Nient'altro che macerie: "Suonare nei garage e sbattersi un sacco: cos'è per noi essere hardcore"

Suonare per il gusto di farlo, preferendo i garage e un'estetica totalmente diy. E non perdere il contatto con la vita vera. I Nient'altro che Macerie ci raccontano cos'è per loro l'hardcore

Intervista ai Nient'altro che Macerie
Intervista ai Nient'altro che Macerie

Abbiamo incontrato Simone, il cantante e bassista dei Nient'altro che Macerie, poco tempo dopo la pubblicazione del loro terzo ep "Hai perso." (in free download qui). Ci ha raccontato cos'è per loro sentirsi hardcore e continuare a fare le cose in maniera diy, suonando nei garage e nelle sale prove, rifiutando anche ingaggi ben pagati per non perdere il contatto con la realtà e le cose che contano veramente: la vita vera, il lavoro, i problemi davvero importanti. 

Ultimamente girava on line questo articolo che dice che non si deve mettere il punto alla fine delle frasi nei messaggi, perché suona perentorio. Il vostro disco si chiama “Hai perso.” col punto.
Sta per “hai rotto il cazzo”, in senso definitivo. Il titolo è uscito molto casuale, è corto, rimane, ma nella mia mente doveva essere tutto una cosa molto ironica, un po' una presa in giro a tutti i depressi. Ce la fai? Dai ripigliati.

Con la copertina acquista un senso. Ricorda quella di “Hai paura del buio” degli Afterhours.
La foto l'avevo scattata io a una modella, e mi piaceva moltissimo anche come colori. Poi mi è caduto il cellulare ed è diventata ancora più bella, allora ho preso la macchina fotografica e ho fatto delle foto allo schermo rotto. Ora stamperemo 150 copie del disco con lo schermo rotto, e 150 con la foto integra.

Per le persone più positive?
Sì, scegli, come ti senti tu?

Le vostre canzoni parlano di relazioni di coppia?
È un insieme di cose, ma direi di no. C'è anche quello, era partito così, però poi mi sono reso conto che i testi d'amore non mi interessano, tutto è stato trasporato sulla vita reale, cose semplici e banali. Il discorso dell'amore è infinito, ho voluto centrare il tutto su questioni più quotidiane. Vedo tantissime persone star male per delle cavolate che poi diventano enormi, e trovarsi persi in determinate situazioni. Poi ti rendi conto quando apri gli occhi che non è un vero problema, che tutto si aggiusta.



Mi sembrava si parlasse di perdite di coppia, cose sentimentali insomma, però mi sembrava anche che ci fossero degli spunti abbastanza positivi. Come se il disco parli di una botta che hai preso e di come uscirne tramite piccoli gesti.
Il fatto è che ovviamente non ci piace essere depressi, anzi, se le cose vanno male cerchiamo di farle andare per il meglio, come dovrebbe essere normale. Uno non può stare sempre male.

C'è stata anche una grande evoluzione a livello di aperture melodiche e struttura dei pezzi.
Questo disco è stato complicato, perché alcuni brani come “Ancora” ce li portiamo avanti da anni. “Ancora” è stata elaborata a lungo, abbiamo cambiato tutti insieme delle parole e ci teniamo molto perché è nata da un lavoro collettivo.

Perché di solito come funziona, sei tu che scrivi?
Non del tutto, io tiro giù parole, cose, anche quando leggo i libri mi sottolineo le cose che mi colpiscono, e poi piano piano ci lavoro, praticamente scrivo sempre. Nasce tutto di getto senza virgole, tutto sparso, poi rileggo e sistemo. Una volta in sala prove Scarde (il chitarrista, ndr) di solito parte con un giro di chitarra e io provo a cantare, e lo sistemiamo poco alla volta. Conta che io scrivo perché voglio cantare cose che abbiano un senso per me. Tutto è partito cinque anni fa che non avevamo il cantante, alla fine ho deciso di provarci io. Adesso mi piace però all'inizio io volevo fare il bassista, quello dietro...da lì è partito il disco, ci devo cantare io, allora provo a dare un significato ai testi; se me li scrive un altro e non mi piacciono non ce la faccio a cantarli. Se scrivo determinate parole riesco, quindi ora scrivo io i testi, ma proprio per comodità.

