"Mi hanno multato perché il musicista non è 'un valido lavoro'". Iniziava così, qualche giorno fa, un post pubblicato sulla pagina Facebook della band romagnola Ponzio Pilates, che in breve tempo veniva ripreso da numerose testate fino ad assurgere allo scomodo ruolo di "notizia".
Merito, probabilmente, del pedigree del gruppo, attivo da un pezzo, di gran qualità nel suono e demenziale solo nell'attitudine. Merito soprattutto di ciò che quell'episodio, avvenuto dalle parti di Santarcangelo di Romagna, rappresenta: l'ottusità di chi, pur nella difficoltà di gestire il momento assurdo per tutti, non prova nemmeno a capire le esigenze degli altri. Che tali non sono, e non vezzi. L'inadeguatezza di chi chiede "dico di lavoro vero?" a chi gli ha spiegato che nella vita fa il musicista, chi reitera stereotipi.
La storia è quella dei Dimitri Reali, che dei Ponzio Pilates è voce e batteria, e che lo scorso 28 aprile è stato fermato dai carabinieri di Viserba in auto. Lui stava andando nel "magazzino" della band per recuperare gli stumenti utili per provare durante l'isolamento e qualche diretta su Twitch. Per i militari non era un buon motivo per rompere la quarantena, nonostante l'autocertificazione compilata, ed ecco la sanzione.
"Le foto dei live, i video sul cellulare e un articolo sulla partecipazione a Italia's Got Talent che avevo stampato non sono bastati per convincere il carabiniere che per vivere faccio questo, suono con le mie band", ha spiegato Dimitri, che ha avuto anche la multa maggiorata per via dell'uso dell'automobile: 373,33 euro in tutto.
Ma la vera aggravante è un'altra, e questa volta non andrebbe messa in conto al musicista. "Chi mi ha multato sicuramente non capisce la situazione in cui noi musicisti e artisti ci troviamo a vivere oggi: una stagione intera di concerti saltati a piedi pari e nessuna certezza di poter continuare il nostro lavoro, chissà per quanto tempo. Mi vergogno di vivere in un Paese dove le forze dell'ordine possano affermare che quello dell'artista non è un lavoro riconosciuto".
Ciao Dimitri, dove stai ora?
Vivo a San Leo, in aperta campagna in provincia di Rimini; sicuramente sono molto più fortunato di chi in questo periodo sta vivendo in un piccolo appartamento di città, ma ogni cosa ha il suo prezzo: ad esempio sono molto lontano dai miei strumenti che utilizzo solitamente, e che si trovano a Ravenna, dove provavo con Ponzio Pilates. La batteria che ho prelevato prendendomi la multa è una banale accozzaglia di fusti che utilizzavo esclusivamente per esercitarmi a basso volume. In più ho difficoltà a collegarmi a Internet, perché qua non arriva la connessione via cavo. Un felice e isolato angolo di mondo in cui, almeno fino a tutto il pandemonio alzato dalle notizie sul mio conto, stavo placidamente passando la quarantena.
Il post che hai scritto dopo la multa era davvero molto incazzato. Ora ti è passata?
Per fortuna si, è passata quasi subito. Non ce l’ho mai avuta troppo con le forze dell’ordine in questione o con la multa in sé, ma col modo in cui hanno deciso di farle agire e con l’idea generalmente diffusa che l’artista sia semplicemente un hobby, a livello sia istituzionale sia per l’opinione pubblica.
Ti sei pentito di aver detto che eri un musicista? Avresti potuto cavartela diversamente, a posteriori?
Senza dichiarare il “falso” direi proprio di no: magari avrebbero chiuso un occhio, magari avrei potuto inventare qualcosa di meglio, ma dichiarando la verità non sarebbe cambiato nulla. In questi giorni mi hanno contattato diverse associazioni e cooperative, moltissimi avvocati, e ancora non mi è chiaro quali siano i prerequisiti per potersi avvalere della reale e comprovabile scusante di doversi allenare o affidarsi allo “smart working” essendo musicisti e, ovviamente, non potendosi di fatto esibire davanti ad un pubblico.
