(Gli Amycanbe - Foto da internet)
Con grande ritardo l'Italia si è accorta degli Amycanbe. La causa principale è legata al fatto che il loro ultimo album - il bellissimo "Being a Grown-Up Sure Is Complicated" - è uscito per la londinese Dancing Turtle e non è mai stato distribuito nel Belpaese. Uno dei migliori gruppi del momento. Nur Al Habash ha incontrato Francesca Amati.
A distanza di qualche anno dal vostro bellissimo "Yellow suite Ep", esce il nuovo album, "Being a Grown Up Sure Is Complicated". Etichetta: Dancing Turtle, Gran Bretagna. Perché questa scelta di puntare subito all'estero?
Be', in realtà semplicemente perché sono stati i primi ad averci risposto e ad averci fatto un'offerta!
Quindi non è vero che avete totalmente snobbato le etichette italiane, in qualche modo ci avevate provato...
Si si, ci abbiamo provato. Solo che poi abbiamo incontrato questo William, che è una persona incredibile. Lui ci ha presentato un suo amico che di cuore ha deciso di investire parte del suo denaro su di noi. Così è diventato il nostro manager, anche se in realtà non ha esperienza, però si sbatte tantissimo! Ha mandato un sacco di dischi e comunicati a chiunque, ci ha fatti conoscere in Inghilterra...
So che a breve suonerete ad una grande festa a Londra...
Si! Abbiamo questa grande possibilità di suonare in Inghilterra, e così abbiamo conosciuto molte persone, trovato contatti. Ci hanno invitato a questa festa fighissima e non potevamo dir di no.
Sembra quasi che all'uscita del vostro disco abbiate fatto molta più promozione in U.k. che in Italia.
Inevitabilmente. Non avendo un distributore in Italia ma solo in Inghilterra, lì siamo riusciti a gestire bene un bel tour pieno, cosa che in Italia è sempre più faticoso. Noi lavoriamo tutti, e come molti musicisti per suonare dobbiamo prendere le ferie. Così capisci, suonare una volta a settimana in parti diverse d'Italia diventa molto difficile. In Inghilterra invece riusciamo a concentrare tutto in dieci giorni in cui ci devastiamo totalmente...
Avete registrato delle sessions per la BBC. Che rapporto avete invece con le radio italiane? Avete ricevuto supporto?
Se escludiamo Polaroid a Radio Città del Capo a Bologna e pochi altri, direi di no. E' che in Italia sembra essere tutto più rallentato. I dischi, chiaramente, non si vendono più tanto, siamo in una strana fase di passaggio. In Inghilterra invece internet in questo senso ha un grande ruolo: la gente utilizza moltissimo Amazon per comprare la musica, o utilizza direttamente il sito dell'artista.
In Italia è come se ci fosse ancora uno scoglio. In ogni caso, la nostra fortuna rimane la vendita diretta. Dopo i concerti vendiamo sempre un sacco di cd, e quella è la cosa importante, perché oramai nei negozi non si trovano dischi di gruppi emergenti. E anche se ci sono, è difficile che li si compri a scatola chiusa.
Sempre parlando dell'Italia, chi vi ha supportato di più, e chi di meno?
Di sicuro non abbiamo avuto moltissimo supporto da webzines o siti specializzati. Però per fortuna il nostro pubblico, nonostante tutto, sta crescendo a dismisura, ogni volta che suoniamo ci sono sempre più persone. Ci siamo ritrovati ad aprire i concerti di artisti completamente diversi da noi come Skin o i Sophia, e sorprendentemente la gente che era lì è poi ritornata a sentirci in altre occasioni. Questo vuol dire che a livello puramente umano, quando la gente ci viene a sentire poi ha voglia di ritornare, ed è quello l'importante.
Avete mai pensato di scrivere qualche pezzo in italiano?
No. Perché i testi li scrivo io, e con l'italiano ho uno scoglio incredibile. Per me sarebbe come suonare un altro strumento, come se chiedessi ad un violinista di suonare la batteria! Mi diverto di più, faccio più errori, sono contenta e gioco di più con la lingua. L'italiano mi sembra pesante, e il mio modo di utilizzare la voce cambia incredibilmente.
"Being A grown Up Sure Is Complicated". Un disco dal titolo emblematico. La copertina del cd e in generale tutta la vostra immagine è piena di illustrazioni di bambini che giocano, saltano la corda, dondolano sull'altalena, fanno fotografie. Che significato ha l'infanzia per gli Amycanbe?
Di fatto, abbiamo voglia di crescere, ma senza dimenticare la parte giocosa della vita, soprattutto nel suonare. Questo non vuol dire che portiamo avanti il nostro lavoro in modo poco serio, però c'è quell'attitudine giocosa che vogliamo assolutamente mantenere. Per il titolo, mi ricordo che stavo leggendo un fumetto, e nell'ultima scena c'era questo tizio che sospirando diceva "Being a grown up sure is complicated!" e così ho pensato: "Perfetto! è la filosofia degli Amycanbe!". L'immagine comunque è curata tutta da Marco, e lui ha questo modo assolutamente genuino di mettere insieme le cose, e così...
Ricordo che anche il packaging e la copertina del primo Ep entusiasmò non pochi ascoltatori.
La copertina dell'Ep era un suo lenzuolo di casa! Ha scansionato il lenzuolo su cui dormiva...
L'Ep infatti aveva queste atmosfere casalinghe e forse anche un po' low-fi che poi, nel disco, sono state abbandonate. C'è stato un cambio di rotta che si è avvertito abbastanza. Suoni forse un po' più freddi (c'è un sacco di elettronica in più), più malinconici e in alcuni casi anche molto più rock. Cambio voluto, dovuto solo alla distanza di tempo, o alla produzione di Mario Thaler (Notwist, Lali Puna, Ms John Soda)?
