Aprile piovoso. Mi metto al telefono e chiamo Carlo Bertotti, per parlare del nuovo disco. Bello sentirsi, dopo tanto tempo, al mezzogiorno di fuoco di un lunedì elettorale che fa paura a tutti e due. Si doveva parlare di musica, ma questo è il primo album incazzato dei Delta V. Così finisce che, tra un risata e l’altra, si incazza pure Carlo. A voi.
Inevitabile la prima domanda: è tornata Francesca Touré e il primo singolo “Adesso E Mai” ha il sound di “Spazio”.
Sì. Mah, più che primo singolo per noi “Adesso e mai” è la presentazione e l’antipasto del disco: ci tenevamo a farci vedere uniti, a far vedere Francesca di nuovo con i Delta V e la scelta del brano è andata in questa direzione, anche se non ha le caratteristiche dell’hit radiofonico. Ma rappresenta al meglio una delle componenti del disco, che certamente riporta a “Spazio”. Un tipo di sound che però non abbiamo mai mollato del tutto. Fermo restando che “Adesso e mai" esula un po’ dal contesto del disco.
È un momento di crisi per l’elettronica e di ritorno per le chitarre: anche i Subsonica nell’ultimo disco hanno svoltato verso il rock. E adesso anche voi.
C’era la necessità di accompagnare le parole con qualcosa di musicalmente appropriato. Fefo lavorava con noi già da un po’ e siccome questa volta c’era bisogno di chitarre già quando i pezzi nascevano è entrato stabilmente in formazione: questo ha cambiato la base del sound. C’è una componente umana più forte. Ci siamo resi conto che per parlare di certe cose c’era bisogno di un suono diverso.
Le atmosfere lounge permangono (“Ritornerai”, la sensazione di colonna sonora) ma stavolta sono in secondo piano rispetto all’elettronica cupa, aggressiva e chitarristica del disco, a tratti quasi Ministry.
Più che di lounge parlerei di trip hop evoluto, perché la lounge la associo a una sorta di rivisitazione un po’ buonista degli anni 60. Il massimo della lounge secondo me, per capirci, sono i Montefiori Cocktail, ironici e positivi. Ma in generale le contaminazioni lounge a partire dall’acid jazz degli anni 80 mi hanno sempre fatto cagare. Ai tempi di “Monaco ’74” ho sofferto molto di questa associazione che leggevo sulle recensioni…
Credo che fosse dovuta al fatto che molti usavano il termine lounge nel senso in cui lo sto usando io adesso, e cioè riferendomi alle colonne sonore di Morricone e Umiliani…
Ah, beh, allora sì. Abbiamo lavorato molto in questa direzione: in “Ritornerai” in particolare ho avuto come fonte di ispirazione il lavoro del maestro Canfora, che era uno che quando ero piccolo dirigeva sempre le orchestre della Rai, non so se te lo ricordi, quello coi baffoni…
Sì, il mitico maestro Canfora, Bruno credo si chiamasse…
Esatto, Bruno! Ma poi comunque ti dirò che secondo me nel disco convivono musicalmente tre anime: quella chitarristica, quella elettronica e quella trip hop: quando i bpm stanno sugli 80-82-84, la chitarra ha il wah, c’è il rhodes, per me è trip hop.
Al disco ha partecipato Pierfunk, bassista dei Motel Connection e ex dei Subsonica: e per la prima volta due dei nuovi brani sono in stile Subsonica, “Falso Movimento” e “Pioggia”, che ha la strofa uguale a “Preso blu”, dai devo dirtelo.
Qual è “Preso blu”?
Quella del primo disco che dice: “Paura del diverso / paura del possibile / paura che diverso sarebbe anche possibile”…
“Paura del diverso / paura del possibile / paura che diverso sarebbe anche possibile” (la canticchia, lui che può, a differenza di me che non ho osato distruggere la linea telefonica coi miei ululati, N.d.I). Ho capito. Mah, Pierfunk ha contribuito ad avere un suono di un certo tipo. Se io chiamo uno a suonare nel mio disco non gli disco “fai così, fai colà”, ma lo chiamo perché ci metta il suo bagaglio musicale. Comunque non mi offendo mica: il suo è stato un suono fondamentale per i primi due dischi dei Subsonica, che tra l’altro sono quelli che preferisco. “Pioggia” in realtà è nata molto diversa, un lento a 60 bpm, un superdub, poi Carlo U. Rossi – eh, sarà allora che è il clima torinese, proprio, vedi – è stato lui a portare la cassa in quattro, allora Pierfunk gli ha dato quella linea di basso lì, e Francesca l’ha cantata indietro, interpretandola in quel modo. Molti invece mi hanno detto che somiglia ai 99 Posse. Ma va benissimo: sono riferimenti a gente che comunque stimo. Sarebbe diverso se mi dicessero che somiglia a un pezzo di Grignani: porca puttana! (ridacchiamo). E per “Falso movimento” dove ci senti i Subsonica?
Mah, non c’è niente di così preciso, è una sensazione generale, il suono…
Lì siamo partiti da un riff di chitarra. Il basso non ha molta importanza. È stato fondamentale Fefo che ci ha portato lì. Anche il fatto di usare di più le chitarre elettriche ci avvicinato molto forse al confine con il sound dei Subsonica dove Max Casacci ha sempre avuto un ruolo molto forte. Noi invece abbiamo sempre tenuto le chitarre non dico in secondo piano, ma non come fulcro. Ora ci sono più chitarre e c’è Pierfunk. Ma – ripeto – mi va benissimo.
