Per i Post Nebbia ora è tutto in discesa

"Pista nera" è il nuovo disco della band padovana, che parte dalle Dolomiti Friulane per fare un cupo ritratto del nostro presente, dove tutto sembra destinato a schiantarsi al suolo. Il frontman Carlo Corbellini ce lo racconta, tra Talking Heads, Simpson e il sogno di vedere Milano bruciare

Ogni anno, a novembre, c'è un appuntamento abbastanza immancabile per gli appassionati di musica del Nordest e non solo: la festa che Dischi Sotterranei organizza nella sua città, Padova, al CSO Pedro, con tutto il roster dell'etichetta a esibirsi. Tra questi non potevano mancare i padroni di casa, i Post Nebbia, pescati dalla label quando non avevano ancora vent'anni e fatti ben crescere, al punto che giusto due anni fa li abbiamo trovati in vetta alla classifica dei nostri dischi preferiti di quell'anno.

Un'ascesa avvenuta con un disco che parla di religione e spiritualità, dal titolo Entropia Padrepio. Ora da quelle sommità ci troviamo a scendere come una valanga, se solo ci fosse ancora abbastanza neve in montagna perché possa effettivamente formarsene una. Il loro nuovo disco si chiama Pista nera ed è di nuovo un concept album, questa volta incentrato sui vari collassi che vediamo attorno a noi: sociale, climatico, politico, umano, in picchiata senza manco bisogno di avere gli sci addosso. Un disco arrabbiato, sì, ma allo stesso lucidissimo e profondo, come d'altronde lo stesso Carlo Corbellini - frontman e mente principale del gruppo - sa essere. È una rabbia indirizzata e sviscerata attraverso brani spigolosi, dal sound più grezzo e cupo rispetto a quanto eravamo abituati, dove non manca il tocco ironico di Carlo nella scrittura a smorzare l'apocalisse imminente che incombe sul disco.

Carlo arriva in redazione proprio reduce da quel concerto al Pedro, dove ha suonato per la prima volta dal vivo in anteprima i brani di Pista nera. Ed è proprio da lì che parte la nostra chiacchierata.

Com'è andato il battesimo dal vivo di Pista nera?

Quest'anno la Festa è stata incredibile. Non ho capito un cazzo: sono salito sul palco con delle cuffiette non erano mie che mi si toglievano di continuo, la gente si menava sotto pure sulle ballad, è stata veramente una bolgia infernale, però è stato bellissimo. I live sono sempre questa cosa assurda per la quale tu stai chiuso in casa a rimuginare sulle robe, passi un anno a buttare sangue sui dischi, poi esci e ti trovi in un festone devastante. È come se qualcuno ti dicesse: "Siamo a maggio, il 22 novembre sappi che ti tirano un pugno fortissimo in faccia". Tu puoi prepararti psicologicamente quanto vuoi, però alla fine ti arriva una cartella in bocca devastante comunque.

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Entropia Padrepio è uscito nel maggio del 2022: quanto scarto c'è stato tra la chiusura di quello e l'inizio della scrittura dei primi brani?

Non siamo stati tanto fermi: è uscito Entropia e siamo andati in tour, dopo più o meno i primi mesi di pausa che abbiamo avuto in tour ho iniziato a scrivere i primi pezzi. In tre mesi ho provato a fare qualcosa ogni giorno e mi è uscito un pezzo, Pastafrolla. Di solito per me arriva un pezzo e quello apre la strada. Quando ho trovato la quadra col primo è come se fossi in una foresta fittissima e ti imbatti in un'apertura, da lì segui il sentiero.

Una volta che quel punto viene trovato quanto tempo dedichi alla scrittura?

Dipende. In generale passo il 90% del tempo a fare dei ragionamenti, magari ad annotarmi delle piccole robe. Poi il tempo effettivo che impiego per realizzare nel pratico le cose è poco. A registrare una parte non ci vuole tantissimo, a trovarla invece sì. In questo disco qua, a parte la fase iniziale, quando ho trovato più o meno la quadra ho cercato di aspettare le giornate "buone". Quei pezzi che ti escono in un giorno, un giorno e mezzo sono sempre i migliori alla fine, ma devi comunque essere pronto quando arriva quella giornata lì. E poi i ragazzi mi hanno dato una grossa mano. Abbiamo lavorato insieme, abbiamo fatto un sacco di sala prove, ci siamo trovati molto di più.

Adesso che la formazione si è stabilizzata, quindi, condividi di più anche la fase di composizione dei brani?

