Tra tutti i concorrenti di Sanremo 2014, i Perturbazione hanno senz'altro vinto il premio di band più entusiasta e positiva in concorso. Durante questa lunga settimana ci è capitato di incontrarli nelle situazioni più disparate: alle prove, durante le conferenze stampa, prima delle dirette, negli spostamenti tra una location e l'altra. E, indipendentemente dal fatto che il momento fosse drammatico, catartico o uno dei rari attimi di relax, la loro disponibilità e allegria è stata enorme e a volte quasi surreale, come quando sono arrivati in conferenza stampa improvvisando un balletto (che fanno anche sul palco dell'Ariston, ma che purtroppo non è praticamente mai stato inquadrato finora, quindi è probabile che da casa non lo abbiate visto) e cacciando un urlo gioioso, manco fosse una specie di Haka propiziatoria. Forse questa energia incontenibile è dovuta anche al fatto che la loro partecipazione al festival è stata lungamente cercata, come hanno raccontato: diverse volte sono stati presi in considerazione e hanno sfiorato la qualificazione, e diverse volte sono stati scartati all'ultimo momento – una perfino a causa di un direttore artistico che li considerava troppo “tenchiani” nonostante, come ci tengono a sottolineare, il premio Tenco non l'abbiano mai visto neanche col binocolo.
Quando li incontriamo finalmente per la nostra intervista, sono impegnati su sei diversi fronti: ciascuno di loro ne sta rilasciando una a un giornalista diverso. A noi tocca Tommaso Cerasuolo, ovvero colui che ci mette la faccia e la voce. È ormai il quarto giorno di gara e la stanchezza è palpabile, ma l'allegria è tanta, visti anche gli ottimi risultati della classifica parziale dove occupano la quarta posizione: davanti a loro solo Renga, Arisa e Renzo Rubino.
Domanda di rito: come va, dopo il fantastico piazzamento di mercoledì sera?
Ci ha fatto molto piacere. Non ci potevamo credere! O meglio, sapevamo che la canzone cominciava ad arrivare alla gente, un po' dai riscontri dei social e un po' da quelli della sala stampa, ma sicuramente non ci aspettavamo questo. Detto ciò, però, non siamo quei finti alternativi che raccontano la bugia del “Sono arrivato qui ma va bene anche se arrivo ultimo”! (ride, NdR)
Anche perché voi ad arrivare a Sanremo ci provavate da tanto: il festival non l'avete mai snobbato, come invece sostengono di fare molti altri vostri colleghi...
Noi apparteniamo a una generazione di musicisti che è cresciuta tra città e provincia; una generazione fatta di sale prove, piccoli palchi e grandi band. La stessa generazione in cui è cresciuto Rockit, in fondo. Negli anni '90 credo che la lingua italiana sia stata in qualche modo riscoperta sia dalla canzone che dalle scuole in una sorta di presa di coscienza e di consapevolezza: è all'interno di quel mondo che noi ci muoviamo. Abbiamo sempre scritto canzoni pop, e non abbiamo mai fatto mistero di essere molto affini a quel mondo, pur rispettando molto chi porta avanti un discorso più iconoclasta e alternativo. A noi piace qualsiasi tipo di pubblico, anche quello di Sanremo, perché pensiamo che la musica debba parlare un linguaggio universale.
Ora che siete finalmente qui, qual è la cosa che vi ha più colpito di questo gran circo che nasce e cresce intorno al festival?
Innanzitutto il palco dell'Ariston: è unico, un'emozione enorme. In generale non esiste un palco uguale all'altro, certo, però questo è speciale. In una nostra canzone, "Nel mio scrigno", citiamo i palchi luccicanti, e quello dell'Ariston è il più luccicante di tutti. La dimensione televisiva ovviamente non è mai stata la nostra: per affrontarla devi scendere a tali compromessi con te stesso che alla lunga, se punti solo a quello, ne finisci fagocitato. Però fortunatamente la nostra è solo una sovraesposizione momentanea, che magari ci farà acquisire certi strumenti del mestiere che finora ancora non avevamo.
