniziato ad assemblare i suoi primi brani nella provincia di Messina, dove è nato, per spostare il suo laboratorio a Milano. Ora vive lì, insegna musica e assembla testi intimi e un pop vintage. Nel 2020 ha preparato il suo esperimento più audace: costruire un razzo e decollare alla volta dello spazio. Il risultato è Lovestronauta, un disco pubblicato in due parti tra il 2020 e il 2021. Ma non provate a cercarlo su Spotify, per registrare la sua musica tra gli asteroidi ha usato solo CD. Lo abbiamo raggiunto su una cometa per farci racontare cosa ha trovato tra le stelle.

Come ti sei avvicinato alla musica?

Ho iniziato a interessarmi alla musica in pre-adolescenza, quando è emersa una personalità più definita. I sentimenti cominciavano a essere più complessi e ho cercato un modo per capire cosa stavo diventando. Così la musica – sia ascoltata, che suonata – mi ha dato qualche risposta in più rispetto ad altre cose. Da lì in avanti ho deciso di darle retta, perché mi sembrava una tipa affidabile e sincera. A livello strumentale e compositivo ho iniziato fischiettando melodie inventate tra me e me quando avevo circa 9-10 anni e poi, da autodidatta, (cronologicamente con pianoforte e tastiere, chitarra e infine batteria) è stato un continuo crescendo. Nel tempo ho intrapreso studi privati e dal 2006, mi sono formato come compositore, autore e interprete anche presso il CET (la scuola di Mogol).

Salvoemme live – foto di Leda Mariani
Salvoemme live – foto di Leda Mariani

Hai mai collaborato con qualcuno?

Dal 2016 faccio coppia fissa – per sintonia artistica e umana – con Roberto La Fauci di La Forge Creative Chambers, arrangiatore e produttore indipendente. Con lui ho autoprodotto i miei ultimi due album in studio: L’ordine delle cose (2018) e Lovestronauta (2020-2021), nonché un singolo ancora inedito, per un totale di 26 brani. Mi è capitato di collaborare sporadicamente con altri interpreti per cui ho scritto. Un’altra collaborazione molto bella è quella con Anna Fatima Del Vacchio – insegnante e autrice di testi che ho conosciuto al CET – con la quale abbiamo dato vita a diverse canzoni anche a scopo didattico, perlopiù per bambini. E nel 2018 ci siamo classificati alle finali dell’EuroSchool Festival con la mia canzone Scarabocchio, interpretata anche in LIS dai suoi alunni dell’Istituto Comprensivo 3 di Grosseto, per il progetto Mani Cantanti. L’ultima collaborazione risale al 2020, con la cantautrice siciliana Alex AllyFy che appare come special guest nel singolo omonimo tratto dal mio ultimo album Lovestronauta.

A che generi musicali ti ispiri?

Mi annoia definire qualsiasi cosa. Una volta che hai definito non ti resta nient’altro, e io invece sono sempre alla ricerca della comprensione delle cose, alla ricerca di nuovi stimoli, anche nella solita quotidianità. Farei definire la mia musica agli ascoltatori, anche se gli consiglierei di trarre delle piccole conclusioni a ogni nuovo ascolto, senza lasciarsi autolimitare da definizioni troppo rigide. A livello discografico e non filosofico-concettuale, direi che si tratta di cantautorato pop, soft rock con influenze folk e beat. Musica impegnata, nel senso che mi impegno molto per farla, quindi già solo per questo merita almeno una possibilità, o anche più di una, dai!

E che artisti ascolti?