Tutti hanno aggiunto qualcosina. Diciamo che nell'arrangiamento ci sono alcune cose che l'ho trovato insieme agli altri. La intro è una jam, per Statonatura un botto di suoni e l'arrangiamento li ha fatti Giulio (Paternello, tastierista del gruppo, ndr). Tutti i synth li ho fatti con lui. Con Andrea (Cadel, il bassista, ndr) abbiamo rivisto alcune parti di basso. Abbiamo suonato tantissimo quest'estate, la band è diventata una dimensione nella quale mi sento a mio agio anche creativamente, quindi sarebbe stato un po' miope non allargare lo sguardo.

 

La copertina di Pista nera
La copertina di Pista nera

Entriamo nel disco per davvero. Pista nera: dove hai pescato questo scenario?

Dalle dolomiti friulane, dove mio zio ha ripescato un po' di foto di mio bisnonno. La foto di copertina è del mio bisnonno e i soggetti ritratti sono due personaggi pazzeschi. Uno è un tizio con la voce da molto acuta perché gli avevamo sparato in un punto brutto durante la guerra. L'altro invece si chiama Jacopo Linussio, antenato di un omonimo nobile di Tolmezzo, è il fondatore di una fabbrica di sci, chiamata Lamborghini, ed è la persona più vecchia ad aver scalato il Cervino di sempre, a 85 anni.

Però il disco non parla esattamente di montagna, se non in qualche riferimento sparso.

Mi piaceva molto la metafora dello sci. La Pista nera è la pista più ripida di un impianto sciistico. Per me era interpretabile sia come discesa a livello storico-politico, sia come anche velocità musicale. visto che è il nostro disco più veloce, più spinto.

Tu scii?

Ho sciato tanto da piccolo perché mio papà e mie zia erano tutti maestri di sci all'epoca. Non vado da nove anni, perché mi viene una depressione mortale e non nevica più. Non è tanto per una questione politica, è che ho dei bei ricordi di quando ero piccolo: non riconoscere il paesaggio mi ammazza.

Prima dicevi che una volta trovata la prima canzone, quella apre la strada al resto del disco. Come hai capito che volevi affrontare il fallimento della società occidentale?

Sapevo che, bene o male, da un po' di tempo stava cuocendo in pentola questo pessimismo che valeva la pena esplorare. Pastafrolla mi è uscita abbastanza così, senza ragionamenti. In generale, per tutti i testi di questo disco ho cercato di non programmarmeli troppo, di non fare tutto il castello che mi ero fatto con quello prima, anche perché le canzoni hanno un piglio che non mi permetteva di essere particolarmente cerebrale. Volevo andare molto più di pancia e dire: "Mi sono svegliato così, sono incazzato, odio tutto".

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Più che pessimista, io avrei detto che è un disco realista.

Allora, qua si aprono le porte del paradiso. Per me è un disco molto pessimista. È proprio il mio obiettivo. Diciamo che è pessimista più che altro è la scelta di parlare di questi temi.

Ci sono un paio di versi che secondo me fotografano la situazione con precisione da cecchino. Su tutti "Governa l'improvvisazione dentro i palazzi del potere, perché non cogli l'occasione?". Com'è nata Piramide?

Non so se hai presente Adam Curtis, è un documentarista della BBC. Lui ha fatto HyperNormalization e tutta una serie di documentari incentrati sul potere, ma soprattutto quello è su come il governo americano non capisse un cazzo di come gestire diverse tensioni dagli anni '70 a oggi. Mi ha molto fatto riflettere sul fatto che a lungo si è vista una certa sacralità nel modo di comunicare della politica, quando poi di fatto è una roba bestiale, è molto più casuale di come ci viene presentato. Tutti quelli che hanno successo oggi sono degli dei del caos. Trump, Bolsonaro, tutta l'alt-right, nuovi fasci, come li vuoi chiamare, comprendono il caos, ci sguazzano dentro, no? Invece i liberali sono rimasti indietro, perché continuano a reggersi un po' su questa sacralità, su questo rispetto delle istituzioni. Ma alla gente non frega un cazzo, nessuno ha più voglia di conservare quel mondo lì. Vogliono tutti quanti vedere andare a fuoco tutto e questi personaggi danno alla gente un'opportunità di farlo.

Con le nomine di Trump sembra che tu ci abbia visto lungo. Così come si dice che abbiano previsto tutto i Simpson, che tu citi chiaramente in Kent Brockman. Quanto sono stati un'influenza?

