È uscito un video molto bello, lei si chiama LA NIÑA ed è una nuova uscita targata La Tempesta. Racconta una storia di separazione e trauma, tutta in dialetto napoletano sopra una base downtempo che sa di trap grazie alla produzione di KWSK NINJA, ma la ragazza in questione canta eccome. C'è qualcosa di antico nella musica di CROCE, di dolente e personale, come una ferita ancora aperta e la voce de LA NIÑA ha la giusta gravità, ma non rinuncia alla cadenza ritmica e al rap.
Ma chi è LA NIÑA? Facile, perché l'abbiamo incontrata un sacco di volte sui palchi e nelle nostre personali classfiche di fine anno: Carola Moccia, voce di Yombe insieme ad Alfredo Maddaluno, chirtarrista dei Fitness Forever e cantautrice per conto proprio (Cyen). Stavolta, in questa nuova pelle ha lasciato da parte orpelli e sovrastrutture per andare dritta al centro della narrazione, utilizzando l sua lingua, il napoletano, perché fosse ancora più viscerale. Partiamo da questo.
L’ultima volta che ci siamo incontrati cantavi con Yombe e avevi un light show molto elaborato nel live. Adesso sembra tutto cambiato, sembra ti sia spogliata degli accessori per tornare alle radici. Cos’è cambiato nel tuo percorso?
In effetti sono cambiate moltissime cose nella mia vita in questi ultimi anni, è cambiato il mio modo di vivere le cose e di convivere con me stessa, la mia sensibilità è finalmente evoluta aprendosi alle persone di cui (a dire il vero) ho sempre avuto un po’ paura. C’è sempre stato un filtro nei miei progetti musicali passati, un filtro che oltre a proteggermi mi allontanava dagli altri ed anche da me stessa, intrappolandomi in uno strano paradosso emotivo; volevo emozionare pur essendo io la prima a non lasciarsi andare alle emozioni. Se mi guardo indietro non mi pento di nulla di ciò che ho fatto; d’altronde non avrebbe senso perché nel mio passato per fortuna la musica c’è sempre stata, anche se non era ancora lo specchio di ciò che realmente sono. In questi anni ho imparato che non c’è nulla di più bello che diventare se stessi senza sentirsi obbligati ad affermare “IO SONO QUESTO, IO SONO QUELLO”, ho imparato a fare le mie scelte smettendo di giustificarle. Prima di essere LA NIÑA sono stata la chitarrista di una band, la voce di un’altra, la cantante degli YOMBE ed anche se il mio può sembrare un percorso incongruente in realtà io penso che sia stato bellissimo, e che è proprio grazie alla mia incongruenza e al mio coraggio di perdermi che mi sono finalmente ritrovata. Non è facile aprire il proprio cuore alle persone ed io sto lavorando per ridurre a zero la distanza tra ciò che canto e ciò che sono, anche se ciò mi espone ad una enorme vulnerabilità.
Uno potrebbe pensare che oggi il napoletano sia cool, ma da parte tua avverto una sincerità e un’urgenza che forse non era possibile tirare fuori se non nel tuo dialetto. Qual è il tuo rapporto con le nuove produzioni in napoletano e perché funzionano anche fuori dai confini partenopei?
Cantare in dialetto è un’esperienza estremamente intensa, quasi catartica oserei dire. Il napoletano è a tutti gli effetti la lingua che plasma il mio pensiero e che dice molto più di me stessa di quanto io me ne renda conto; quando canto in napoletano sento tutta l’energia della mia terra, della mia tradizione, mi sento a casa ed allo stesso tempo mi sento straniera, perché, come l’inglese, è una lingua che non tutti in Italia parlano ma che sono certa tutti capiscano. Ad essere onesta questa scelta è motivata anche da una questione di suono: da tempo cercavo un modo di ritrovare la musicalità dell’inglese nell’italiano, con scarsi risultati. Poi un giorno ho provato a tradurre una frase di un pezzo che avevo scritto dall’italiano al napoletano ed ho avuto un’illuminazione, la soluzione era sempre stata lì ma non l’avevo mai considerata come possibile. Sono estremamente felice dell’enorme successo di cui stanno godendo alcuni progetti napoletani, successo meritatissimo che a mio avviso può solo contribuire a dare al paese intero un rilievo musicale di livello Internazionale.
Gif: KWSK NINJA
Croce è un pezzo molto sentito, probabilmente autobiografico. Hai voglia di parlarcene?
Croce è il pezzo a cui tenevo in assoluto di più, volevo fortemente che fosse il primo singolo ad uscire. La storia dietro questo brano è insopportabilmente triste, motivo per cui non me la sento di scendere nei dettagli, non riesco a parlarne esplicitamente. Quello che posso dire è che la persona a cui questa canzone è dedicata non è più qui ed una piccola parte di me ancora spera che la musica abbia il potere di arrivare allo spirito che trascende il nostro mondo, perché se così fosse allora io avrei ancora la possibilità di dire a questa persona addio, di dirle quanto era importante per me e quanto la amavo. Forse questo è stato un trauma da cui mi riprenderò mai, tuttavia, aver condiviso la mia CROCE con le persone rende il dolore più sopportabile.
Dopo il singolo, l'album. Qualche spoiler?
Non saprei ancora se definirlo tale. Diciamo che l’insieme di questi brani è lo specchio dei miei cambi repentini di umore, c’è davvero tutta me stessa dentro, tutti i miei ascolti rapsodici e mi sento completamente rappresentata da ogni singola canzone. Sono felice di come sta venendo fuori perché pur essendoci un suono eterogeneo c’è di fondo quella costante che ricercavo da tempo, ovvero IO.
Lista della spesa: cosa ascolti in questo momento?
Quest’anno ho ascoltato davvero di tutto; da Sevdaliza a Kelsei Lu, ho ripescato la mia adorata Joni Mitchell che riesce ad emozionarmi ogni volta come se fosse il primo ascolto, Childish Gambino, Sophie, Sampha, Solange, Ama Lou, Rosalía e Serpentwithfeet.
Ph: KWSK NINJA
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L'articolo LA NIÑA e la sua croce di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2019-07-02 10:05:00
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