Di Rumo non si sa granchè: nè dove vive realmente, né quanti anni abbia – è giovane, e questo basta –, nè come sia fatta la sua faccia. Possiamo solo ascoltare le sue canzoni, entrare nel suo mondo in miniatura e conoscere le sue storie, raccolte in E altre storie, In città, La fata e Salazar e il suo ultimo singolo, Sottopassaggio, tutte distribuite da Artist First e firmate RKH.
Attraverso la sua musica – molto vicina al letteraturap di Murubutu e a sprazzi al conscious rap, ma in veste allegorica, fantasy e fiabesca – potremo, però, scoprire che Rumo è molte cose: "Un beatmaker, un cantastorie, un terrorista. Ha rapito e ucciso il più grande impresario edile della Città, Armando Gru. Ha vissuto per qualche mese in un piccolo appartamento con una fata e un mostro nell’armadio, Salazar. Poi, è stato costretto a partire. Ora è in treno, diretto ad Ha’aven" e presto passerà per Torino, scendendo alla fermata dell'Hiroshima Sound Garden, per aprire il 25 settembre il concerto a Murubutu, ovviamente.
Sarà il suo primissimo live e in quell’occasione indosserà una maschera, che è il volto del "pupazzetto in miniatura" di trenta centimetri che campeggia sui suoi profili social: "Tutte le parti strettamente biografiche della mia vita tendenzialmente preferisco lasciarle fuori. Gli addetti ai lavori mi conoscono, ma con il pubblico preferisco rimanere anonimo per vari motivi", spiega Rumo.
Innanzitutto, perché si diverte a non farsi vedere. E gli permette di osare senza mettere a rischio la sua reale identità: "A gennaio avevamo distribuito in giro manifesti satirici con su scritto 'Vota Matteo Suini – Prima i cinghiali', e ovviamente il fatto di essere anonimo ha reso il tutto molto più tranquillo", racconta Rumo. E continua: "Dall’altro lato mi piace poter creare qualcosa che sia completamente separato dalla mia persona umana e fisica, ma che basi tutto su una narrazione fittizia. In questo modo la gente si concentra solo sulle storie che racconto e sulla mia musica, piuttosto che stare a pensare a chi sono io. Rumo è un pupazzetto di trenta centimetri e anche se può sembrare un po' distopica come cosa, mi diverte e fa parte della creazione artistica".
Fa musica da quando ha tredici anni e, a parte qualche corso di chitarra, per il resto ha sempre marciato da autodidatta. Circa due anni fa, il nuovo ragazzo della sua ex ragazza ha pubblicato un disco: "In quel momento ho sentito un sentimento di rivalsa nei confronti di questo tizio, e ho pensato 'ma com’è possibile: io sono dieci anni che scrivo musica e non ho ancora pubblicato niente, mentre c’è chi in tre secondi pubblica un disco'. Allora ho deciso di mettermi a fare musica davvero, concretamente e seriamente, in modo più strutturato", spiega Rumo. Che dalla propulsione e dal desiderio stupido e infantile di ripicca, pubblica il suo primo disco: E altre storie, che non c’entra nulla con questi argomenti: "Sono stati solo la spinta per elaborarlo e creare il concept".
"Il disco più di nicchia della storia, l’anticommerciale", lo definisce Rumo: 28 tracce intervallate dalle chiacchiere di due personaggi fittizi, che irrompono con i loro commenti e disturbano l'ascolto e l'andamento delle canzoni. "L’allontanamento da quella ragazza di cui parlavo prima ha una valenza narrativa nel disco, dato che in quel periodo stavo affrontando un trauma – di cui parlo soprattutto in La storia di Rumo, Morto di noia e Pinocchio. Attraverso il disco ho sviscerato il fatto che stessi affrontando delle situazioni psicologicamente disturbanti. Posso dire che quel periodo in un certo senso mi ha cambiato la vita. Sicuramente ne sono uscito 'normale', ma clinicamente parlando, allora stavo parecchio male", ammette Rumo.