Secondo me un po' entrambe le cose. Crescendo, abbiamo avuto voglia di spaziare, entrare in dei mondi più ampi di quelli della nostra cameretta. Il primo Ep fu registrato a casa di amici su bobina, e per questo ha un suono molto diverso, più caldo. Invece con Mario è stata tutta un'altra cosa. Lui è estremamente professionale, ed inevitabilmente anche i suoni sono cambiati. Per il primo disco eravamo proprio orientati verso un'esperienza come questa, e lui ha risposto entusiasta ed è andato tutto benissimo. Abbiamo registrato in Germania e ci siamo trovati meravigliosamente, perché Mario è come noi, un bambinone assoluto, è una persona adorabile che ci ha fatto sentire a casa nostra anche lì. Per esempio, quando io ho registrato le voci mi ha messo a mio agio spegnendo tutte le luci e circondandomi di tubi luminosi, un'atmosfera bellissima...
Nell'Ep la tromba era uno strumento che risaltava moltissimo, nel disco invece sembra quasi che l'abbiate messa più in sordina. Perché? Forse l'immaginario un po' retrò della tromba strideva con l'elettronica?
No. Semplicemente Paolo questa volta ha utilizzato di più il clarino, poi suona anche la chitarra, e le tastiere. Un po' tutti suoniamo tutto, e quindi è stato assolutamente un cambio casuale e non voluto. Anzi, io la tromba la metterei in tutti i pezzi.
Nelle canzoni c'è questo piglio jazz che scivola sotto pelle pian pianino, anche grazie alla tua voce caldissima e suadente. Ascoltate molto jazz?
Si, assolutamente. Ascoltiamo sia jazz che blues, ma anche tanta altra roba. Ognuno chiaramente ha i suoi gusti, anche molto diversi. C'è chi è più orientato verso l'elettronica, chi verso la musica vecchio stile. Io poi ho una passione per la musica femminile, tutta. E' uno dei tanti modi in cui ho imparato l'inglese. Ho vissuto per un anno e mezzo negli Stati Uniti, avevo degli amici fuori di testa e dovevo stargli dietro in qualche modo. Avevo un furgone Volkswagen e giravamo l'America, ho incontrato tanti musicisti e lì ho imparato a mettere insieme la musica e l'inglese. Poi a Ravenna ho incontrato Andrea dei Comaneci e ho iniziato a suonare con lui, e Marco e Mattia degli Amycanbe sono venuti a sentirci e mi hanno proposto di iniziare un nuovo progetto. Io non ho potuto proprio rifiutare, e ho iniziato a cantare in entrambi i gruppi contemporaneamente...
Ecco, non ci sono conflitti tra le due band? Sia a livello artistico che logistico.
No, assolutamente no. Riusciamo perfettamente a far combaciare i due progetti, anche se faccio dei tour de force allucinanti.
Quando scrivi i testi riesci a distinguere le due diverse situazioni?
Si, certo. Per me sono due cose completamente diverse, anche perché il loro modo di suonare, il loro approccio alla musica è differente.
Non a caso due band come gli Amycanbe e i Comaneci sono nate nello stesso contesto, quello dell'Emilia Romagna. Negli ultimi anni c'è stata una vera e propria esplosione per quando riguarda le produzioni pop nella vostra regione. Riesci a pensare ad un motivo per questa floridezza? C'è l'amministrazione comunale che eroga fondi a profusione come in Svezia?
Un motivo che riesco a pensare come decisivo è che ci sono gli spazi per fare musica, per suonare e per provare. C'è gente che ha voglia di costruire una qualche scena musicale. Poi è chiaro che comunque non è abbastanza, ci sono pochi soldi, poca voglia di investire. Però almeno c'è curiosità per i gruppi emergenti, ci si conosce tutti e si creano anche collaborazioni interessanti.
Avete trovato lo stesso clima anche in Inghilterra?
No, in realtà. Lì c'è molta più competizione, più business. C'è tantissima roba, noi ci siamo ritrovati a suonare in serate dove suonavano otto gruppi diversi, dal metal al folk al rap. E' molto interessante perché il pubblico è misto, e non è a compartimenti stagni come in Italia, che è una cosa che io non amo molto.
Allora si riesce a tirare su un po' di soldi suonando nel Regno Unito?
No, in quello è uguale all'Italia! Però magari anche se ti ritrovi a suonare nel locale più brutto di Londra, c'è comunque un impianto da far paura. Qui invece a volte ti chiamano chiedendoti di portarti da casa il mixer e le casse!
Avete in cantiere un nuovo album?
I pezzi nuovi stanno arrivando, con il ritmo dovuto. Visto che siamo sempre in tour non c'è molto tempo per comporre. Però ultimamente abbiamo fatto un lavoro molto bello per il festival Assalti al cuore a Rimini. Avevamo questo testo di Gertrude Stein su cui lavorare, e ci siamo divertiti tantissimo. Da quella esperienza sono nati molti pezzi nuovi che vanno in moltissime direzioni. Io suono anche la batteria che è sempre stato il mio sogno, e anche Paolo e Mattia si stanno sbizzarrendo, ci continuiamo a divertire.
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L'articolo Amycanbe - Roma, 05-07-2008 di Nur Al Habash è apparso su Rockit.it il 2008-07-21 00:00:00
COMMENTI (3)
Piangipane.
Francè sei troppo " on de rouud " !
;-)
triplo woof per gli amycanbe !
:=:=:=