La voce nel nuovo ep è molto migliorata, è più controllata, avete fatto un bel lavoro sulla pronuncia negli spoken word, meno sguaiata di prima; si vede che ti sei adattato al tuo ruolo di cantante.
Infatti all'inizio era molto complicato per me, perché mi vergognavo, non sapevo cantare, ok urlare che comunque fa parte del nostro genere, però non è che siamo proprio il gruppo hardcore d'assalto, il primo disco è più urlato perché io non sapevo cantare (ride).

A proposito del genere, voi siete un gruppo emo?
Secondo me siamo il gruppo più emo che c'è in giro come persone, poi non facciamo il genere emo.



Vi riconoscete in questa scena?
Nì, ci piace, ascoltiamo i dischi...

Cosa ascoltate di solito?
Io ascolto quasi solo i TV on the radio (ride), Scarde e Teo ascoltano veramente di tutto. Ci piace il filone, mi piacciono tutti, altri meno ovviamente, il gruppo più fico italiano del genere sono i FBYC, il resto, compresi noi, sono delle copie.

Ma secondo te esiste una vera scena? Proprio da “Sfortuna” in poi è stato tutto un (ri)fiorire di band hardcore/punk/emo, anche nella zona di Milano.
Secondo me è molto dettato dalla moda, molte persone lo fanno per moda. Io non ascolto un gruppo perché è etichettato come emo o come hardcore, ma perché può darmi qualcosa. Anche i FBYC in acustico mi sono piaciuti quasi più del concerto normale. C'è un problema di autenticità, noi ci facciamo i cazzi nostri. Ti racconto, ero al concerto dei Raein e ho incontrato uno della scena che mi fa “Eh ora che è uscito il vostro disco ti fai vedere in giro”. Ma cosa me ne frega, io ero lì a vedere i Raein che non avevo mai visto dal vivo.
Fuori Milano è molto più divertente e viene preso come deve essere preso. Tipo i Kairo, con cui condivideremo qualche data, sono giovani e ci credono, ed è bello conoscere questa gente che si sbatte un sacco.

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Come vi aiuta essere con un'etichetta indipendente?
A livello di promozione per noi cambia tutto, penso a tutte le band indipendenti, con pochi soldi, che come noi ci sono ma non ci sono, e dici sì, io suono, però ho da fare, sbattimenti a casa, devo seguire 1500 cose. Una persona come Michele Montagano (titolare dell'etichetta V4V, ndr) mi piace molto e la rispetto perché porta avanti quello che “la scena” dovrebbe essere. Le persone che fanno le cose sono la scena.

Quindi se foste totalmente da soli, non riuscireste a starci dietro in pratica. Che lavoro fate?
Scarde lavora in un pub, Matteo fa il meccanico di bici e io il fotografo di moda. Sono il più fighetto (ride).

E non riuscireste a mantenervi con la musica?
No, ma non vogliamo neanche, ci siamo sempre detti che quello che facciamo è bellissimo, però lo facciamo per divertimento, se poi esce qualche soldo per pagarsi il disco ok, però a noi piace perché è divertente, conosci le persone, fai i tour. L'anno scorso un grosso booking ci ha proposto 7 date strapagate, ma abbiamo rinunciato perché dovevamo lavorare.



Qual è la cosa di cui andate più orgogliosi?
Secondo me, per come siamo fatti noi, se cerchiamo di fare una cosa la vogliamo fare bene, quindi direi la cura che ci abbiamo messo nel fare il disco.

Il concerto più bello che avete fatto.
Alla Svolta a Rozzano, dove abbiamo suonato meglio. C'erano i Dags, i Minnie's, i Delta Sleep, abbiamo suonato bene ed è stato bellissimo. Tipo prima dei FBYC fu un disastro, prima di iniziare a suonare è saltato l'impianto...poi un altro concerto bello è stato nella nostra sala prove con due band americane a cui erano saltate le date, 40 persone in una sala minuscola, che allora dividevamo con gli Albedo che si sono incazzati non poco (ride).
A noi piace molto questa dimensione qui, e secondo noi è quello l'hardcore e così ci identifichiamo nel genere. Suoneremmo solo in posti così.

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L'articolo Nient'altro che macerie: "Suonare nei garage e sbattersi un sacco: cos'è per noi essere hardcore" di Carlotta Freni e Chiara Longo è apparso su Rockit.it il 2015-12-30 11:30:00

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