Fred De Palma non ha nulla del rapper: non ha il look giusto, non ha la stessa paura degli altri nel definirsi ignorante, non ha nemmeno paura di dire che gli piace French Montana, per dire. Ignorante is the new tamarro e Fred non ha paura di cavalcare questa puledra, a costo di diventare il centro rosso sangue del bersaglio di critiche e censure. Un po' Joker, un po' Renato Pozzetto: che l'ignorante non passi mai di moda perché non è di moda mai?
Partiamo dal titolo del tuo disco di debutto, “Lettera al successo”. Appena l'ho letto ho pensato: “non potrà mai starmi simpatico uno che alla mia età ha già tutta questa confidenza con il successo.”
Bene.
Poi ascoltando il pezzo omonimo si capisce che si parla d'altro: più che un amico, il successo è una strada piena di dubbi. Cosa ti fa paura del successo?
Io ho scritto quel pezzo in un momento in cui pensavo che forse non ce l'avrei mai fatta, era più un pezzo di sfogo. Anche quando Marracash e Roccia Music mi han proposto di far parte di questo collettivo ho deciso comunque di chiamare l'album così e di mettere quel pezzo nel progetto perché rimaneva comunque il pezzo più rappresentativo. Ecco, può essere considerato arrogante, in realtà è un'analisi del non-successo invece che del successo.
Anche in “Para all night” affronti lo stesso tema, nonostante il beat da club le liriche ripropongono le stesse ansie...
Si, è giusto. Infatti tutto quello che volevo trasmettere in “Para all night”, come tutto il disco, è realmente autobiografico, questo pezzo è molto storytelling dove racconto cosa faccio io, le mie perplessità, le mie paure e i miei sogni. È un pezzo abbastanza divertente, senza andare nel tragico, diciamo che “Para all night” è la versione divertente di “Lettera al successo”
Paura del successo, ma i tuoi fan hanno già un nome, i brasa. Non fa un po' boyband?
Mah, in realtà non è che ho chiamato i miei fan brasa, brasa è un termine che ho coniato io quando ho iniziato a fare rap, sai per non dire bro, zio, fra, che lo dicevano tutti. lo dicevo brasa perché a Torino, nel mio quartiere per chiamarci tra di noi chi chiamiamo brasato, che vuol dire bruciato, quindi poi è rimasto... Poi se i miei fan si identificano in brasa, bella, vuol dire che questo termine ha funzionato!
Sei ancora all'inizio della tua carriera e già parli di declino e cambiamento. Il successo cambia le persone e tu non puoi pensare di passare attraverso quel fiume senza cambiare. Fatti una promessa: se diventassi un rapper di successo cosa prometti di mantenere di oggi?
Credo comunque che non cambierei, secondo me chi cambia è chi ce l'ha fatta subito, chi ha un percorso di crescita è più difficile che rinneghi tutto quello che ha fatto, almeno per quanto mi riguarda, quindi non credo che non cambierei niente. Credo che rimarrei come sono, magari sarei più felice (ride, NdA), sicuramente.
Cosa significa per te fare un album per la Roccia Music?
Non so come descriverlo, è una cosa molto figa, sono cresciuto ascoltando Marracash, i Co Sang, quindi Luchè, è normale che sia una roba figa per me. Nel disco mi sono particolarmente impegnato cercando una mia identità che potesse essere anche compatibile con la Roccia Music. All'interno della crew siamo tutti molto diversi, ma siamo tutti legati da un filo artistico comune, cerchiamo di mantenere uno stile molto alto, che comunque in Italia non c'è secondo me... La maggior parte dei rapper che escono adesso non hanno niente da dire e si appoggiano ad un pubblico un po' baby.
E tu cosa pensi di dare in più?
Non penso di dare in più rispetto agli altri, penso solo che.... Io sono un patito, un maniaco delle rime, quello che do io sicuramente è cercare di fare rime che nessuno ha ancora fatto e cercare comunque delle melodie nuove, magari che si ispirano di più al panorama americano che a quello italiano.
"Lettera al successo" esce all'inizio dell'estate e come sai siamo sempre in cerca di tormentone. Uno ce l'hai già: su Youtube non si fa in tempo a scrivere “Rodeo” che subito esce il video girato con Gué e Rocco Siffredi. Date le reazioni, ti va di fare chiarezza? Partiamo dalla canzone: beat picchiato da strip club e testo facilmente volgare, ti faccio le ovaie alla coque è piuttosto forte...
È divertente (ride, NdA).
È il classico esempio di canzone dove l'umorismo surclassa il talento, come è nata?
“Rodeo” è nato in un periodo dove veramente facevo il rodeo. Ti spiego. Ogni pezzo del mio disco è stato creato su una storia vera, non c'è niente di inventato. Ho scritto “Rodeo”, perché è quello che vedevo intorno a me. Per me è una canzone molto divertente, ma ho visto che la gente che se l'è presa, cioè... ho letto cose incredibili: sulla donna... robe assurde. Il sabato sera vedo solo ragazzi che cercano di scopare, sinceramente, che bevono vanno in giro e cercano di trovare una ragazza, non è che uno deve stupirsi o scandalizzarsi del nulla. Poi a un certo punto diventa anche romantico, quando prende in giro quei ragazzi fidanzati che quando escono si scordano di avere una fidanzata a casa. Ci provano con tutte, poi arrivano le tre e provano a chiamarla, poi staccano il telefono e continuano il loro rodeo... È quello lì il messaggio del pezzo, e comunque è una cosa vera. Poi magari ho frequentato gente poco normale, cosa vuoi che ti dica.
