(I Carpacho nella vasca - Foto da internet)
Quando "La fuga dei cervelli" è uscito autoprodotto è stato una specie di fulmine a ciel sereno: Rockit ha subito assegnato il primascelta e ha iniziato a credere che in questa band c'era qualcosa di buono - se non di ottimo. Poi il disco è stato ristampato dalla Sleeping Star - lo hanno presentato ufficialmente alla nostra festa romana di Pensiero Stupendo, lo scorso 28 aprile - e tutti si sono accorti di loro. I Carpacho sono uno dei nomi indie più chiacchierati del momento. Sara Scheggia li ha intervistati.
Chi sono i Carpacho? Non mi propinate la solita storia del comunicato stampa che mandate in giro, quella del live in radio improvvisato.
Little P: E’ così. Sennò inventatela tu una storia fichissima e poi scrivila. Meglio per te e per noi. (Breve momento di gelo. Risate, NdI)
Dai, seri.
L: Isidoro è arrivato per ultimo, l’abbiamo trovato in un centro sociale che suonava in un’orchestrina jazz. Rimpiazzò il nostro vecchio batterista, che aveva deciso di andare in Sudamerica dopo essere diventato una star qui in Italia: aveva fatto la pubblicità del Kinder Bueno…
Ma chi? Quale??
Marco: Quello delle nuvolette, che parlava mentre andava in bici; non parliamone troppo che sennò Isidoro si offende. Facciamo, invece, un discorso più biografico. I Carpacho all’inizio erano in tre, e di questi sono rimasto solo io: prima se ne va il bassista e arrivano Little P. e Luca, poi arriva Isidoro, trovato davvero per caso.
L: Io ero un loro fan, li consideravo uno dei migliori gruppi in circolazione (risatine, NdI), ed è stato proprio come è successo a Sid Vicious, che ha coronato il sogno di suonare con i suoi beniamini, i Sex Pistols. Invitai al programma che conducevo su Radio Meridiano 12 (risate soffocate, NdI) il gruppo che esisteva prima dei Carpacho: non mi avevano avvertito che nel frattempo si erano sciolti e, infatti, durante la trasmissione hanno svelato in diretta che si stavano riformando come Carpacho.
Quindi il nome è stato inventato sul momento?
M: No, è frutto di una bella ricerca. Per restare nella testa delle persone o trovi un nome bellissimo oppure uno bruttissimo: Carpacho era veramente brutto, c’eravamo fissati su qualcosa di culinario e ci piaceva il fatto che gli americani quando tentano di parlare italiano, parlano spagnolo.
Vi hanno definiti spesso “stralunati”, “scanzonati”, “divertenti”. Vi ci ritrovate?
M: In realtà le canzoni del disco sono molto serie e, per il lavoro che c’è dietro, “scanzonato” non è l’aggettivo che useremmo. Il gruppo è senza dubbio cazzone, ci presentiamo e ci muoviamo in questo modo, soprattutto dal vivo. Siamo molto giocosi, dei veri cazzoni. Ma il disco è…
...di una tristezza unica, già. Dai, non siete poi così cazzoni: avete anche collaborato con l’Avis.
M: Per quello spot abbiamo messo “C.A.R.P.A.C.H.O.”, ma in versione strumentale. Sarebbe stata fuori contesto.
L: Ci tengo a dire che non c’è nessun messaggio etico dietro a questa cosa. Se ci contattassero per la pubblicità degli assorbenti noi metteremmo la nostra canzone come sottofondo.
E il sangue, l’avete donato?
M: Io non lo posso donare.
L: Neanch’io.
Io nemmeno.
Isidoro: Io bho.
L: Scrivi che siamo tutti malati, mi raccomando.
Parliamo del disco, che è meglio. Prima siete usciti autoprodotti, e ci si chiedeva perché nessuno si era proposto per voi. Ora uscite per Sleeping Star. Mi spiegate gestazione e parto de “La fuga dei cervelli”?
