Rose Villain ha imparato a usare la katana

E non per uccidere il Bill di turno come Uma Thurman, ma per mostrare le proprie fragilità senza dimenticarsi della propria forza. Come fa in "Radio Sakura", nuovo album con dentro richiami ai samurai, a Eminem, parecchi feat. di peso e pure un po' di dialetto milanese. Ne abbiamo parlato con lei

Rose Villain - foto di Marcello Dino Junior
Rose Villain - foto di Marcello Dino Junior

Se mai Tarantino dovesse cambiare idea e decidesse di realizzare davvero un Kill Bill 3, noi abbiamo un suggerimento per il casting: Rose Villain sarebbe perfetta un ruolo nel film, anche solo un piccolo cameo. Dopo Radio Gotham dello scorso anno, la cantante milanese ha appena pubblicato Radio Sakura, il suo secondo disco, che in copertina la vede di spalle con la schiena nuda e una katana in mano. Il messaggio pare chiaro: occhio a non avvicinarvi troppo.

Noi però non abbiamo resistito dal buttare l'orecchio. Ci abbiamo trovato un disco con tante anime, con il rap che lascia anche spazio a momenti più intimi, elettronica, una sorta di bachata e molti ospiti sulle tracce (Madame, Guè, thasup, Ernia e Bresh). Insomma, vale la pena correre il rischio, così come è valsa la pena di incontrare Rose per chiacchierare con lei del disco.

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Prima e unica domanda che ti farò su Sanremo. Che differenza c’è tra stare su quel palco davanti a quel pubblico e i tuoi live?

Differenza nessuna, perché per me i palchi sono tutti importanti, anche se c’è un pubblico di dieci, dodici persone, io ci tengo davvero tanto, metto l’anima in qualsiasi cosa. Chiaramente il pubblico di Sanremo è molto più difficile, è lì per giudicare, ti votano, ma io non ci ho proprio pensato, e infatti ho avuto zero ansia. È stata una settimana estrema, intensissima, io ero veramente esausta, però mi sono goduta quei tre, quattro minuti sul palco come fosse il mio live in un club. 

Parliamo dei tuoi prossimi live allora. Hai concerti previsti in autunno nei club a Firenze, Padova, Napoli e Milano, ma prima, quest’estate aprirai il concerto dei Coldplay?

Porco giuda, sì! Ecco quel palco lì è un po’ diverso (ride, ndr) a Roma, all’Olimpico, sono molto emozionata al pensiero, ma sai che cosa voglio fare? Voglio che i Coldplay da dietro le quinte si spaventino, voglio che canti tutto lo stadio e che loro dicano: "Azz, adesso noi dobbiamo far divertire tutti allo stesso modo!". Voglio fare un bello show, è un grande onore per me perché loro hanno proprio ascoltato la mia musica e mi hanno scelto.

Hai due bei dischi da portare in giro per l’Italia: da Radio Gotham a Radio Sakura il passaggio è forte. Dov’è Batman ora?

Batman è lì, il primo figlio che è andato al college, con una pedata nel culo; adesso è arrivato il piccolo samurai, anzi la piccola samurai. Perché Hattori Hanzo, titolo della prima traccia, era un grande Samurai del Giappone, c’è anche un richiamo a Kill Bill nella cover, c’è la spada. A me piace il concept della spada nell’arte giapponese; sulla cover del disco io sono nuda, fragile, intima, però ho questa spada pronta a difendermi. Secondo me è anche questo il messaggio del disco: ok, io mi mostro con le mie fragilità e puoi prendermi con le mie fragilità, ma sappi che posso farti un culo così.

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Hattori Hanzo, il primo pezzo, è con Madame, un'intro molto significativa.

Siamo due donne che si rispettano, si amano, si supportano, viene tutto da lì. Secondo me le donne nella musica stanno evolvendo, sono più aperte, stanno funzionando: perché ci supportiamo a vicenda, non c’è competizione. Tra me e lei c’è un rispetto immenso. Questo brano non è un manifesto del femminismo, è un manifesto della vita. Parliamo del mondo, della guerra che non vogliamo fare, la guerra tra di noi e la guerra che c’è nel mondo. C’è veramente tutto questo concept in questo brano, che è poi la finestra sull’album: vedere, cercare della speranza, appigliarsi, tornare a fiorire, come i fiori di ciliegio, questo è. E lei doveva essere la prima, doveva iniziare così.

