Rose Villain: "Un po' patinata, un po' reietta: io sono Batman"

Anche se per quanto riguarda il gender gap "l'Italia è ai livelli della Thailandia", Rosa Luini sta trovando il suo posto nel nostro rap game. Merito anche di un esordio convincente come "Radio Gotham", che ci racconta in questa chiacchierata

Rose Villain, foto stampa
Rose Villain, foto stampa

Si chiama Radio Gotham, e sono le quattordici tracce con cui Rose Villain ci mostra tutto il suo talento, la sua sincerità, la sua determinazione. Ma non solo, anche i suoi lati più deboli e più oscuri sono svelati, in un disco che ha molte facce e che racconta di tristezza, solitudine, malinconia e allo stesso tempo di desiderio, amore, rivincita e passione. 

Rose Villain è lo pseudonimo di Rosa Luini, classe 1989, milanese di nascita e formazione, ma un po' statunitense per via dei tanti anni trascorsi oltre oceano a studiare e fare musica. Negli scorsi giorni è arrivato il suo disco di debutto e racchiude i suoi singoli più forti e di successo a cui si sono aggiunti altri brani e altri featuring importanti, a sottolineare, se ce ne fosse bisogno, la credibilità dell’artista nella scena urban e non solo. 

L’album è interamente prodotto da Sixpm e l’elenco di collaborazioni parte da Gué (e dalla voce originale di Elvis Presley nel brano Elvis) passando per Tony Effe con cui racconta la notte e le sue tentazioni fino ad arrivare a Salmo, uno dei primi a lanciarla. E poi Carl Brave, Tedua, Geolier e, un po' a sorpresa, Elisa.

Il disco è molto intimo e forte, un saliscendi di sensazioni in cui Rose Villain ci guida prima come una super eroina dark, splendida nella sua macchina di lusso attraverso le sue esperienze, e poi come una donna libera, altrettanto splendida, che ci fa entrare nel suo cuore e nei suoi pensieri attraverso le sue canzoni. L'abbiamo intervistata. 

Foto di Federico Earth
Foto di Federico Earth

In sala d’attesa, prima dell’intervista, c’erano tre riviste con in copertina Sangiovanni, Jake la Furia e Dardust. Come va oggi la situazione gender gap uomini donne nel settore artistico?

Penso che ci siano diverse cose che non vanno, è una impostazione culturale dai tempi dei tempi, purtroppo nella società è ancora inculcato questo pensiero che la donna vale un po’ meno dell’uomo, in Italia siamo ai livelli della Thailandia per quanto riguarda il gender gap. È ancora una strada tortuosa che si riflette in ogni campo, c’è meno credibilità nelle donne, ma è la società stessa, uomini e donne insieme che tendono a dare meno valore a quello che fa una donna, poi se una ragazza è carina, non ne parliamo, è un disastro. Penso che l’America sia sempre e comunque passi avanti, sul lavoro, su tutto, e adesso se guardi le classifiche sono solo donne, almeno, se guardi le top ten è pieno di donne ed è una cosa bellissima anche perché ho visto un supporto maggiore anche da parte degli artisti uomini, i featuring sono molto validi, è molto più bilanciata la situazione, ma non lo è stata per tanti anni. Secondo me con l’arrivo delle donne nel rap, donne come Nicki Minaj, Cardi B, Megan Thee Stallion, che hanno parlato di sesso apertamente, ecco, quello è stato un grosso cambiamento, una grossa rottura col passato secondo me perché comunque il sesso alla fine è l’argomento principale su cui è centrata la sottomissione della donna.

Anche tu parli di sesso apertamente e in maniera raffinata, attingendo alla cultua giapponese.

Mi sono sentita così libera in questo disco che ho veramente detto tutto quello che volevo. Yazuka è una canzone sul sul sesso. La Yakuza è la mafia giapponese, io sono appassionata del Giappone, è una cosa proprio mia e inoltre a me piace molto usare parole particolari, è un po’ la scuola Max Martin e la scuola Sia. Nei testi mi piace molto prendere una parola che sia originale o un po’ fuori contesto e fare in modo che c’entri e abbia un senso, questa è un po’ la mia forza e una mia caratteristica. Yakuza è un po’ la metafora nel mio caso di qualcosa che mi fa paura, la Yakuza è forse la mafia più cruda insieme a quella russa, sono cattivissimi, fanno paura, e io l’ho usata come metafora per richiamare sia la mia passione per il Giappone che la paura dell’amore, anzi, della passione, del sesso, perché Yakuza è una canzone che parla di sesso, di una situazione in cui ci caschi per forza, come “la Yakuza che vien di notte”, se loro decidono di arrivare e ammazzarti, lo fanno. In questo caso è la passione, il desiderio, una di quelle storie dove sai che non fa bene, sai che ti farà del male, ma non ce la fai, devi cedere, e cedi.

Parli spesso di moto e macchine e non ne parli a caso. Sono un’altra tua passione? Le conosci bene?

La passione dei motori viene da mio fratello, che ha venticinque anni ed è ossessionato dai motori, moto e macchine, da quando è nato; è mezzo pilota, va in pista, modifica le moto. Io ho questa passione per la musica, una passione che mi mangia viva, e lui questa passione ce l’ha per i motori e mi ha insegnato veramente tanto, mi ha fatto andare in moto e mi piacciono tantissimo.

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Restiamo in famiglia. Il tuo disco è interamente prodotto da Sixpm, che è tuo marito. Come lavorate assieme?

Ti giuro che se mi avessero detto da piccola qual era il mio sogno non sarei mai riuscita nemmeno ad immaginare una storia, un amore così completo. Veramente ci completiamo tantissimo. Lui sul lavoro è una iena, è una vera iena. È bello passare tanto tempo insieme e poi siamo molto diversi quando siamo in studio da come siamo fuori. Io e lui non litighiamo mai e andiamo d’amore e d’accordo. In studio invece, dato che sia io che lui conosciamo molto bene le capacità reciproche e sappiamo fino a dove ci possiamo spingere a livello di tecnica, allora pretendiamo sempre il massimo, l’uno dall'altra, e quindi litighiamo tantissimo, questo è un contro ma che è anche un pro, perché vogliamo così tanto far felice l’altro artisticamente che diamo sempre il meglio uno all’altra. 

Il singolo che ha anticipato l’uscita dell’album è Lamette, con Salmo. I maligni dicono: facile uscire con un singolo così. Cosa gli rispondi?

Gli rispondo prova a farlo tu un singolo con Salmo. Vediamo se ti dà la sua credibilità, vediamo se lui accetta. Loro ci mettono la faccia, c’è una grande stima reciproca, non è poco. Ho chiesto di partecipare al mio disco ai top del top del top e tutti mi hanno detto sì, quindi grazie, e brava me! Con Salmo è un sodalizio che dura dal mio giorno zero, volevo chiudere il cerchio. Vorrei anche spiegare che fare un featuring non vuol dire appiccicare una strofa in una mia canzone, loro sono entrati nel mio mondo, hanno tutti fatto dei pezzi piuttosto tristi, anzi, quasi tutti, e hanno osato, nessuno ha fatto una strofa tanto per fare. Anzi, hanno tutti cantato il mio ritornello, ed è una cosa che non fanno spesso, si sono dovuti guardare dentro ed entrare nel mio mondo. Ci siamo incontrati con tutti, e si sente. Anche il pezzo con Carl Brave, è veramente particolare, e lui è bravissimo e troppo simpatico 

Elisa invece? Monet, con lei, è una canzone bellissima.

È il gioiello del disco. Lasciamo perdere la credibilità, che anche qui è al top. Per Elisa nel mio disco mi do ancora i pizzicotti per capire che non sto sognando. Io da cantante sono cresciuta cantando le sue canzoni e sono sempre stata una mega fan, e non ci potevo credere. Lei ha lavorato con Andy, il mio partner, e ci siamo conosciute per caso ad una cena e ci siamo innamorate. Lei è un’eterna bambina, una persona con mille sfaccettature, però ha anche una sua oscurità, è una persona incredibile. Lei chiede a Andy di sentire qualcosa di mio e lui decide di mandarle Monet. Monet è la canzone che ho scritto per mia mamma, che è mancata; lei tutte le mattine fotografava l’alba e alla sera i tramonti, la canzone era a metà e non avrei mai pensato di avere il coraggio di farla uscire. Ma senti la magia: Elisa manda una nota vocale in cui canta la strofa di Monet, aggiungendo che si era permessa di scrivere una strofa perché ha sentito proprio una forza che l’ha spinta, e non sapeva niente della canzone, di mia mamma, niente. Anche mia mamma era una grande fan di Elisa e quindi ancora magia. E alla fine della canzone c’è anche mia mamma che canta.  

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L’altro gioiellino è Cartoni animati.

Tutti me lo dicono, Andy non voleva metterla nel disco, io invece sì, è la mia parte ragazzina, mi fa pensare al cuore spezzato dell’adolescente al liceo, era la morte, non c’era niente di peggio. Io volevo ritrovare quella sensazione lì che era devastante in adolescenza. L’apatia, stavo in camera, ad ascoltare le canzoni, a piangere, poi magari quello era un cretino, ma tu soffrivi da morire. Alla fine l’abbiamo inserita, un po’ in fondo, è la sorpresa finale.

Hai scritto anche canzoni in inglese, sei praticamente madrelingua. In che lingua preferisci scrivere e cantare?

È molto più facile scrivere in inglese; la scrittura creativa in inglese è più facile, non sembri mai sfigato anche se parli di cuore amore mare sole, quindi puoi essere molto più diretto, è molto più facile essere pop in inglese; in Italia fare un pop che arrivi a tutti, facile che lo possano mettere a C’è posta per te ma che sia cool e raffinato è più difficile, anche per questo attingo molto al cinema. Michelle Pfeiffer per esempio è un pezzo difficile a livello di testo però è stata una mega hit. Cantare all’inizio in inglese pensavo mi piacesse di più, ho dovuto trovare la mia voce e le sue sfaccettature. Cambia tantissimo dall’inglese all’italiano, non ci sono tutte ste vocali, è più facile cantare in inglese, ho fatto fatica a farlo in italiano, ma adesso ho trovato il mio sound e il mio timbro, ci ho messo un po’ ma li ho trovati, e mi piace.

Hai vissuto per un po’ a Los Angeles e poi ti sei trasferita a New York. Cosa ti hanno dato queste città come artista, a parte l’ispirazione? Parlo di opportunità, locali per suonare, incontri giusti.

A Los Angeles in realtà c’è tanta solitudine, gli spazi sono ampi, sei sempre in macchina. New York invece è proprio il posto della connessione umana, ci sono tutte le culture, il newyorkese non esiste, è un mix di culture, è pieno di stranieri con cui confrontarsi e sono tutte persone che sono lì perché stanno cercando qualcosa, sono ambiziose, vogliono spaccare nel mondo e godersi la vita. New York è un posto dove vai a cena da sola e ti ritrovi con il capo di Tommy Hilfiger, una mega attivista, un ingegnere della NASA, un architetto, una stilista e un avvocato. In più, sono persone aperte alla conversazione. A New York poi gli artisti sono messi su un piedistallo e sono molto apprezzati, l’arte è apprezzata, c’è tanto spazio anche per i piccoli artisti, tu puoi essere un artista veramente con numeri bassi e guadagnare e bene e vivere bene e fare concerti. La gente va a vedere concerti di gente sconosciuta. Io ho suonato al Bowery Electric, che è un posto storico, ed era pieno, ma anni fa e nessuno mi conosceva nemmeno in Italia, cioè la gente va a vedere e sentire la musica. Qui la gente non ascolta nessuno che non sia famoso, ci sono tantissimi validi artisti emergenti che nessuno ascolta.

Foto di Kate Biel
Foto di Kate Biel

Cosa ti aspetti da questo disco, da quest'anno?

Io amo cantare live, è una delle mie cose preferite, divento una iena sul palco, mi piace proprio stare sui palchi grossi. Io sono una che si aspetta sempre tantissimo, soprattutto da me stessa, io sogno sempre in grande e questo tante volte mi ha lasciato delusa ed è stato fonte di sofferenza, di frustrazione. Quindi ho deciso di non aspettarmi niente e lasciarmi sorprendere, o anche deludere. Io ho fatto il massimo, ho dato tutto quello che avevo, tutto il mio cuore, tutta me stessa, speriamo che la gente lo capisca. Perché so che non sono facile da capire forse, ma io preferisco sacrificare la comprensione alla sperimentazione, sempre e comunque. 

Gotham City e Batman cosa sono per te?

Gotham è proprio New York per me, il posto che mi ha formata c’è tutto, c’è l’oscurità nella città e mi piace pensare che sia anche nelle persone; è tutto luccicante, brillante e meraviglioso, ma c’è questa parte oscura della notte che mi affascina tantissimo e in cui mi ritrovo anche io. Poi io amo Christopher Nolan, sono mega fan. 

Citi proprio il suo personaggio: young Bruce Wayne in the mix

Mi ritrovo anche in Bruce Wayne che ha la sua parte patinata ma poi è un reietto, è un asociale, e quel che lui vuole fare è aiutare le persone. Anche io con questo disco ci tengo a fare qualcosa per gli altri, tengo molto alla mental awarness e secondo me questo disco un po’ dice ai ragazzi che è normale soffrire, è valido, puoi chiedere aiuto e non te ne devi vergognare, c’è un po’ questa missione. Sono un po’ Bruce Wayne e sia chiaro, non sono Catwoman: io sono Batman. Catwoman è mitica, però io sono Batman, in questo disco di certo.

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L'articolo Rose Villain: "Un po' patinata, un po' reietta: io sono Batman" di Carlotta Fiandaca è apparso su Rockit.it il 2023-01-23 11:00:00

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