Ho ascoltato molto Battisti e i Beatles, due mostri sacri. So di non essere l’unico a citarli nel proprio background, ma evidentemente nelle loro opere ci sono degli elementi oggettivi che servono alla formazione di un artista e compositore. Mi piace tanta musica e di diverso genere. Alla fine rispecchia noi e le diverse parti che ci compongono. Se riconosciamo e accettiamo le tante parti di noi, mi sembra una naturale conseguenza il riuscire ad apprezzare mondi musicalmente diversi tra loro. Posso dire però – forse attirandomi qualche antipatia, ma pazienza – cosa a oggi non mi piace, o comunque non mi interessa molto: il jazz. Non fa parte del mio linguaggio attuale, forse un giorno lo sarà. Oggi il jazz non mi va.

video frame placeholder

Qual è il significato di Lovestronauta?

Mi piacerebbe dedicare un vero e proprio capitolo approfondito a questo progetto, anche perché ho scelto di stamparlo in CD (con versione digitale inclusa), ma di non pubblicarlo in streaming (a eccezione del singolo omonimo e di un paio di video demo sul mio canale YouTube). Qui dirò che si tratta di un album d’amore, sull’amore e per l’amore: parla del sentimento più complesso, discusso e spesso inflazionato nel mondo dell’arte, e lo fa a 360 gradi, in modo piuttosto dinamico, introspettivo e a volte simbolico. L’astronauta stesso – Lovestronauta – è metafora di ognuno di noi, nell’esplorazione e nella continua riscoperta di questo sentimento che abita il nostro spazio interiore. L’idea è nata poco prima della pandemia, ed evidentemente la ricerca dell’amore, intesa anche come conoscenza di se stessi, era già nell’aria. Di sicuro lo è sempre stata dentro di me. La canzone Solo esisteva già nel mio cassetto, mentre altre sono nate esattamente nel periodo del lockdown come la ballad acustica 4 aprile 2020, proprio grazie alla forzata reclusione. Lascerò questo capitolo di Lovestronauta aperto… vorrei e spero tanto di poter dare la giusta visibilità e possibilità a questo album, in un modo diverso da come oggi si concepisce generalmente un progetto discografico. Vorrei trattarlo e farlo arrivare così come io lo percepisco, almeno a livello di approccio: come una specie di antologia senza tempo, un viaggio epico come quello di Ulisse.

Qual è stato il live più indelebile che hai fatto?

L’estate scorsa ho deciso di portare in strada – come busker (uno dei principali motivi per cui mi sono trasferito a Milano) – una specie di greatest hits di sole mie canzoni scritte dal ’99 a oggi. La bellezza di esprimermi musicalmente senza nessuna cover, di essere nudo e crudo – voce e chitarra–, solo con la forza delle mie creazioni e – pur vivendo la difficoltà che si incontra nell'attirare l’attenzione della gente in strada – essere riuscito a lavorare, a guadagnare e a vendere anche dei dischi. Può sembrare scontato ricavare del denaro suonando in un locale, in un teatro, in un auditorium. Sono luoghi in cui la gente entra appositamente per sentire l’artista, o comunque è predisposta all’ascolto. Ma in strada, senza le cover a richiamare gli istinti più nostalgici o modaioli del momento, ottenere l’attenzione delle persone che non ti conoscono e sentirle anche canticchiare il ritornello di una tua canzone mai ascoltata prima non ha prezzo! Mi dà sempre un senso di gratificazione quando qualcuno si prende del tempo per fermarsi ad ascoltare. Quando faccio la mia musica, questa sensazione è totale.

video frame placeholder

Stai già lavorando a nuovi progetti?

Più che un progetto futuro, si tratta di perfezionare una via esistenziale già intrapresa e che ritengo essere sana e giusta. Voglio continuare a rispettare gli ascoltatori, nel mio produrre, ma soprattutto me stesso, continuando a fare musica onestamente e forse anche con maggiore indulgenza e leggerezza nei miei stessi confronti. Ah! dimenticavo… vorrei scrivere e pubblicare un nuovo album e intitolarlo Salvatore (nuovo spoiler). E suonare, suonare tanto, e vivere "dieci anni in un giorno", come in quella famosissima canzone.

---
L'articolo Nello spazio non funziona lo streaming di Redazione è apparso su Rockit.it il 2023-03-06 11:00:00

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia