Paolo Sorrentino e Max Casacci. Il regista Premio Oscar e il musicista cofondatore dei Subsonica. L'incontro tra i due è legato a La dolce attesa, il progetto-installazione del regista per il Salone del Mobile di Milano 2025. Per la 63a edizione del Salone, alla Fiera di Milano Rho dall'8 al 13 aprile, infatti Sorrentino, con la scenografa Margherita Palli, realizzerà un'installazione all'ingresso dei padiglioni 22-24.
Un'opera dedicata all'attesa e allo spazio sospeso. Che sarà colmato dal suono, e per questo Sorrentino ha chiamato Casacci per la costruzione di un suono che ne restituisca il fluire: un battito sommerso, pulsante, che accompagna l'esperienza immersiva.
Non solo questo: Casacci esce oggi con Through the Grapevine, in Franciacorta (Earthphonia III), il nuovo EP dedicato al suono del vino e della sua lavorazione, in uscita per 42 Records / 35 mm. Dopo suoni ed ecosistemi della natura in Earthphonia e rumori dello spazio urbano di Urban Groovescapes (Earthphonia II), per Max è tempo di una nuova sfida, "un nuovo viaggio di immaginazione nel quale l’ispirazione arriva sempre dal contesto e coinvolge tutti i sensi, trasformando in musica un simbolo di contemporaneità, leggerezza, condivisione per un EP realizzato utilizzando esclusivamente i suoni del vino e dei suoi ambienti e processi di lavorazione, in totale assenza di strumenti musicali".
La raccolta nasce da una sonorizzazione realizzata, durante il Festival della Franciacorta, nelle Cantine Bersi Serlini. Dei due progetti abbiamo parlato con l'artista torinese.
Com’è nato il dialogo con Paolo Sorrentino? Cosa ti ha convinto a dire sì a un progetto così particolare?
Un giorno Paolo mi ha scritto dicendo di avere ascoltato cose molto belle, relativamente al progetto Earthphonia, e chiedendomi se avessi del materiale inedito da fargli ascoltare. A me è sempre piaciuto moltissimo il Cinema di Sorrentino, fin dai tempi dell’Amico di famiglia che ho vissuto come un’epifania, e non ci ho pensato due volte. Ho anche trovato stimolante questa indeterminatezza, lui stava chiedendo a me di stimolarlo e questa cosa faceva lo stesso effetto su di me, che infatti mi sono rimesso a comporre con suoni delle foreste e degli oceani. Dopo poche settimane mi ha chiamato per spiegarmi il progetto “La dolce attesa” per il quale trovava adeguata l’idea di una tessitura musicale di suoni della natura. Ho provato un primo esperimento con suoni del mare, dei boschi, del vento, attraversati dal canto di una balena. Gli è piaciuto subito.
Come si traduce in musica un concetto tanto astratto quanto profondo come quello dell’attesa? Da dove sei partito per costruire il tessuto sonoro?
Sono partito da un’idea di attesa vissuta come annullamento delle tensioni emotive e di apertura, di osservazione leggera, di percezione del mondo e quindi della natura.
Sorrentino descrive l’attesa come uno spazio fertile, non passivo. In che modo questa idea ha influenzato il ritmo e l’equilibrio della tua composizione?
Il ritmo è quello umano, cardiaco, perché il progetto prevede la presenza di un caleidoscopio con all’interno un cuore il cui battito si allinea, nel mio contributo sonoro, a quello del Pianeta.
Hai scelto di utilizzare suoni naturali come vento, foreste, mare e cristalli: che criterio hai seguito nella selezione e nella lavorazione di queste fonti?
Mi è piaciuta l’idea di usare una megattera sia per la creazione di un drone di base, che come evanescente linea melodica. Il mare, il vento e le cicale, sono suoni capaci di essere molto rassicuranti, adatti a bilanciare la presenza del battito cardiaco che invece è un elemento ambivalente. Può infatti essere percepito come ritmo naturale ma anche come elemento ansiogeno. In questo senso ho fatto anche molta attenzione al dosaggio delle basse frequenze, che devono poter “cullare” l’ascoltatore senza mai superare un limite.
È un’installazione immersiva, sensoriale, quasi meditativa. Ti sei posto il problema di come il pubblico avrebbe vissuto fisicamente e mentalmente questa esperienza sonora?
