Il passato è fantascienza: due anni fa chiudeva Il Mucchio Selvaggio

Il 29 giugno 2018 finiva la corsa della rivista fondata nel 1977, che tanto ha fatto per la cultura musicale in Italia. Un ricordo – e uno sguardo rivolto al futuro – da parte di chi l'ha fatta per anni

Un estratto dalla copertina del numero di ottobre 2017 de Il Mucchio Selvaggio Magazine
Un estratto dalla copertina del numero di ottobre 2017 de Il Mucchio Selvaggio Magazine

Il 29 giugno del 2018 chiudeva Il Mucchio Selvaggio, la storica rivista di musica e cultura indipendente fondata nel 1977 da Max Stèfani, Paolo Carù e Aldo Pedron. Prima mensile, poi settimanale dal 1996 al 2005 e di nuovo mensile fino all'ultimo numero. Parlava di musica italiane e internazionale, libri, cinema, politica e costume, ma siamo sicuri che lo sapete già. Durante gli anni, ha avuto contributi da parte di un sacco di firme famose nell'ambiente: Riccardo Bertoncelli, Eddy Cilìa, Massimo Cotto, Federico Guglielmi, Ernesto De Pascale, John Vignola, Massimo Del Papa, Gianni Canova, ma anche Luciano Ligabue e Andrea Scanzi.

Nel 2011, il divorzio tra Max Stèfani e Il Mucchio, Daniela Federico subentra alla direzione, ma presto alcune firme storiche protestano  contro gli sprechi e la gestione dei soldi pubblici destinati alla rivista. Così dichiarava Eddy Cilìa nel 2013:  "Io e altri ex collaboratori contestiamo l'uso che negli anni è stato fatto dei fondi pubblici, prendendo in giro i lettori, cui si chiedeva di abbonarsi per salvare la rivista, e noi giornalisti, pagati miseramente mentre Federico e Max Stefani facevano quello che volevano con i soldi dello Stato".

Al di là delle polemiche, la chiusura de Il Mucchio, dovuta a vicende legali tra la prima e la seconda gestione, ha lasciato un vuoto nella narrazione culturale del nostro Paese. Abbiamo fatto una chiacchierata con Elena Raugei, collaboratrice dal 2002, per 16 anni nella rivista, dal 2013 caposervizio musicale de Il Mucchio, fino alla sua chiusura.

Quando e perché hai capito che la chiusura de Il Mucchio sarebbe diventata una realtà?

L'ho appreso a maggio dello stesso 2018 dal caporedattore Beatrice Mele. In realtà, la motivazione è stata una convergenza di molteplici fattori, innanzitutto “burocratici”, ascrivibili a vicende legali. Certo, la chiusura ha poi finito per aderire simbolicamente a una parziale crisi della carta stampata: copie vendute in edicola in calo, difficoltà nell’arruolare professionisti a causa dei tagli all’editoria, eccetera, eccetera. 

Come l’hai presa?

All’iniziale senso di incredulità ha fatto seguito una sorta di mini elaborazione del lutto. Succede quando si è legati a una rivista in senso formativo – gli articoli delle firme storiche che hanno lasciato una grande eredità, i tempi dei forum con scambi anche accessi sui dischi adesso impensabili perché si discute di ben altri fatti a latere… – e successivamente persino identitario. Ho poi proseguito a scrivere su siti con cui già collaboravo, principalmente Sentireascoltare, e ho iniziato a farlo anche su altri che apprezzo, come The New Noise. Rimanendo attiva nel settore musicale anche con altri progetti, a partire da un ufficio stampa avviato con un altro ex Mucchio, Fabio Guastalla.

Che succede a un giornalista musicale quando chiude la rivista per cui lavora?

Si volta pagina. Non è mai facile inserirsi in nuovi contesti, se il settore affronta delle difficoltà e in precedenza si aveva quasi carta bianca nell’apportare il proprio contributo. Questo indipendentemente dal ruolo svolto. 

