Oltre i Litfiba: la cura del silenzio di Piero Pelù

Siamo andati in studio per ascoltare "Novichok", il nuovo pezzo dell'ex frontman dei Litfiba. Che ci racconta come si riparte dopo la fine di un'epopea grandiosa come quella della rock band toscana, cosa vuol dire convivere con gli acufeni e dove trova la forza di ripartire sempre

Piero Pelù, fotografato da Oscar Esse
Piero Pelù, fotografato da Oscar Esse

Piero Pelù mi accoglie nei locali della Sony di Via Imbonati a Milano col fare di uno zio che non ti vede da un po’ di tempo. “Come stai? Cosa hai ascoltato di bello ultimamente?”, sembrerebbe un inizio in medias res, se non fosse che è la prima volta che ci vediamo e lui non sa nemmeno chi io sia. Lungi da noi essere fautori del retorico parallelismo grande artista/grande uomo, ma Il Diablo sembra proprio essere quella persona che mette a proprio agio gli altri ancora prima di aprirsi al racconto di sé.

Un anno e mezzo è passato da quando, scendendo i gradini del palco del Forum di Assago, i Litfiba hanno messo la parola fine alla propria storia di band, dopo un ultimo e glorioso tour. “Con Ghigo ci siamo salutati molto fraternamente e ci siamo fatti reciproci auguri di buona fortuna e buona creatività”, inizia a raccontare Piero. Sotto il palco lo aspettavano gli amici della Sony, per scattarsi una foto insieme. Da lì è partita l’idea di un nuovo progetto.

Ma non sempre tutto va per il verso giusto, e il corpo spesso manda segnali importanti, che Piero ha imparato essere fondamentali da ascoltare. Torniamo indietro di due mesi, Pelù è in studio di registrazione con Alborosie, stanno lavorando a MUSICA LIBERA, gli esplodono le cuffie nelle orecchie. 120 decibelb a 5000 Hertz, una botta micidiale, e fanno capolino per la prima volta seriamente nella sua vita gli acufeni. “Io sono un supereroe e prima che il problema mi sotterrasse non lo avevo minimamente ammesso”.

Pelù, foto di Oscar Esse
Pelù, foto di Oscar Esse

Ma per alcune vicissitudini famigliari molto più impellenti l’incidente passa in secondo piano, Piero deve prendersi cura della sua famiglia, e dopo un periodo di stress e lotte con medici incompetenti, può finalmente partire per il Marocco, in compagnia del fidato Valerio "Voodoo" Recenti. Il fischio infernale sembra un vecchio ricordo. Sarà proprio il Nordafrica a ispirare a livello sonoro, a livello di atmosfere, la scrittura del nuovo disco di Pelù, ormai pronto a riaprire il capitolo dei suoi Bandidos. Fine dell’excursus.

Siamo all'inizio del 2023, data zero del nuovo tour, amara sorpresa, o meglio, il vecchio ospite si ripresenta. “A un certo punto del concerto non riuscivo a stare più in piedi. Ho consultato i migliori otorini d’Italia, e tutti hanno confermato che avevo acufeni di forte intensità”. Dunque, dopo una trafila medica, un girovagare degno del Moretti di Caro Diario, ecco i primi miglioramenti, a cui Piero ha sempre dovuto accompagnare una rigorosa cura del silenzio. Uso dei tappi sempre e comunque, in ogni situazione rumnorosa.

Ma visto che anche da situazioni di malessere si può trarre giovamento, ecco che per la prima volta nella sua carriera Piero Pelù ha potuto fermarsi per mesi e mesi per dedicarsi unicamente alla stesura del suo nuovo progetto discografico.

Il singolo che dà il via a questa ulteriore fase della sua lunga carriera si chiama NOVICHOK, scritto in una notte, pre-prodotto il giorno dopo, mixato alla fine della settimana stessa. Praticamente un fulmine, fuoriuscito in modo impulsivo, spinto da qualcosa che frullava nella testa di Piero da tempo. Il gas nervino, usato dai sovietici negli anni ’70, “di cui probabilmente Putin si è tenuto la ricetta”, viene usato come metafora dei veleni che ci vengono propinati quotidianamente con la propaganda, la disinformazione, le fake news. “Siamo vulnerabili. Ho tre figlie e ora anche nipotini, ho cercato di trasmettere loro che è fondamentale non fermarsi alla prima lettura degli eventi”. Si sente nelle sue parole l’importanza di dare a tutto un’interpretazione, dai fatti di cronaca estera che ci tempestano, a qualunque prodotto culturale.

video frame placeholder

In NOVICHOK si fa riferimento ad un’ora d’aria, anch’essa metaforica, un tempo “libero” che ci viene concesso, ma che ormai viene usato solo per mettersi in mostra, pittosto che per vivere davvero. “Pensiamo più all’avere che all’essere, e questa povertà di spirito si traduce in sofferenza, intolleranza. L’ignoranza è il pane degli squali”. C’è un filo rosso che si collega col passato, con le parole iconiche che componevano il testo di Dimmi il nome (traccia di Terremoto, Litfiba, 1992, ndr). Nell’ora d’aria dovremmo poter vedere quel “cielo che non c’è in tv”, dovremmo uscire dalla luce precaria degli schermi per riscoprirci, riscoprire i nostri corpi imperfetti, per provare a ritrovare una libertà che non sia solo momentanea, ma che si possa costruire col tempo.

Il ritorno di Piero Pelù è un continuo ritorno ciclico ad altri momenti della sua vita. Nel suono di NOVICHOK ci sono i ruggiti rock che hanno caratterizzato gli ultimi lavori dei Litfiba, tornano i temi sociali e politici che hanno accompagnato il Diablo a lungo nella sua scrittura. Ma soprattutto c'è stato un ritorno fisico, nel luogo dove tutto è iniziato, la Cantina de' Bardi a Firenze, il posto "litfibiano" per eccellenza, dove Piero ha tenuto uno speakeasy, serata di conversazione ispirata alle riunioni clandestine dell'epoca del proibizionismo. Un modo - sempre provocatorio - di tornare a stretto contatto con la sua gente. Le prove generali sono durate a lungo, Piero Pelù può tornare in scena.

video frame placeholder

---
L'articolo Oltre i Litfiba: la cura del silenzio di Piero Pelù di Gabriele Vollaro è apparso su Rockit.it il 2024-04-12 10:20:00

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia