Quando un ragazzo ti confessa a microfoni spenti che nella sua vita privata non sa fare null’altro che suonare, che è un fans dei 4 salti in padella, che fin da piccolo è stato abituato a pane e musica, allora sai che hai davanti un giovane che farà della musica e del jazz, in particolare, la sua ragione di vita. Mr T-Bone e il suo ska che racconta l’amore.
I tuoi studi musicali sono stati impegnativi. Sei diplomato in trombone e hai collaborato con grandi nomi. Quanto è importante la musica, il jazz, per te?
Moltissimo. La musica in particolare moltissimo. E’ fondamentale direi, perché insomma tutto quello che ho fatto fino ad oggi è stato spinto dall’amore che provo per la musica. Ci sono molte difficoltà in questo ambiente e se non hai più che una passione vera, non lo vai avanti. Si è bello suonare, andare in giro, ma ci sono anche tanti, tanti momenti delicati, momenti difficili. Il jazz poi è un aspetto della mia vita musicale molto importante.
Come sono nate le collaborazioni con gli Africa Unite, Giuliano Palma.
Guarda le collaborazioni nascono spesso da amicizie, non sò da un rispetto reciproco. Nascono da amici di amici che si passano la voce.
Così è successo anche nell’incontro tra te e l’orchestra?
No, diciamo che le mie collaborazioni esterne con i vari Bluebaters, Africa Unite, che poi sono diventati anche i miei gruppi principali, sono nati da incontri fortuiti.
Questo gruppo, invece, l’ho creato dal nulla. E’ un progetto musicale che avevo in mente da parecchio tempo e che sono riuscito a sviluppare in questi ultimi anni. Ho chiamato fisicamente ogni singolo musicista, li ho messi insieme in uno studio e li ho fatti suonare.
Hai collaborato anche con Luciana Litizetto?
Si, anche questa è nata da amici. Lei era una grande fans degli Africa Unite e la incontravo spesso nei back-stage dei concerti. E’ un’amica da anni e lei sapeva di questo mio progetto; contemporaneamente io sapevo che lei stava facendo un film e un giorno ci siamo incontrati per sentire qualcosa della mia musica. Così da quello che doveva essere una cosa così, alla fine ho fatto l’80% della colonna sonora.
Ma lei com’ è fuori dalle scene? Spiritosa come in tv?
E’ anche meglio di come si vede, è una persona molto sensibile, molto disponibile, soprattutto. Una buona persona, sicuramente positiva.
Parliamo un po’ di “That’s it!”?
Come posso spiegarti questo disco? E’ un disco che rispecchia le varie esperienze degli ultimi anni e quindi ha degli accenni di jazz, molto ska, reggae, qualcosa di latino. Rispecchia varie esperienze, i vari suoni, i vari mondi che ho frequentato in questi ultimi anni e. che dire. E’ un disco secondo me divertente, ha il pregio e il difetto di essere il primo disco e sai una prima opera ha pregi e difetti di questo caso. I pezzi possono essere a volte spontanei ma magari poi lavorandoci di più si poteva ottenere un suono migliore, una armonia migliore dal punto di vista strumentistico.
E’ normale, la musica è fatta così. E’ fatta di persone che la suonano.
Molti dicono che questo è un gruppo solista, in realtà non è così, le musiche le ho scritte io, le ho cantate, riarrangiate, però le note che suoni sono legate ad ogni musicista! E’ importante come le suoni e ogni singolo musicista è fondamentale, dà il suo apporto personale a questo progetto.
Mi sembra che tra i Meganoidi, Giuliano Palma ed altri ci sia un ritorno o forse una nuova era dello ska?
Ma guarda questo è buono da una parte. Dall’altra secondo me non c’è una riscoperta dello ska. Come dicevi prima Giuliano Palma è dagli anni 80 che fa ska, non è mai stata una scoperta ma una piacevole conferma. Per quanto riguarda invece i Meganoidi - e quindi il fatto che la musica ska venga vista anche su canali diversi, televisivi per capirci, canali che non siano underground - mi sembra solo un fenomeno mediatico che ha poco a vedere con la musica. A me piace questa musica, mi piace il modo in cui viene espressa perché essendo una scena nata dall’underground ed essendo quello, secondo me, il suo ambiente naturale, lì se vuoi veramente emergere devi fare qualcosa di bello, devi avere delle idee, delle cose gradevoli da dire altrimenti la gente non è obbligata ad ascoltarti. Mentre quando hai un video che viene mandato 25 volte al giorno, sei obbligato a sentirlo, dovunque ti giri lo trovi. Sono fenomeni esclusivamente mediatici che con la musica hanno ben poco a che fare.