Alcune copertine nella storia de Il Mucchio Selvaggio
Alcune copertine nella storia de Il Mucchio Selvaggio

Cosa ti manca di più di quel periodo?

Mi manca un team che ha portato avanti in stretta collaborazione ogni mese, anzi ogni giorno, articoli di copertina dedicati a band come Father Murphy, Goat e Savages, oppure approfondimenti su etichette come Constellation e Ghost Box, sino agli speciali di numerose pagine che univano musica, cinema, letteratura e attualità. Oltre agli altri caposervizio Rosario Sparti e Liborio Conca, oltre a Francesca Pignataro alla parte grafica, negli ultimi anni lo staff ha unito veterani e nuove firme di assoluto valore, da John Vignola, Damir Ivic e Gabriele Pescatore a Stefano Solventi e Giovanni Linke, da Chiara Colli, Claudia Durastanti, Giuseppe Zevolli e Simone Dotto a Nicolò Arpinati, Francesco Locane, Riccardo Marra, Emanuele Brunetto e molti altri.

Vi siete mai pentiti della scelta fatta?

La scelta è stata obbligata. Chissà che un giorno non ci si possa ritrovare in altro modo, anche con tutti gli altri che hanno scritto sul Mucchio in passato. Di sicuro, a volte c’è una bella nostalgia ma, come dice una mia amica, il passato è fantascienza.

Qual è il ruolo dell’editoria musicale in Italia oggi?

L’editoria musicale – o più ad ampio raggio culturale – non dovrebbe essere l’ultima ruota del carro editoriale, ma sappiamo bene che è così e che gli spazi sono diminuiti, di conseguenza la possibilità di occuparsene full time in maniera professionale. Nel nostro settore, l’editoria potrebbe a livello ideale continuare a raccontare la musica vissuta in prima persona con interviste e similari forme di confronto diretto non accessibili a tutti, custodendone al tempo stesso con rispetto quell'alone di mistero troppo spesso accantonato in favore di un vouyerismo al volo.

E invece il ruolo della critica musicale in tempi come questo?

C’è tanta musica a disposizione e capita che i media generalisti, per sopravvivere, diano spazio a quello che assicura più click, non di rado adottando linguaggi discutibili: due dati di fatto. La critica, per non estinguersi, dovrebbe garantire ai suoi lettori una selezione ponderata, mettendo in luce ciò che reputa meritevole in forma consona.

La rivista cartacea di musica potrà mai tornare a vendere?

Spesso si tende a paragonarla al vinile auspicandone un ritorno in grande stile. Lo spero anche io, ma per far sì che questo sia possibile, è indispensabile innescare un naturale ricambio generazionale dei lettori senza fossilizzarsi sul passato. Spero al contempo che le testate riescano a sfruttare sempre più i vantaggi offerti dalla Rete (nessun vincolo nella tempestività e nella lunghezza degli articoli, la permanenza del testo e la sua possibilità di condivisione, meccanismi redazionali più snelli, copie digitali acquistabili ovunque in tempo reale). La qualità dei contenuti determina la credibilità dei relativi contenitori, non viceversa.

Qual è la cosa più bella della musica italiana degli ultimi due anni?

Il ritorno dei Massimo Volume dal vivo, nei teatri, e dei Mariposa in studio. Un po’ di dischi (italiani?) usciti tra 2019 e 2020 che ricorderò tra i tanti: Laurisilva di Laura Agnusdei, Ecstatic Computation di Caterina Barbieri, VOLUME MASSIMO di Alessandro Cortini, hyperbeatz vol. 1 dei dTHEd, Transitions di Gold Mass, I Mortali di Colapesce e Dimartino, Stupidamutaforma di Fera, Scacco Matto di Lorenzo Senni. 

Qual è la deriva più insopportabile?

I copycat dei fenomeni di (apparente) successo.

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L'articolo Il passato è fantascienza: due anni fa chiudeva Il Mucchio Selvaggio di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2020-06-29 14:04:00

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