M: Noi eravamo un gruppo Aiuola Dischi. Entrammo in studio tre estati fa ma, dopo una settimana, non soddisfatti dei risultati, decidemmo di prenderci una pausa che durò… due anni, facendo sì che Aiuola, giustamente, ci mollasse. Ci dissero, però, che se avessimo deciso di autoprodurci ed il disco fosse stato buono, magari avrebbero potuto stamparlo. Una volta avute le idee chiare il disco è stato ultimato ma l’accordo non riuscì a concludersi, nonostante i rapporti di amicizia con loro siano rimasti ottimi. Le proposte sono arrivate quando si è chiarita la situazione: abbiamo deciso tra varie offerte, a settembre 2006.
Cambia davvero qualcosa avere un’etichetta dietro?
L: A livello indie non molto, sono pochissime le etichette che vogliono investire. Noi, anche se un po’ stupidi, abbiamo aspettato una proposta concreta, per tentare di iniziare qualcosa di più professionale. Ora, poi, qualcuno si occupa di noi.
M: Non rispondo più io alle mail, per esempio.
E se fosse arrivata una netlabel?
M: Sono arrivate ma se l’alternativa è bassa, quasi ti conviene restare autoprodotto.
L: Il fatto è che, anche in relazione al lavoro che abbiamo fatto, il nostro forse non è un disco propriamente indie. Veniamo da lì, soprattutto per il tipo di ascolti, ma c’è stata la volontà di fare qualcosa di più fruibile.
M: Non ci siamo turati il naso distorcendo l’idea di base, è solo che al momento di scegliere le canzoni abbiamo optato per quelle più… fruibili, appunto.
Dal vivo, però, avete poca esperienza.
I: Da quando ci sono io avremmo fatto circa dieci date.
M: Non ci cerchiamo mai serate: se ci chiamano e ci interessa, andiamo. Fino ad ora abbiamo lavorato sull’aspetto creativo e di composizione.
L: Vorrei ribadirlo: non è che non suoniamo perché siamo incapaci. Per noi era più importante fare un disco.
I: Io vorrei dire una cosa importante, sul come abbiamo iniziato a registrare il disco.
L: Aspetta, magari dopo c’è una domanda!
I: Ma è importante! Due anni fa abbiamo vinto un concorso organizzato dalla Sapienza: in palio c’erano dieci ore di studio, che abbiamo utilizzato iniziando con le batterie. E’ stato un input importante quello di avere la parte più difficile già fatta in studio. Poi una sera siamo partiti per la Slovenia…
M: E lì abbiamo avuto la folgorazione.
Avete suonato in Slovenia?
I: No. Siamo partiti di notte per staccare dal computer.
Certo, uno per staccare parte e va in Slovenia, così.
I: Cercavamo la vecchia tata di Marco, l’abbiamo trovata citofonando a tutte le case di Bossa Draga, un quartiere della capitale: una canzone del disco si chiama così, ti stiamo dando un’esclusiva. Quel viaggio ci ha fatto sentire molto uniti, siamo tornati con una grande motivazione. Little P. non c’era.
M: Ancora non arriva la domanda gossip su quante donne abbiamo?
No. Invece: nessuno vi ha mai detto che “Sensazionale” sembra “Peter Pan” di Ruggeri? (Di nuovo gelo e di nuovo risate, NdI)
L: Un plagio involontario! Non la conosciamo.
M: Ma andò a Sanremo? Non ce l’ha mai detto nessuno, comunque.
Sempre in “Sensazionale” dite che la prima età è quella per rovinarsi il fisico, la seconda è quella in cui…
I: Quella per scegliere.
M: Noi siamo nella seconda. Anche tu, sai? Ti chiamano signorina nei locali, vero?
E dite anche: “non sarò un dandy apatico, ma un bastardo che può credere alle favole”. Qual è la vostra favola preferita?
