"Neapolitan melodic disco from the slopes of Vesuvius": è così che il producer partenopeo Pellegrino presenta Morphé, il secondo album del progetto Zodyaco, uscito per la Early Sounds Recordings lo scorso 21 ottobre. Pellegrino, che ha vissuto per anni a Berlino, è tornato ora nella sua Napoli, città che è il fulcro del progetto Zodyaco: tutti i musicisti sono della zona, i testi dei brani sono scritti tra l’italiano e il napoletano e, soprattutto, gli arrangiamenti sono un incredibile connubio di disco, funk, jazz, fusion e tradizione.
Il carattere sfaccettato e poliedrico di questo album è dichiarato fin dal suo titolo: Morphé. "Significa metamorfosi in greco, ed è il concetto su cui volevo far ruotare il disco", ci ha spiegato Pellegrino. "Si tratta di una metamorfosi sia sonora che estetica, tanto che lo si vede anche nella copertina: il passaggio tra le luci e le ombre del Vesuvio".
La contrapposizione c’è anche tra i due lati del disco, dove la prima parte è più romantica, mentre la seconda si concentra nel raccontare il disagio della città. "A Napoli i problemi ci sono sempre stati, fanno parte del DNA della città, vedi anche i disordini delle ultime settimane. Questo però secondo me è anche un po’ il suo bello: c’è un’energia comunicativa palpabile e costante, non solo musicale. Se incanalata bene, è una forza creativa inarrestabile".
Pellegrino ha iniziato a lavorare sul progetto Zodyaco nel 2017, poco dopo il suo disco d’esordio Periplo. Dopo l’uscita del primo capitolo, Zodyaco è passato dall’essere un side project al punto focale del musicista napoletano. "L’idea era quella di creare una piattaforma per fare cose diverse, in cui slegarmi un po’ dall’immagine di producer: io ho sempre collaborato con musicisti e nasco come batterista, volevo creare una piattaforma per condividere idee e un percorso con altri artisti. Un po’ come le galassie, che anche se sono diverse fanno parte di un unico universo. Sono varie luci che assieme creano una sola immagine. Poi ha preso il sopravvento su quello che faccio".
Questa seconda tappa di Zodyaco è stata realizzata nel corso di tutto il 2019, in cui Pellegrino si è trovato a viaggiare di continuo tra Napoli e Berlino, per potersi incontrare col tastierista Dario Bassolino e gli altri musicisti che hanno preso parte al disco. Alla fine, ha deciso di tornare a casa e ritrasferirsi nella sua città natale. La permanenza a Berlino è stata però fondamentale nello sviluppo di Morphé: "A Berlino sono nate tante cose, ma soprattutto mi ha dato l’opportunità di guardare a Napoli con uno sguardo esterno, nostalgico, così sono riuscito a dare un cambio alle sonorità più in linea con quelli che sono i miei gusti".
Zodyaco, come si può intuire, si rifà anche all’immaginario astrologico, una fascinazione che lo stesso Pellegrino vive in prima persona: "Io penso che i segni zodiacali abbiano una qualche influenza sulla personalità, ognuno ha la sua storia e la sua esperienza, ma alcuni tratti si possono rivedere in come ci si approccia alla vita. Lo scenario cosmico astrale mi attrae molto, mi sono pure tatuato il logo di Zodyaco sul braccio: è il segno della bilancia leggermente modificato da Riccardo Corda, il nostro grafico".
Morphé è un disco che riporta molto dell’immaginario funky e disco che a Napoli sta vivendo una sorta di seconda giovinezza, grazie a progetti come la compilation Napoli Segreta – dietro cui c’è sempre lo zampino di Pellegrino – o il successo che i Nu Guinea – anche loro passati attraverso Berlino – hanno ottenuto negli ultimi due anni. "Però il bagaglio culturale per me è un po’ diverso", ha precisato Pellegrino. "Il percorso musicale partenopeo è un qualcosa di estremamente stratificato: chi arriva dopo costruisce un castello su castello, per cui ci sono tantissimi livelli da approfondire".
Da dove parte questo percorso? Per Pellegrino si tratta di un qualcosa di antichissimo: "È una storia quasi millenaria, in cui ci sono momenti più o meno floridi, ma che non ha mai smesso di produrre arte e creatività. Per dire, la canzone italiana più famosa al mondo è O sole mio (ride, ndr)". In questa sedimentazione così lunga, Pellegrino individua come momentum di Morphé il periodo tra fine anni ’70 e inizio anni ’80. "Il panorama sonoro è quello, quando si è iniziata la transizione tra analogico e digitale, tanto che per registrare abbiamo usato supporti di quell’epoca".
In questo discorso, rientra anche il concetto di musica che ha Pellegrino, qualcosa che si è un po' perso con l'avvento della musica liquida: il punto di partenza è sempre l’album, concepito nella sua integrità. "Io sono molto orientato al disco proprio come supporto fisico. Credo nello spirito organico del lavoro, non modificherei mai un brano per rientrare nelle logiche di ascolto mordi e fuggi che dominano adesso. Per dire, gli assoli sono fondamentali in quello che suono. A Napoli diciamo: 'chi se mette appaura, nun se cocca cu ‘e femmene belle', per cui ho imparato che si deve osare, (ride, ndr)".
Ma ora, Napoli che suono ha? "La scena musicale della città è molto viva. Finché ero a Berlino, non avevo percezione da insider, riuscivo a guardare quello che succedeva da esterno. Per esempio, la scena trap sta avendo molta fortuna, però si tratta di qualcosa che mi è estraneo. Quello che davvero manca sono le strutture, i club, i locali dove far crescere tutto questo fermento musicale".
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L'articolo Zodyaco, smorfia groove di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2020-11-12 16:30:00
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