Una specie di parentesi, insomma...
Sì, anche perché se dovessimo affrontare situazioni del genere tutti i giorni per noi sarebbe un problema, artisticamente parlando. Non c'è il tempo per metabolizzare le emozioni, rielaborarle e farle diventare materiale utile per le nostre canzoni. Questi giorni, per noi, sono pieni di stimoli, ma arriviamo alle tre di notte in camera d'albergo e crolliamo: non avremmo mai la forza di tradurli in musica.
Però mi sembra molto evidente che vi stiate divertendo parecchio, stanchezza a parte.
Beh, chiaro, è un'esperienza quasi antropologica. È una situazione che abbiamo sempre vissuto da spettatori, ed essere effettivamente qui è pazzesco. C'è anche il fatto che siamo una band, e quindi non dobbiamo affrontare tutto questo da soli: c'è un po' un clima da gita scolastica. Ovviamente i momenti di tensione ci sono, ma siamo insieme e quindi un po' si stemperano.
Cambiando argomento, voi siete il gruppo di estrazione più indie in gara a Sanremo, eppure paradossalmente avete portato la canzone in assoluto più pop di tutte...
La cosa curiosa è che questa non è una canzone nata apposta per Sanremo: l'avevamo scritta per il disco, ma con Max Casacci (il produttore, ndr) non riuscivamo a trovare la quadra giusta, tant'è che alla fine l'abbiamo lasciata da parte e ce la siamo prodotta dopo. È molto fuori dai nostri standard soliti, abbiamo fatto un grande lavoro sulla parte ritmica che di solito semplifichiamo per favorire giri di chitarra, arpeggi e interazioni tra il violoncello e la mia voce. "L'unica" è un lato più contemporaneo dei Perturbazione, mentre "L'Italia vista dal bar" rappresentava un aspetto un po' più classico della nostra produzione. Siamo contenti che sia passata questa, perché ci interessava portare avanti un discorso un po' più ironico e danzereccio, pur senza snaturarci. Anche perché per noi il pop non è una novità, nel senso che se ascolti canzoni come "Buongiorno, buona fortuna" noti una continuità. L'unica differenza sta forse nel ritmo e nel groove, appunto.
Si avvicina la finalissima. Visto che immagino che il primo posto sul podio lo vogliate voi, chi vedreste bene come secondi classificati?
Esatto! (ride) È difficile, anche perché non li ho sentiti tutti. Il pezzo di Noemi l'ho ascoltato solo ieri sera e mi è piaciuto molto, così come quello di Riccardo Sinigallia, anche se non ho ben capito se resterà in gara o no. Della Ruggiero, invece, ho apprezzato soprattutto quello che alla fine non è passato. Se proprio devo scegliere qualcuno dico Frankie, visto che mi sono piaciute molto entrambe le sue canzoni.
Cosa succede da lunedì in poi, quando sarà tutto finito?
Non saprei. Probabilmente ci ammaleremo, le nostre difese immunitarie crolleranno... In questi giorni non ho fatto altro che pregare che i miei anticorpi reggessero ancora qualche giorno! (ride) Scherzi a parte, giovedì 27 e venerdì 28 saremo a Torino e Milano per presentare alle Fnac Musica X in una riedizione che contiene anche i due brani di Sanremo. Poi a marzo cominciamo un tour che ci porterà in giro per l'Italia fino ai primi di maggio; saremo di nuovo in giro in estate. Speriamo anche di riuscire a lavorare a quegli spettacoli un po' più particolari che ci hanno sempre contraddistinti, come "Città viste dal basso". Siamo anche in ballo con la sonorizzazione di un film muto di Buster Keaton, e se davvero la cosa andasse in porto potrebbe essere la prima di una serie: ci renderebbe davvero felici.
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L'articolo Perturbazione - Vogliamo vincere il Festival di Sanremo di Marta Blumi Tripodi è apparso su Rockit.it il 2014-02-21 17:28:13
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