Peccato.
Perché?
Perché se è solo questo, sai, passato il gruppo e passata la moda hai chiuso!
Purtroppo ripeto la cosa dell’underground non è una moda, c’è sempre stata. La musica ska esiste dagli anni ‘60, diciamo che in Europa è arrivata negli anni ‘80 ma lì è sempre rimasta. Ha avuto i suoi alti e bassi.
Però dai, aveva un pubblico di nicchia…
Ma vedi questo pubblico di nicchia è fondamentale, è quello che io cerco con questo gruppo. E’ il pubblico buono, che ti ascolta, che ti segue e che non gli frega un cazzo se l’hanno prossimo va di moda il cha cha cha. A 16 anni, ciò che piace è il carisma del personaggio più che la musica, tutto l’alone che lo caratterizza. E’ giusto che sia così, magari poi rimani influenzato da quella roba lì, ma se l’anno dopo c’è un altro gruppo che non fa ska e che gira in tv, quel pubblico segue il nuovo.
Alla fine è anche giusto così, quello che insomma deve fare la musica è far divertire, far ballare e poi che sia ska, jazz, pop funky non c’è differenza, no?
L’importante è che sia buona musica.
A noi piace lo ska e lo continuiamo a fare, sia che sia di moda o no.
Come mai questo nome così curioso, Mr T-Bone?
Ma perché è un po’ il soprannome che mi hanno dato in questi anni… poi mi piaceva dare un nome diverso al gruppo, non il solito slang, la solita sigletta con accenni ska, mi piaceva qualcosa alla giamaicana, come una volta quando c’era il capo-orchestra e l’orchestra. E quindi Mr. T-Bone & his Jamaican Liberation Orchestra.
E poi tornando al discorso di prima, sulla tua domanda relativa all’importanza del jazz, anche il nome è ripreso da un gruppo storico degli anni 70, chiamato appunto Liberation Musica Orchestra, mi piaceva chiamarla in chiave jamaicana e quindi: Jamaican Liberation Orchestra. Una roba un po’ cervellotica ma per me molto spontanea e istintiva.
Progetti per il futuro?
Nell’immediato abbiamo tante date da qui fino a settembre: saremo in giro sempre, ovunque in tutta Italia e stiamo cominciando a muoverci anche all’estero con le prime compilation e distribuzioni in Europa. Ci sono buone possibilità di fare cose anche fuori perché il disco fuori sta piacendo molto. Anche qui l’idea di fare un disco in inglese è stata mia perché, sai, ti da l’opportunità di suonare anche fuori e questa era un’esperienza che volevo fare. Ho suonato in molti locali d’Italia, ora mi interessa vedere qual è il panorama musicale all’estero.
Riuscire a farlo con la lingua italiana non credi sia possibile, vero?
No, secondo me no. L’inglese che ci piaccia o no è la lingua capita da tutto il mondo e trovo anche che sia giusto così. In questa musica la lingua inglese aiuta anche molto, la trovo molto più spontanea, forse perché è nata lì. Non puoi suonare un pezzo di lirica cantato in tedesco, non è bello, non viene bene!! Ogni musica ha il suo linguaggio, che può essere modificato, possono essere fatte tante cose, ma il suono è quello e ed è sicuramente molto più originale.
Che concerto ci aspetta stasera al Norman?
Stasera ci aspetta un concerto misto di pezzi del disco, ovviamente, e anche diversi pezzi del repertorio ska tradizionale. Pezzi di Skatalites e pezzi di gruppi relativamente nuovi, recenti, contemporanei. Stò parlando di due gruppi americani: gli Slackers di New York e un gruppo di Los Angeles, gli Hepcat che purtroppo adesso sono fermi da un po’ di anni. A me piacciono molto i loro pezzi e finchè loro non continuano a suonare in giro, ci pensiamo noi. E poi pezzi del disco. Fondamentalmente un concerto ska, rocksteady molto ballabile e divertente.
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L'articolo Mr. T-Bone - Norman e il presidente, 08-05-2002 di Simona Cortona è apparso su Rockit.it il 2002-05-20 00:00:00
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