"I ghiacciai sono come sensori: appena c’è una variazione climatica, la registrano in modo molto rapido e reale. Dare maggiore importanza ai suoni della loro fusione, raccogliendoli secondo principi scientifici, significa riconoscere che essi trasmettono delle informazioni e trovare modi nuovi per rapportarsi all’emergenza climatica”.
A parlare è il ricercatore e sound designer camuno Sergio Maggioni, fondatore del progetto di ricerca sperimentale Un Suono in Estinzione: dal 2021, registra i suoni del Ghiacciaio dell’Adamello – il più vasto delle Alpi italiane –, con l’obiettivo di monitorare le implicazioni del cambiamento climatico sui ghiacciai alpini attraverso l’esplorazione e l’analisi sonora dei fenomeni acustici che avvengono sulla loro superficie e al loro interno.
Un progetto che alla ricerca artistica unisce fin dalla sua progettazione una finalità scientifica, per contribuire allo sviluppo di nuove metodologie di tutela e salvaguardia degli habitat in pericolo e per sensibilizzare sulla loro importanza quali regolatori del clima a livello globale e fondamentale riserva d'acqua dolce, attraverso un team di lavoro che coinvolge glaciologi, ricercatori e alpinisti: tra questi, il professore di bioacustica all’Università di Pavia Gianni Pavan, il geomorfologo dell’Università di Pisa Carlo Baroni, il professore Claudio Smiraglia del Comitato glaciologico italiano, l’ingegnere del suono Alessio Degani e il geologo e docente all’Università di Padova Alberto Carton.
“Durante la fase pilota della scorsa estate", racconta Maggioni, "abbiamo organizzato quattro spedizioni scientifiche sull’Adamello per installare in punti del ghiacciaio mai raggiunti prima microfoni e registratori bioacustici attivi 24 ore su 24, in grado di captare sia i suoni diffusi per via aerea che quelli trasmessi per contatto con la massa ghiaccio o al suo interno. Ad oggi, chi ha registrato i ghiacciai lo ha fatto con un intento puramente documentaristico, usando registratori per field recording. La mia intenzione era invece quella di documentare il suono dell’evoluzione dei ghiacciai, il loro mutamento in senso temporale, con una visione a lungo termine. I ghiacciai sono estremamente dinamici: registrarli così a lungo significa poter ricercare e cogliere suoni inaspettati, producendo un materiale che non ha solo una finalità artistica, ma anche una valenza scientifica, difficilmente reperibile con una strumentazione più tradizionale”.
Alcuni dei suoni registrati possono essere ascoltati nella pagina SoundCloud del progetto. Una delle tracce caricate titola “26 Luglio 10:52 - Fischi, scricchiolii, ticchettii, tonfo provenienti dall’interno di un crepaccio”. Pochi giorni dopo, un altro registratore documenta “Crepaccio 9 Agosto ORE 03:00 - Suono alieno proveniente dall’interno di un crepaccio”. Tra gli audio più recenti, caricati pochi giorni fa, “Cascata di fusione Lago Nuovo. Ghiacciaio dell’Adamello-notte”, poco più di due minuti che riempiono le cuffie di un suono forte e continuo.
“Esistono due categorie di suono", prosegue Maggioni. "Uno è quello della fusione, cioè dello scioglimento del ghiacciaio: è l’acqua che si trasforma in rigagnolo, torrente o cascata ed è il più semplice da registrare. La seconda categoria sono i suoni che avvengono in maniera discontinua e incalcolabile, repentina: o hai la fortuna di essere lì in quel momento o non sai neanche che esistono”. Appartiene a questa categoria sonora anche “Assestamento strutturale del corpo del ghiacciaio che si propaga dinamicamente nella materia”, acquisito attraverso un registratore calato nel vuoto per 5 metri all’interno di una cavità del ghiacciaio e nominato nella shortlist dei Sound of the Year Awards 2021 di Museum of Sound e BBC, finalista su oltre 700 candidature da tutto il mondo.
Non propriamente un suono, più “un’energia che si manifesta e sposta dentro al ghiaccio. Mi è capitato di sentirlo quando ero sul ghiacciaio: sembrava una macchina di Formula Uno che ti passa sotto i piedi. Le registrazioni sono piene di rumori che rappresentano il movimento strutturale del ghiacciaio, accanto a fenomeni più piccoli, interni: suoni di reazione tra acqua, aria e ghiacciaio, quasi biologici, che ricordano un ambiente marino. Sembrano delle balene o addirittura degli uccelli: fanno quasi pensare che il ghiacciaio stesso sia un organismo”.