E altre storie è stato un modo per esorcizzare e sfogare tutto questo: "Non sto dicendo che sia stata una terapia, ma è stato un modo per lasciare andare sensazioni che erano rimaste in gola e che ho potuto anche sublimare attraverso la musica", conclude Rumo.
Se non fosse che tanta gente sia affezionata a E altre storie, il rapper lo rimuoverebbe dagli store, dichiara: "Perché mi sento cresciuto, nonostante sia solo di un anno e mezzo fa", dice. Perchè da E altre storie a Sottopassaggio, l’ultimo singolo, è cambiata tutta la sua consapevolezza: "Sono passato dall’entrare in studio senza aver mai pensato nemmeno alle melodie, solo con il testo e con una base che cercavo di accorpare sul momento – in modo davvero catastrofico –, a sviluppare un metodo di lavoro più strutturato", spiega il rapper dal volto sconosciuto.
Un modus operandi che ora gli permette di arrivare in studio con un'idea esatta di ciò che vuole. Questo da un lato gli consente di realizzare cose che gli piacciono molto di più e che non ha più voglia di cancellare – come, invece, è capitato per il primo disco –. D’altra parte, però, gli capita spesso di sentirsi insoddisfatto: di avere un’idea esatta in testa di quello che vuole, ma che difficilmente riuscirà a rendere e a materializzare al livello di come l’aveva immaginata e sognata nella sua mente: "Da un lato mi sento molto più consapevole, dall’altro molto più frustrato e le cose mi piacciono sempre di meno. Due anni fa le cose che facevo mi gasavano molto di più di ora, ed era abbastanza 'tutto e subito', continua.
Lo spirito e le ambientazioni fiabesche, le allegorie, le metafore e la complessità dei testi, però, rimangono e resistono in tutte le canzoni, dal primo disco, fino all’ultimo singolo: "Ho sempre amato leggere. Quando leggevo i libri e le storielle sugli animali, le favole, le fiabe, emulavo tantissimo queste vicende e già alle elementari avevo un’antologia di storie sugli animaletti che inventavo, perché le avevo lette e volevo ricrearle a mia volta", racconta Rumo. "Quando mi sono appassionato ai libri fantasy, subito ho tentato di scrivere un libro, fantasy, a tutti i costi. Crescendo, l’idea di scrivere romanzi non è andata scemando, ma ho cominciato ad appassionarmi ad altre cose, così l’ho relegata in un angolino".
Quando Rumo ha cominciato a scrivere testi di canzoni, i riferimenti che gli venivano in mente si ricollegavano a degli immaginari, a delle parole, a dei personaggi che erano il retroterra culturale su cui si era formato e appassionato da piccolo: "In Città è tutto quanto basato sulla società orwelliana. La fata e Salazar funziona come quei romanzi per ragazzi dove si scoprono creature magiche come Spiderwick, con apparizioni di figure molto pop. In cantiere ci sono delle canzoni che riguardano il mondo del mare e dei pirati", dice Rumo.
Che usa tematiche e sfondi fanciulleschi in chiave "adulta" e per trattare in maniera metaforica e allegorica fatti reali e che vive: "Non parlo di fatine solo per parlare di fatine". È tutto metaforico, ed è semplicemente un sipario davanti a quello che vuole realmente raccontare, attraverso la musica e un linguaggio complesso: "Talvolta vorrei essere in grado – e alcune volte lo sono stato – di essere più immediato e diretto. Ho un difetto: le troppe parole. Non riesco a sfuggire da questa trappola! Le parole mi affascinano e ogni volta che posso inserire nel testo un gioco di parole, lo faccio. È un vizio che a volte va a discapito della canzone, che potrebbe essere più facile e comprensibile. A volte dovrei proprio prendere un pario di forbici e sfoltire il mio quadernino dei testi".
Il perfezionismo è un’altra caratteristica della sua scrittura: "Un perfezionismo che da un lato mi porta a curare tutto nei dettagli – il labor limae sul significato e la forma è profondo, sempre. Dall’altro mi porta a penare, perché noto a posteriori dei dettagli che per motivi tecnici e di tempo non sono riuscito a modificare e migliorare in tempo: parlo della musica e delle melodie, ma anche delle storie", afferma il rapper.
