Un locale ancora vuoto, con le luci accese, i posaceneri non pieni, le sedie girate. È qui, al Container San Lorenzo che mi incontro con Beatrice, in arte Bipuntato, dopo una discreta corsa per prendere il tram sicura di fare come al solito tardi per colpa del traffico, in una strada del quartiere che di notte diventa sempre il più popolato di tutta la città, tra università, studenti fuori sede e drink a basso costo.
Ci sediamo su un divano, all’interno di una piccola sala isolata rispetto al resto dell’ambiente, dove già il fonico ha iniziato a fare delle prove per il dj set che animerà la serata e che vedrà alla consolle proprio Bipuntato. Qualcuno si chiederà, giustamente, perché siamo qui, quando le saracinesche in giro sono ancora chiuse ed il sole non è tramontato: siamo insieme per parlare di Cose sparse, il suo secondo album, nato dopo due anni poco divertenti per tutti. Il primo disco aveva visto la luce il 6 Marzo del 2020 ma è stato bloccato alla nascita, dalla fine del mondo per come lo conoscevamo, per dirla come i R.E.M., che però a differenza delle più rosee previsioni di Michael Stipe non ci ha fatto sentire poi così tanto bene.
“Il fatto che Maltempo, il mio primo disco, sia uscito proprio in quei giorni è qualcosa che fa troppo ridere per rimanerci male”, mi dice Beatrice sorridendo, cominciando subito a sciogliersi. “È stato brutto, inaspettato, avevamo tantissime date dove suonare. Le cose nel frattempo sono cambiate, è inevitabile riportare il periodo storico che abbiamo vissuto dentro un aspetto creativo. Il dover restare separati, sentirsi senza vedersi, è una situazione che ti fa tornare nei ricordi, alla famiglia, alla casa, ed infatti questo album parla molto di situazioni familiari. All’interno del mio disco ci sono dei brani che ho scritto ormai due anni fa, per questo lo considero più una raccolta, dove inevitabilmente è presente molto del periodo complesso che tutti stiamo vivendo”.
Prima di entrare dentro il vivo del suo nuovo lavoro, però, il discorso ricade sull’evocativo nome del suo album, Cose sparse, in grado di trasmettere da subito un’idea di moltitudine, un concetto centrale all’interno delle canzoni che lo compongono. “In questo lavoro ci sono molti riferimenti ad oggetti concreti, compresi tutti quelli che ci lasciamo dietro. In Salvia dico: 'I limiti, hai detto, sono il trasloco che non hai mai fatto', evidenziando questo particolare rapporto con le cose che abbandoni nel mondo, tra locali, case, stanze di quando eri piccolo, appartamenti dove hai convissuto. Lasci la tua testimonianza”. Con questo disco, però, il salto nel passato di Bipuntato la porta anche ad indagare specifici rapporti, perché tra i versi delle canzoni racconta anche “...la situazione complicata che ho con mia sorella, e di tutto quello che è stato lasciato in sospeso, che non è mai stato approfondito”.
L’album, dalle sonorità non omogenee, è stato pensato come fosse un condominio in miniatura: “Siamo individui unici, ma dentro di noi ci sono tanti appartamenti, come se fossimo grandi palazzi in cui ogni stanza rappresenta un aspetto diverso delle nostre personalità”. Un concetto che si ricollega anche all’impostazione delle compilation personalizzate, dove: “Si potevano trovare tracklist con qualsiasi cosa, dal metal a Britney Spears. La matrice era la persona che la faceva e che riportava il suo mondo all’interno di quel cd. Come in Cose sparse, il no sense è solo apparente, perché il senso è chi l’ha fatto”.
Rispetto alla prima parte della carriera musicale di Beatrice, dove si trovano molti feat, soprattutto con Carl Brave (ad esempio in Scusa o I peggio casini), Cose sparse porta avanti un cambiamento già iniziato in Maltempo; il nuovo disco vede solo una collaborazione con Mèsa. “Il secondo disco è sempre molto complicato. Volevo far vedere questa parte di me più matura e mettermi a nudo, allo scoperto, da sola. L’unico feat è in Via Sicilia, con Mèsa, che stimo tantissimo. Quando ho scritto la canzone, l’ho trovata subito adatta ad una voce femminile, ed ho deciso di scrivere a Federica; le nostre voci si incastrano bene. Mi piaceva l’idea di far raccontare questo brano a due persone, come se una fosse esterna, una spettatrice. È un pezzo che parla di un modo diverso di amare. Quando non ti insegnano l’amore da piccolo pensi che amare corrisponda a lottare, ma con il tempo ti rendi conto che non è sempre così giusto”.