Che ci dice di noi e del nostro Paese quello che è successo?
La lezione che ne ho tratto è che nel nostro Paese c’è forse un po’ troppa distanza tra il mondo della legge e quello della realtà: anche solo ascoltando tutti i consigli e i pareri delle varie associazioni e dei legali che mi hanno contattato in questi giorni, troppo spesso contrastanti e discordanti, ho capito che il problema dell’inquadramento professionale dei lavoratori dell’arte è un problema comune a tanti altri tipi di lavori, ed è un problema enorme. Nonostante, in particolare per quanto riguarda l’arte e lo spettacolo, dall’Europa arrivino chiare indicazioni e vengano stanziati anche tanti soldi, quello dei lavoratori dell’arte rimane ancora un settore non solo poco considerato, ma in qualche modo mal tutelato e inquadrato a livello fiscale in un modo che non rispecchia e non rispetta le peculiarità e le criticità del mestiere.
Da cosa dipende, secondo te?
Per me è sintomo di scarsa conoscenza e scarso rispetto di un settore che, specialmente durante il lockdown, se non ci fosse ne avremmo tutti a perdere tantissimo. Domando: si può stare due mesi chiusi in casa senza musica, teatro, cinema?
Perché la musica non è solo un hobby?
In primis perché richiede costante dedizione ed enormi sacrifici, ma soprattutto perché contribuisce alla vita sia fisica che spirituale sia di chi la “crea”, sia di chi la riceve, di chi l’ascolta senza immaginare nemmeno quale lavoro di preparazione e ingegno sia necessario a produrla. Io personalmente suono la batteria da almeno 15 anni, ho militato nell’underground musicale italiano, percorrendo moltissimi generi musicali dal grind-core al post-rock, iniziando da una tribute band dei Tool e finendo coi Ponzio Pilates. Io credo che a prescindere dal percorso, non si possa mai criticare una qualsiasi band, perché qualunque sia il proprio orientamento musicale, ogni band nasconde dentro di se centinaia di ore di prove, innumerevoli confronti, discorsi, un sacco di scelte difficili e sicuramente tanto, tanto lavoro e tante esibizioni in cui, spesso e volentieri, specialmente all’inizio, si viene lasciati totalmente soli. Penso che qualsiasi persona che si dedichi all’arte sappia che, molto spesso, quella di dedicarsi alla propria passione non sia soltanto una scelta, ma anche una sorta di vocazione.
Ora è iniziata la Fase 2 e speriamo vada meglio, ma sei riuscito a suonare un po' in questi mesi o ti sei arrugginito?
Negli ultimi mesi non l’abbiamo praticamente portata avanti la nostra musica nel pratico: siamo tutti divisi e metà di noi non aveva nemmeno gli strumenti in casa… come avremmo potuto fare? Scervellandoci siamo giunti all’idea di dover procedere, per quanto per certi versi a malincuore, verso i media fruibili da più persone, come è già successo a partire dall’inizio di quest’anno (sempre a malincuore): in questo caso nelle ultime settimane abbiamo pensato di muoverci verso la possibilità di fare delle dirette, seppur separati, sui social disponibili e dalle piattaforme che permettono ai fan di fare delle libere donazioni (ad esempio Twitch o Patreon), che, essendo noi una “live band”, sicuramente non ci rappresenterebbe molto (come altri tentativi fatti ultimamente, apparizioni in televisione o in radio), ma che in qualche modo ci potrebbe dare la possibilità di continuare ad esistere, ad insistere.
Sul momento ti sei rifiutato di firmare la multa. La pagherai alla fine?
Sto valutando con degli avvocati che si sono offerti di aiutarmi. Ho tempo fino al 31 maggio, deciderò che fare.
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L'articolo Ponzio Pilates: "La musica è vocazione e sacrificio, ma da noi non viene riconosciuta" di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2020-05-05 16:00:00
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