In città, secondo EP di Rumo, nasce da due anni vissuti in un quartiere molto particolare, in cui si vedono le due anime della città: "Era come il punto di contatto tra due mari. Si vedevano le acque mischiarsi: su una sponda c’erano persone povere, situazioni di indigenza e precarietà che vedevo sotto casa, tutto il giorno. Sull’altra c’erano grosse realtà imprenditoriali che si interessavano alla zona e iniziavano a fare investimenti. Era evidente il modo in cui il comune e l’amministrazione tentassero di nascondere lo sporco sotto il tappeto, per far risplendere la superficie", dichiara Rumo.
Dal contrasto tra queste due anime e dall’osservazione dei cambiamenti che cominciavano ad avvenire nel quartiere – le case prima occupate e piene di graffiti, si trasformavano in poco in B&B – nascono canzoni come Le gru, Fiammiferi e taniche e Salv__i, canzoni impegnate, nate dalla voglia di scendere in piazza con la musica, al fianco di coloro che si battevano con corpo e idee per difendere il quartiere.
La fata e Salazar è il frutto di quello che Rumo stava vivendo realmente, da un certo punto di vista anche profetico per quello che abbiamo poi vissuto qualche mese fa: "La storia nasce da un periodo in cui ero perennemente in casa con il mio migliore amico a fare musica. Le vicende narrate nei tre singoli di questo terzo EP, si basano sulla presenza di Salazar e la fata – una ragazza e il mio amico – allegorizzati in mostri nell’armadio", spiega, e continua: "Salazar rappresenta in parte il mio migliore amico, in parte la paranoia e il disturbo d’ansia. La fata, invece, rappresenta il distacco e la fuga da questa ansia, ma anche qualcosa di "velenoso" – in Sole e Baleno canto non so se sia una fata o una fiala di veleno –. Si tratta effettivamente di una storia amorosa che nella mia vita reale stava prendendo forma e avevo scritto e chiuso i brani prima del lockdown", chiarisce.
Sottopassaggio, l’ultimo singolo, è un singolo di transizione, più che di "anticipazione" di quello che verrà. Significa "da un mondo all’altro" e rappresenta il desiderio e l’esigenza di cambiare: "Quando mi sono reso conto che stavano iniziando ad interessarsi varie persone al progetto ho deciso di esplicitare in musica il "viaggio" a livello musicale che voglio intraprendere, verso una maggiore consapevolezza di me e della musica. Da adesso, con Sottopassaggio, le cose potrebbero risultare diverse, ma tutto quello che riguarda la stop-motion e la narrazione proseguirà", anticipa Rumo.
E proseguirà lo sviluppo e l’invenzione di un mondo incantevole in miniatura, popolato da fate, cinghiali, gru e altri strambi personaggi, ricco di significati e allegorie abbellite dalle belle parole e dalla musica.
Un mondo di cui per ora si è visto davvero pochissimo: "Ad oggi abbiamo i tre album di cui ti ho parlato e tre ambienti in miniatura – in scala uno a sei –, che si espanderanno con le prossime uscite", spiega Rumo: "Abbiamo costruito cose che non sono state ancora mostrate. È tutto in via di sviluppo: se ci fai caso, tra l’altro, l’omino che vedevi decapitare Armando Gru nei video di gennaio su Instagram, non è lo stesso che è seduto sulla poltrona del treno in Sottopassaggio. Nulla è fisso per ora, stiamo cercando di volta in volta di progredire e alzare l’asticella", dice.
"Ho tantissime altre cose pronte e si tratta solo di disporle in fila e spararle a cannone nell’atmosfera", annuncia il rapper dal volto sconosciuto. E non può rivelare altro, se non che si parlerà di pirati, di mare, di pericoli, di tempeste e di sogni sereni. Il viaggio è appena cominciato.
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L'articolo Rumo è un beatmaker, un cantastorie e un terrorista di Claudia Mazziotta è apparso su Rockit.it il 2020-09-23 14:30:00
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