Certo, il fine ultimo è proprio quello di accompagnare il pubblico durante l’attraversamento dello spazio “metafisico” ideato da Sorrentino e realizzato dalla scenografa Margherita Palli.
Rispetto alla musica tradizionale, cosa cambia nel comporre per uno spazio espositivo, dove non esiste un “inizio” e una “fine” nel senso classico?
Cambiano proprio le coordinate generali. La sonorizzazione ha delle proporzioni temporali completamente diverse rispetto alla musica d’ascolto. Però nel caso de "La dolce attesa”, esistono un inizio e una fine, perché l’esperienza è incentrata su un’azione, su un movimento che trasporta lo spettatore da un punto ad un altro.
In qualche modo “La dolce attesa” sembra proseguire la tua esplorazione avviata con "Earthphonia", portando l’ascoltatore in territori sempre più percettivi e sensoriali. Cosa tiene insieme questi due lavori e cosa invece li distingue radicalmente?
Per quanto potesse essere “sfidante” dovere condensare tutti gli elementi nello spazio sonoro di poco più di un minuto, senza rinunciare ad una suggestione di ampio respiro, mi sono trovato a mio agio nell’utilizzo della grammatica sonora di Earthphonia nell’ambito di un progetto come questo.E sono anche piuttosto fiero dell’esito: “buona la prima”
Nel nuovo EP hai trasformato botti, cisterne e bollicine in ritmo e armonia, senza usare strumenti musicali. Che cosa hai scoperto – artisticamente ma anche umanamente – dentro una cantina?
“Through the grapewine” nasce in forma di sonorizzazione a diretto contatto con persone che esplorano un luogo, per esempio la cantina con botti, bottiglie, calici, scaffali, polvere… restando avvolte da una musica prodotta esclusivamente con ciò che le circonda.
Assistere allo stupore generato dal rapporto tra quello spazio, i suoi odori, la sua umidità, la semioscurità e il suono estratto solo dagli oggetti presenti è stato illuminante. Mi ha confermato la potenza della relazione tra musica e racconto, e mi ha anche fatto riflettere una volta di più su quanto l’esperienza musicale priva di contesti narrativi di riferimento, rischi di limitarsi a pura esperienza estetica.
“Through the Grapevine” sembra un’opera che coinvolge tutti i sensi, ma affida tutto all’udito. Come hai bilanciato l’aspetto tecnico e quello emozionale nella costruzione dei brani?
Con il progetto "Earthphonia", diversamente da musicisti e sound designer, che si relazionano a rumori e ambienti sonori in modalità “field recording”, racconto storie sonore. È vero che la materia prima appartiene sempre e esclusivamente al luogo (o all’ecosisiema) di riferimento. Ma con i singoli suoni/rumori costruisco strumenti immaginari per creare una partitura che parli, attraverso orchestrazioni, linee melodiche, beat e bass line, della mia esperienza con il luogo stesso. Nel caso di “Cantina”, il brano tende ad esaltare la percezione di magica e lenta penombra all’interno della quale avvengono le misteriose e delicate trasformazioni della fermentazione e dell’affinamento del vino Franciacorta.
Uno sguardo inedito su ciò che ci circonda, il desiderio di rileggere il nostro rapporto con l’ordinario, muovono la tua ricerca che va oltre i confini della musica “tradizionale”, sperimentando nel mondo dei rumori e ambienti sonori, da Watermemories in poi. Come si applica questo ai suoni del vino e della sua lavorazione?
Diciamo che in “Through the GrapeWine”, la forma è quella di un viaggio, che parte con il suono della natura tra i filari dei vigneti, passa attraverso l’oscurità della cantina di cui sopra, arriva anche a comprendere aspetti più “industriali” come il suono delle enormi cisterne metalliche o come il ritmo della macchina etichettatrice, fino ad esplodere in una sorta di rito dionisiaco scandito con cassa dritta (ottenuta dai grappoli che cadono) e bassline ricavata dal rombo di un trattore. Questi ultimi sono elementi sonori della vendemmia che comprendono anche il mosto che pressato e travasato origina alcuni accordi liquidi. C’è un preciso momento nel quale ho voluto creare la percezione di un ebbro naufragio tra immaginarie onde di mosto. La dimensione perfetta per un gaudente.
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L'articolo Da Paolo Sorrentino ai trattori tra le vigne: Max Casacci sta bene su tutto di Mattia Nesto è apparso su Rockit.it il 2025-04-02 11:21:00
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