I: Alice nel Paese delle meraviglie.
M: Ma non è una favola! La mia, il mago Verduricchio. L’ha inventata mia nonna per farmi mangiare le verdure.
L: "XXX" (Titolo incomprensibile che nessuno ha capito, NdI). Una favola…nordica. Dipende anche da che cosa intendi per favola.
Cappuccetto Rosso era troppo semplice. E che mi dite di Roma? Quanta musica c’è?
M: Non c’è molto, ma forse c’è più di prima. La vera scena romana c’è stata verso la metà degli anni ’90, intorno a “Il Locale”: Gazzè, Silvestri… Ora i centri sociali si sono appiattiti intorno ad un solo tipo di musica e ci rimane solo “Il Circolo degli Artisti”, che negli ultimi due anni si è costruito una grande credibilità con una buona programmazione, spingendo gruppi come il nostro, o i Masoko, i Cat Claws, i Mice Cars: qualcosa sta cambiando. Purtroppo, però, per Roma un solo locale così è davvero poco: l’interesse dei romani non è quello di sentire musica dal vivo, siamo una provincia dell’impero. Siamo ancora in pochi a suonare e ci conosciamo tutti, ma mi sembra una fase mediamente positiva. Non c’è scazzo, né gente che si piange addosso. C’è parecchia voglia di fare e i riscontri li vedremo col tempo.
Cervelli: difettosi o in fuga?
M: In fuga perché difettosi. Cioè: cervelli principalmente fuggiti, perché in molti casi erano difettosi. E questa è una risposta seria.
Avete una canzone preferita, tra quelle del disco?
I: Per me “Toilette”.
M: “Maledetto il trucco”.
L: Anche la mia.
M: O forse “Arabesque”.
Ecco, “Arabesque”.
M: Oddio.
Vuoi sorvolare sul pa-pa-pa che ricorda una nota canzone dei TARM?
I: In realtà non la conosciamo. Io non li ho mai ascoltati.
E allora? Che succede ad Arabesque?
M: Niente, niente.
Ok, siete sfuggenti. Comunque potrei anche offendermi, visto che in "Toilette" dite che cercate solo attrici, e per giunta altissime.
I: Colpa di Marco, che è innamorato di Violante Placido. Scrivilo, che magari esce fuori qualcosa.
M: Sì, scrivi anche il mio numero di telefono. No, altissime perché…dà l’idea di ragazze veramente belle. SCUSA. Mi sono permesso, altezza mezza bellezza.
Sfatiamo questo mito. E anche quello degli amori da toilette. D’accordo?
L: Quelli appartengono alla prima età. La metafisica degli amori da toilette è complessa: nella seconda età viene trasfigurata verso…
M: Nella seconda tutti seri. Dai scrivilo che siamo persone per bene.
“Arabesque”, dunque? Non mi dite proprio nulla??
M: No. Spegniamo? Sigaretta?
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L'articolo Carpacho - Roma, 12-04-2007 di Sara Scheggia è apparso su Rockit.it il 2007-05-02 00:00:00
COMMENTI (13)
Corretto..mea culpa. Errore mio.
Ah... allora complimenti all'intervistatrice.
confermo..
certo un po' sfigati lo sono...
in passato una corda, e poi il pc...e poi non danno loro i microfoni...
però, nulla da dire.
:)
...forse sono i Cat Claws...
???
chi sono i get closed?
io al concerto non c'ero, però l'intervista non l'ho mica trovata divertente.
boh, magari rileggendola.. :\
sarò coglione ma almeno ho la dignità di non liquidare la gente con risposte del genere...
ahhhhhhhhhhhhh... ma allora è un coglione conclamato:]!!! mi pareva...
macchè, ancora credi a scarpelli. vado a mangiare le zucchine ripiene a la colombiana. baci a tutti
Davvero siete stati così pessimi??mannaggia, che mi sono persa..ciao carpacci.