Oggi il progetto prosegue con ulteriori spedizioni per la raccolta di dati e, attraverso il coordinamento del professore e ingegnere idraulico Roberto Ranzi, con la loro analisi, allo scopo di verificare le ipotesi dei modelli matematici che prevedono l’evoluzione dei ghiacciai e di svilupparne di nuovi: “Al di là del lato estetico del progetto, l’obiettivo era riuscire ad utilizzare i suoni per trovare mezzi alternativi per monitorare la fusione dei ghiacciai, tanto più in un’estate in cui si manifesta un’instabilità forse senza precedenti, con un tale calore per un così lungo periodo”.
Visualizza questo post su Instagram
Maggioni commenta come quest’anno la potenza sonora registrata, corrispondente all’aumento di attività di scioglimento del ghiacciaio, sia maggiore: “È come se fossimo un mese e mezzo in avanti rispetto al solito: i ghiacciai sono già quasi a ghiaccio vivo e prevediamo quindi tantissima perdita di superficie. Questo riguarda di conseguenza anche i nostri territori: il nome Un suono in estinzione fa riferimento al suono destinato a scomparire dei ghiacciai, ma in realtà stiamo già vedendo anche intorno a noi alcune drammatiche conseguenze del cambiamento climatico, penso ad esempio alla siccità che stiamo attraversando dopo un inverno molto secco. Erano cose che sapevamo potessero accadere e che stanno accadendo”.
Ho intervistato Maggioni un paio di giorni prima del disastro della Marmolada del 3 luglio, quando il distacco di un seracco ha generato una valanga che ha travolto due cordate di alpinisti per un totale di undici vittime. Ci risentiamo per confrontarci in merito – vorrei soprattutto capire se ritenga che quei fatti diano al suo progetto una prospettiva e un’urgenza ulteriori. “Quello che è accaduto sulla Marmolada è un monito. Il fatto che diverse persone siano morte rende quel fatto più drammatico, ci unisce al dolore loro e delle loro famiglie, ci rende più empatici. Ma la domanda è: avremmo ugualmente trattato quel fatto come un dramma, se fosse successo di notte, lontano da dove passano gli alpinisti per fare quella cima? Senza feriti o morti, il crollo del ghiacciaio avrebbe avuto lo stesso richiamo mediatico?”.
Metto in pausa la registrazione e cerco su Google la parola ghiacciaio. Nel momento in cui scrivo, per gli ultimi tre giorni trovo qualche articolo sulla grande frana sull’Ortles a Bolzano, un pezzo dedicato al ritiro dei ghiacciai sul Monte Bianco, una comunicazione sulla chiusura per il troppo caldo dello sci estivo sullo Stelvio, dove “a fine giugno i maestri di sci del Veneto e allievi sciavano tra i rigagnoli d’acqua”, un articolo sulla perdita di 6 miliardi di tonnellate d’acqua in un paio di giorni in Groenlandia. Sono una frazione minima degli articoli dedicati invece ai fatti della Marmolada.
Faccio ripartire la registrazione, Maggioni prosegue: “Di fenomeni così ne accadono tantissimi ogni giorno. È in atto una crisi climatica e molti non se ne stanno rendendo conto, attribuiscono a questi fatti una dimensione fatale. Questo ci racconta molto di noi, di come stiamo percependo questo momento. È un monito a riconoscere la situazione e a prenderne consapevolezza”.
Nel futuro di Un suono in estinzione, oltre alla stesura di paper scientifici, è prevista anche la realizzazione da parte di Maggioni di ulteriori opere site specific dopo Fusione, un’installazione sonora rappresentata da un blocco di ghiaccio di 30kg sospeso nel vuoto, che, fondendo, faceva risuonare un disco metallico, rivelando al proprio interno una roccia nuda. Ci confrontiamo sulle reazioni che essa ha generato, per approfondire se l’arte possa essere un mezzo efficace per introdurre un tema urgente, ma con cui siamo restii a confrontarci – o se esista il rischio che essa si limiti ad esaurirsi in una rappresentazione estetica.
“L’intero progetto nasce anche come mia risposta al senso di angoscia che queste tematiche provocano, ma più lo approfondisco e più mi rendo conto della sua complessità e della sua delicatezza. Con Fusione, accadeva che gli spettatori si avvicinassero, abbassassero il volume della voce e si mettessero in ascolto. La caduta della goccia creava quasi una marcia funebre, perché il suono ricordava una campana da morto. Nessuno agiva. Però, qualche bambino metteva in mezzo la mano, per bloccare la goccia. Contro una comunicazione che è spesso molto superficiale e certamente anche ansiogena, e che crea chiusura, credo le persone debbano essere messe in condizione di capire che è possibile agire nel proprio quotidiano. E che, in tal senso, è necessaria anche una volontà politica”.
Riguarda il nostro talk con Sergio Maggioni e Mace durante il festival Tough As You di Dr. Martens e MI AMI al Circolo Magnolia dello scorso ottobre, cliccando qui.
---
L'articolo Il rumoroso monito che arriva dai nostri ghiacciai di Giulia Callino è apparso su Rockit.it il 2022-07-24 20:21:00
COMMENTI