Quindi, per come me lo stai spiegando adesso sembra più un pezzo che sfotte tutti quei maschi che fanno gli splendidi il sabato sera.
Esatto! Poi, per uno che ascolta il pezzo e si indigna perché dico figa, o che cavalco le vacche pazze, è normale che non ci arrivi, il livello di ascoltatori del rap in Italia è già molto basso. Poi però si ascoltano i pezzi americani e non sanno manco cosa dicono ma si gasano quando lo stesso.
Sì, al di là del pezzo penso che questo dica anche qualcosa su come si ascolta il rap. Parliamo del video con Guè e un fantastico Rocco Siffredi. La combinazione canzone e video mi ricorda “Birthday Song” di 2 Chainz e Kayne West...
Esatto, brava! Riprende un po' quel tema americano di “Birthday song”, il video e il pezzo azzeccato per la situazione. L'America non si è scandalizzata per quel pezzo, anzi, penso abbia fatto 50 milioni di visite.
Dalle ragazze di “Rodeo” alla ballerina di pole-dance di “Carillon”, fino al tuo verso più romantico in “Conto i passi”: quest'album parla tanto della tua relazione con le donne.
Quattro pezzi parlano di ragazze, e sono uno diverso dall'altro. “Sparirò” è un pezzo che parla di una coppia che si lascia, è molto dettagliata, c'è una descrizione molto da vicino. In “Conto i passi” è uno sfogo generale, non è solo d'amore è anche proprio un'analisi di quello che mi circonda. Invece “Carillon” è la storia di io che entro in uno strip club e da ubriaco mi innamoro di questa stripper, poi torno a casa e capisco che non è vero niente. Sono tutte delle mini storie che ho vissuto.
Tu adesso abiti ancora a Toro o a Milano?
Torino.
Milano da più visibilità, gli eventi e gli incontri sono tutti qui, ma Torino è una città che ha sfornato gruppi e festival musicali. Che influenze musicali ti ha regalato la tua città?
Ma guarda, il mio rapporto con Torino è nato male: due o tre anni fa facevo le prime gare di free style e sotto il palco mi guardavano male, stavano zitti, perché il mio modo di vestire e di essere non era compatibile con la loro idea di hip hop puro che andavano a professare in giro. Poi col tempo mi son fatto conoscere e chi era scettico si è ricreduto. Adesso comunque vado d'accordo con tutti. Una grande influenza è stata Ensi, e penso valga per la maggior parte dei free styler della nuova generazione.
Altre influenze non te ne ha date? Ascolti solo rap?
Non solo rap, ascolto un po' di tutto, però quando ho iniziato ascoltavo Marracash, i Club Dogo, ho iniziato a capire che il rap italiano era una roba figa perché parlava di quello che vivevo tutti i giorni. Era un rap incazzato, parlava di amici, di panche, di canne...
Tifi Toro o Juve?
Juve!
Conosci Willie Peyote? il rapper torinese, celebre per il pezzo sul difensore polacco del Torino Glik?
Conosco Willie, ci siamo beccati in giro, e conosco alcuni dei suoi pezzi ma questo no.
Ah peccato, è un pezzo piuttosto hardcore che parla anche della eterna sfida Torino Juventus...
Lo andrò a cercare.
Come sulla cover dell'album, nei testi si trovano due Fred De Palma: da una parte il baller antipatico che insulta i flow altrui, dall'altra un ragazzo che a casa pensa a come indossare la maschera dell'antipatico sul palco. Ci dai una definizione di quello che sei realmente?
In realtà mostro le due facce che esistono, Fred De Palma e Federico, due persone che condividono lo stesso corpo e la stessa testa. E' normale che i pezzi più aggressivi siano quelli da Fred De Palma, mentre quelli più introspettivi sono più da Federico, parlano di me, di quello che vivo ogni giorno da quando mi sveglio a quando vado a dormire. Ovviamente il segreto è non far prendere il sopravvento a nessuna delle due parti per mantenere un equilibrio.
Roccia Music è famosa per saper captare bene le tendenze di un sound decisamente molto americano: baracconi quando serve, pop o più picchiati e lo fate bene. Ecco, come sound "Lettera al successo" mi riporta alla mente ovviamente tutti cattivi ragazzi: Rick Ross, Lil Wayne, French Montana e nelle velature più morbide anche Chris Brown. Ci ho azzeccato?
Guarda, io sono fan di Drake, Tiga, Juicy J, 2Chainz, ma sono megafan anche di Kanye, però mi piacciono di più gli “ignoranti” nel senso buono del termine. Anche negli ascolti ho una parte più riflessiva e una più ignorante, infatti scrivo proprio entrambe le cose: dal pezzo più ignorante della storia al pezzo più conscious.
In "Notte da cafoni" e "Fino alle sei" mostri quanto sei spaccone e duro, ma non vi siete un po' stancati di questa storia che il rapper deve fare brutto?
No ma io non voglio fare il rapper duro, o pericoloso, assolutamente anche perché non sono così. Quelli sono pezzi da festa, parlo di sfottere gli altri per autocelebrarmi... Sono pezzi fine a se stessi, però mi piace un botto farli quindi li faccio.
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L'articolo Fred De Palma - Magari sono io che frequento gente poco normale di Elena Mariani è apparso su Rockit.it il 2014-07-07 14:16:00
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