In questi anni mi sono riguardato tutte le stagioni, dalla 1 alla 8. Sono una Bibbia proprio, personale. Quella roba è invecchiata benissimo. È stata abbastanza un'ispirazione, anche in Pastafrolla, per esempio: c'è questa puntata dove i mafiosi vincono l'appalto per costruire la scuola e la fanno con i cracker, che a un certo punto proprio si scioglie.

Post Nebbia
Post Nebbia

Nei vostri dischi mettete sempre degli easter egg pescati da internet. Leonardo, il ragazzino che viene chiamato all'inizio del disco, è tra questi?

Il brano era nato come strumentale, serviva un espediente narrativo per farlo funzionare, io non riuscivo a trovarlo. È stato Giulio a suggerire sta roba. Quando vai a sciare, così come quando vai in spiaggia, agli altoparlanti chiamano sempre qualche bambino che si perde, no? Quindi ho avuto quest'idea. Non c'è un motivo dietro al nome Leonardo. Per realizzarlo abbiamo chiesto a Novak (discografico del gruppo, ndr) di far registrare ai propri parenti di Feltre, quindi con l'accento veneto di montagna, il testo. Nell'arco di mezz'ora mi ha mandato 10 audio. Quindi no, non è campionato questo giro.

Sei sempre stato molto critico verso Milano (comprensibilmente). In Statonatura sei riuscito a tirare in ballo tre università in un verso solo: Bicocca, Bocconi, Cattolica. Da dove nasce sto sfogo?

Non ci ho pensato molto a fare i nomi, alla fine li ho fatti. Non aveva senso far uscire questo disco autocensurandosi, alla fine è un rant. Non ho assolutamente nulla contro gli studenti della Bocconi, della Cattolica e della Bicocca, è soltanto un po' di fame di Apocalisse. Era un periodo in cui non ne potevo più di sentire parlare di bitcoin e crypto in generale: ogni volta che suonavamo arrivava qualche bocconiano a proporci qualche sistema strano per fare soldi con gli NFT. È un inferno quella roba lì, un ulteriore passo verso un ipercapitalismo, trovo che sia un modo per continuare a consumare un mondo esausto di risorse. Qualcosa di così sofisticato che non mi può non venire voglia di vedere sta gente che si sbrana tra di loro per sopravvivere. È il tentativo di abbassare tutto al livello più basilare possibile solo per il fastidio che mi provoca, in una maniera poi totalmente superficiale.

Visto che siamo entrati nel discorso dell'anticapitalismo: Guccini aveva La locomotiva, tu hai Lingotto

Ho preso molti treni l'anno scorso, ogni volta che passo a Milano sale qualcuno che è al telefono per un'ora e lo trovo molto irrispettoso nei confronti di chi è sul vagone. Quindi ho scritto un pezzo per lamentarmene (ride, ndr).

Secondo te di Milano cosa dovremmo farne?

Un gigantesco cratere pieno di fiamme (ride, ndr). Adesso tu lo metterai come titolo dell'articolo per farmi fare una figura di merda!

Post Nebbia
Post Nebbia

Chi ti ha ispirato di più in questo nuovo disco? Sicuramente ci ho sentito i Can di Tago Mago in Io non lo so...

Ci hai beccato subito... lì la batteria l'abbiamo proprio presa da quel disco. Poi mi sono buttato ad ascoltare roba un po' più angolare, come Talking Heads, Gang of Four. Dopo aver fatto il disco ho ascoltato un botto di uno più affine: Three Bells di Ty Segall, uscito quest'anno, quello dei Thee Oh Sees uscito da un paio di mesi. Diciamo che ho cercato di impormi di fare meno accordi possibile, ho cercato di non scrivere pezzi troppo armonicamente complicati e puntare più sui riff. Lo volevo fare da un po'. Ho molti dischi di più di quando ero ragazzino così. Poi stando in Dischi Sotterranei sto diventando sempre più chitarra-centrico: artisti come Vale (Visconti, ndr) o TA GA DA mi hanno influenzato molto nel dire "voglio divertirmi così anche io".

C'è speranza?

Assolutamente sì. "Pessimismo dell'intelligenza, ottimismo della volontà". Non bisogna raccontarsi cazzate: è evidente che noi siamo nati con un parametro di come deve andare la tua vita e quel parametro non esiste più, ogni anno diventa meno realistico. Però questo non vuol dire che non si possa spaccare tutto, bisogna avere volontà di lottare. Avere la pretesa di vivere senza farlo è irrealistico ed è legato a un periodo molto breve dell'umanità, ossia quello da cui siamo venuti fuori.

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L'articolo Per i Post Nebbia ora è tutto in discesa di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2024-11-22 10:00:00

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