Veniamo alle tematiche del disco: c’è il senso di una realtà da fuggire, di una progressiva perdita del controllo sulla propria vita. Anche il ritornello di “Adesso e mai” dice “Se non resisto mi perderò”.
Mentre prima lavoravamo sulle parole per il loro suono, ora la scrittura è diventata spiegazione di quello che hai dentro e vorresti dire. Magari prima con le parole non ci riuscivo e con la musica mi veniva più facile. Ma ora c’era questo disagio, forse generazionale, ma forse anche plurigenerazionale, che ci ha portati a scrivere una serie di testi dove ci si interroga su una serie di possibili variabili. Così la fuga non è negativa, non è accettazione di una resa, ma astrazione, momento ideale di uno che non trova più riferimenti validi, togliendosi da quel contesto. È innegabile che c’è una crisi di valori molto forte: non potevo parlare di “oh che bello, come sono felice”. Ho cercato di parlare di quello che vedo, di un mondo che scricchiola, senza retorica, ma come mi è più congeniale e senza dare consigli. Non avremmo mai detto “Cloro al clero” o “Fasci merde”, una cosa troppo anni 70, dove l’appartenenza a un sistema di ideali era così stretta da tradursi in slogan. Oggi c’è un diverso modo di sentire.
“San Babila ore 20” non a caso chiude il disco: da un lato con il riferimento al film di Lizzani del 76 c’è la nostalgia dei 70 che vi avvicina al discorso fatto dai Baustelle ne “La malavita”. Ma in più mi sembra che voi individuiate il momento in cui è nato tutto lo sfacelo italiano, nel finale, con il comunicato degli studenti dell’Università di Bologna: il fallimento del 77.
Avendo vissuto quegli anni anche se da pischello: sono del 64 e avevo 13 anni. Ma mi ricordo, ho una forte memoria che poi cerco di rinforzare con letture e film. Il problema allora non era la bontà delle idee: almeno c’erano delle idee. Oggi sono sommerse. Ci sono un sacco di persone che elaborano l’insoddisfazione, lasciandosi andare a una recriminazione che può diventare ora rabbia, ora calma fino alla prossima presa di coscienza. Francamente mi sono rotto i coglioni di sentirmi dire che le cose vanno male però vanno bene, che il Pil è basso però l’80 % degli italiani ha la casa di proprietà, ecc. Rigetto questi dell’universo universitario che oggi hanno 20 anni, anche se so che anche lì c’è gente coi coglioni. Una volta c’erano dei punti di riferimento, questo è il fatto: Ramelli, Fausto & Iaio sono morti perché appartenevano a una tribù. Non vorrei certo tornare a quegli anni. Quello che voglio dire è che c’è un sottile filo che li unisce questi, ma sommerso dal quieto vivere e dal fatto che si preferisce tirare avanti alla giornata. Mi sono rotto i coglioni.
Paradossalmente il problema sarà tale più che per noi per i nostri figli. La gente non si rende conto che non pagando l’Ici – ad esempio – diminuisce la qualità della propria vita. E sono stufo che mi dicano che Tremonti è un genio perché non credo: è lì coi suoi trucchetti a dimostrare che il bilancio è sempre in parità. Ma non mi prendono per il culo: tutto questo lo pagheremo e con una sottomissione totale rispetto al resto del mondo o con l’uscita dall’Europa.
Per un gruppo come i Delta V, al quinto disco, non era neanche semplice passare dal disimpegno elegante, dal gioco di stile degli album precedenti a questo discorso. Ma oggi ho voglia di re qualcos’altro. E per cercare di evitare il rischio di essere poco credibili, abbiamo scelto di non essere così espliciti, di non cadere nella retorica.
Passando ad altro, la cover del disco è “Ritornerai”: dopo le vicessitudini con i Battisti, tutto bene con Lauzi?
Scoppia a ridere. C’è della gente che non ha niente da fare… L’altra sera a Music Farm la Ventura ha dovuto fermare tutto per leggere un comunicato della famiglia Battisti che diffidava Leda Battisti ad affermare di essere parente di Lucio… E lei a dire che nel paese si chiamano tutti così, quindi non vuol dire niente… Non poteva dire neppure che la parentela era alla lontana. Per “Ritornerai” stiamo girando un nuovo clip ora.abbiamo avuto l’ok definitivo per le location. Sarà divertente, tipo quelli di “Numeri in mia vita” e “Colpo in un istante”. Ti posso dire che sarà una rapina di un codice che racchiude un sacco di segreti, una cosa molto divertente.
Simone Lenzi dei Virginiana Miller coscrive o scrive del tutto i testi di “L’assedio” e “Le cose che so di noi”?
Simone ha con noi un comune sentire, dei punti di vista molto simili. Così, quando eravamo in Toscana, siccome non ci convinceva il testo de “L’assedio” lo abbiamo chiamato. Ha lavorato con noi due giorni, e il testo che ha scritto esprimeva perfettamente quello che cercavamo di dire. Già che c’era ha finito anche il testo di “Le cose che so di noi”.
Finiamo con una cazzata: mi fai un commento sull’Enciclopedia del rock italiano de “L’Espresso” che mette Britti e Giorgia e non i Delta V?
Chi l’ha scritta?
Un team, che ruota intorno al Mucchio, credo
Beh, che ti devo dire? (ridendo) Non me ne frega un cazzo! Se uno pensa che Giorgia sia rock e i Delta V non siano importanti, sono cazzi suoi. Ho una mia dignità.
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L'articolo Delta V - Padova-Milano, telefonica, 11-04-2006 di Renzo Stefanel è apparso su Rockit.it il 2006-04-11 00:00:00
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