L’ultimo brano, invece, è Milano almeno tu, una dedica d’amore e non solo a una città molto importante per te. Che rapporto hai con lei?

Milano almeno tu è un brano che ho pronto da qualche anno, l’ho scritto e l’ho tenuto lì, volevo aspettare il momento giusto perché appunto io sto a New York e ho questa cosa di Milano che mi chiama, di me che non voglio andare via; poi io a Milano ho sofferto in passato, è mancata la mia mamma e comunque ho tanti ricordi dolorosi; quindi Milano un po’ è la casa, però è anche dove ho sofferto, quindi scappo e poi torno e lo dico anche nella canzone… però è Milano.

C’è anche una frase in dialetto milanese, difficile da trovare nelle canzoni rispetto ad altri dialetti. Che significato ha per te?

Io amo il dialetto milanese e lo parlo un sacco, volevo proprio inserire una frase in milanese nella canzone. La storia magari è un po’ triste, però in realtà sono felice di averlo fatto: "De Milan ghe n’è vuna ma le l’al sa no", la frase nella canzone, è una cosa che mi ha detto mia nonna, che parlava sempre il milanese ed è la persona che mi ha sempre legato di più a Milano. Lei era proprio la milanese vera ed era una persona esplosiva, era una star. È venuta a mancare poco tempo fa, il giorno di Natale, e lì ho deciso. Ho ritirato fuori questa canzone con la frase che mi aveva detto lei poco tempo prima e l’ho registrata il giorno del suo funerale, mi emoziona molto.

Rose Villain - foto di Marcello Dino Junior
Rose Villain - foto di Marcello Dino Junior

Nel tuo disco ci sono tanti sound: elettronica, rap, una bachata, e tu mostri tante voci e anche qualche bellissimo esercizio di stile, come in Trasparente. Come fai a tenerli tutti insieme?

A me piacciono troppi generi e li esploro tutti. Il brano Trasparente quando stavo chiudendo il disco non c’era. L’ho scritta il giorno della consegna, l’ho registrata in un take, Andy (Sixpm, produttore del disco e marito di Rose, ndr) ha suonato il piano, con mio fratello abbiamo fatto tutti i cori in casa ed eccola nel disco.

Poi c'è Stan: pensavo ti riferissi in qualche modo alla canzone di Eminem, o a quel concetto preciso di fan. È così?

Il concetto sì è quello, ma la mia Stan è più applicata all’amore. E poi Stan è proprio il super fan un po’ ossessivo, no? Adesso però la Gen Z lo usa in maniera positiva, cioè quando sono super fan ti dicono "I stan you", è diventata una cosa positiva. Poi io questo concetto l’ho voluto applicare a una relazione: "ti seguirei dappertutto, mi tatuerei il tuo nome", questa cosa qui. Io quando amo, amo di brutto, cioè io sono proprio Stan, una sottona.

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E poi c’è Hai mai visto piangere un cowboy?. A chi lo rivolgi?

È un invito, con amore, agli uomini intesi come machi, al machismo, un invito al mostrarsi fragili, aprirsi, essere liberi di amare, di essere se stessi.

Chi pensi ascolterà Radio Sakura e cosa speri per questo disco e per te?

Ora mi ascoltano tante donne, tante bambine e tante ragazzine in più rispetto agli inizi e questo mi rende felice. Io spero in generale che tante persone trovino nelle mie storie le loro storie, questo mi auguro tanto perché c’è un po’ di disagio generazionale in questo disco, c’è la lotta, c’è il desiderio di emergere, il desiderio di farsi notare e tanto desiderio di essere amati.

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L'articolo Rose Villain ha imparato a usare la katana di Carlotta Fiandaca è apparso su Rockit.it il 2024-03-08 15:21:00

Tag: album

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