Il secondo singolo uscito in queste settimane per anticipare l’album è A largo, con cui in realtà il rapporto è stato conflittuale, passato attraverso diverse fasi, da un iniziale convinzione alla crisi, fino alla scelta di lasciarlo nel mondo. “Io ho sempre avuto paura di stare a largo, nell’acqua alta: ci vado solo se accompagnata, altrimenti sono terrorizzata!”, mi dice mentre ride, anche perché si è trovata a parlare con un’altra persona che condivide del tutto le sue ansie. Poi continua spiegando il ritornello: “Mi sono detta: 'sai che c’è? Tutte le mie ansie le metto lì, lontane, tanto non ci vado'. Tutte le paranoie, le paure, che tornano spesso nel disco, provo a lasciarle andare in mare aperto, anche per non finire ad identificarmi del tutto con loro”.
Il vero collegamento tra i brani, però, è la tematica del viaggio, che torna continuamente insieme ad immagini marittime. Possiamo immaginare Cose sparse come una lunga playlist da lasciar scorrere mentre siamo in macchina o in treno, spostandoci di città in città, come ha fatto Bipuntato per dieci anni: “Me ne sono andata presto da Roma, spostandomi tra qui e Pescara. Mia madre ha sempre viaggiato, e per me è stato normale non essere del tutto stabile, non è difficile per me cambiare luogo. Anche se ora sono a Roma so che andrò comunque a finire da un’altra parte”. Il viaggio però tornerà anche nei suoi prossimi lavori, mi anticipa, che “...esprimeranno in modo più chiaro la direzione musicale che voglio prendere: se Maltempo era la tesi e Cose sparse l’antitesi, con cui sono riuscita a scavare anche dentro tematiche che di solito non mi va di trattare, prossimamente riuscirò anche a trovare la sintesi, ne sono sicura. Il live che porterò ora, invece, sarà contraddittorio, unendo le anime molto differenti dei due album”.
Mentre ci avviamo alla fine della conversazione, Bipuntato mi racconta di un’altra delle ramificazioni del suo progetto musicale. Curiosando tra gli eventi nei locali di Roma, infatti, il nome di Bipuntato come dj appare sempre più spesso. “Io ho un grande rispetto per i dj. A 24 anni mi sono appassionata all’hip-hop, ma già nell’adolescenza ho avuto la fortuna di vivere la parte finale del rap underground. Poco dopo ho cominciato a capire quanto i dj fossero importanti, anche a livello storico. Ho iniziato a fare dei tentativi un paio d’anni prima della pandemia, ma sono ancora abbastanza acerba. Qualcuno direbbe che tra sei mesi già potrei farcela, io direi almeno un anno”. “Forse anche tre anni”, dice Pepe Carpitella ridendo, nome centrale come dj nelle serate romane, presente nella stanza con noi. “È stato proprio lui ad avvicinarmi a questo mondo”, dice Beatrice indicandolo. “Mi ha chiamata chiedendomi di fare una serata. Ho pensato che al massimo mi sarei schiantata e nessuno mi avrebbe più contattata, ma volevo provare, altrimenti sarei rimasta con questo pallino”.
Dopo avermi spiegato la scelta di inserire una parte di un monologo di Woody Allen in Lunedì, brano strumentale, perché come lui molto autoironica, il Container si prepara ad aprire, per poi popolarsi lentamente. Arriva per Bipuntato il momento di prendere possesso della consolle, ed intorno a me nel giro di neanche venti minuti metà delle persone arrivate per fare un tranquillo aperitivo al tavolo si è ritrovata a ballare in pista tutti i successi degli ultimi trent’anni, dal pop all’r&b. A occhio ci vorrà meno di un anno per approfondire anche questa strada, una delle tante percorse da Beatrice, e di certo neanche l’ultima con cui si metterà in gioco.
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L'articolo Le pulizie di primavera di Bipuntato di LucreziaLauteri è apparso su Rockit.it il 2022-04-14 11:16:00
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