Progressivo o regressivo? Questo il dilemma che accolse con una punta di sospettoso scetticismo la venuta al mondo degli Storm{O} (o Storm(o) o anche Stormo va bene), il quartetto della provincia bellunese sorprendentemente entrato a gamba tesa nell'immaginario collettivo hardcore degli ultimi quindici anni, al punto d'essere uno dei nomi più indossati e persino tatuati della scena contemporanea. Basta guardarsi intorno ai concerti: una O tra parentesi non manca mai. “Credo che, fortunatamente, la fama non ci appartenga", mi dice però Luca, che degli Stormo è la voce. "Facciamo sicuramente dei bei concerti, partecipati, con tanta gente che si diverte ma non riesco proprio a vederla nella ottica d’avere dei fan”.
È dal 2014, anche se i più attenti gli stavano dietro già da molti anni, che la loro musica è diventata un manifesto di certo modo di intendere una supposta evoluzione screamo e HC (all'italiana) e che in quegli anni diede vita ad altre interessanti realtà come Lantern, Marnero e Ornaments, tutte a loro modo acclamate sì, ma mai quanto loro. Un modo di presentarli comodamente adottato dalla critica, questo, ambiguo, che suggerisce una dipendenza stilistica dal passato.
Gli Stormo avevano replicato seccamente a questa affermazione, spiegando in sede d'intervista così la loro chiave di lettura: “Non siamo affatto una retro-band. Chiunque ascolti i nostri brani può rendersi conto della varietà di contenuti, che non si limitano allo sfruttamento di un'unica idea”. Probabile alludessero al loro esordio discografico, Sospesi Nel Vuoto Bruceremo In Un Attimo E Il Cerchio Sarà Chiuso (2014, Shove Records etc.), lasciando intuire che era trascorso molto tempo da quando il punk “apriva la mente” e sconfinava oltre le barriere del già sentito.
Gli anni '90 ci avevano abituati ad album che contenevano tot brani tutti imperniati sullo stesso sound; diventava pertanto più naturale il recupero di libertà espressiva altre, che andavano dai La Quiete ai Nerorgasmo per la via di The Infarto, Scheisse! e The Death Of Anna Karina, passando per Converge, Envy, Botch e una miriade d'altri. Era un'esperienza pressoché inedita nel momento in cui gli Stormo si affacciavano sul mercato, maturata in nove anni di effettiva gavetta. Il secondo disco, Ere (2018, Moment of Collapse), si era invece mosso da lì con un'esplosione di metal, hardcore, spoken, emo e qualche guizzo di math.
Con un nuovo contratto Prosthetic sotto la cintura, in questi giorni coniano l'atteso quarto disco, esattamente quattro anni dopo Finis Terrae (2019, To Lose La Track), probabilmente il loro lavoro più “dark”, anche grazie alla presenza del produttore di Soft Moon, Maurizio Baggio. I quattro di Feltre si presentano oggi a tutti gli effetti come nuove teste calde del “rock”, modern-punks non più adolescenti che oramai si conoscono e suonano da quasi vent'anni in una scena dove le line-up di band ben più storicizzate non sono durate la metà (“Credo che stormo sia ormai un’entità a parte, che ci racchiude e vive di noi. È un altro piano di relazione”).
Si confermano ragazzi eccellenti, dotati di una propria personalità risolutamente più intollerante e insofferente nei confronti della magica formula del HC che brucia tutto nello spazio di una manciata di secondi, forti di un mixer e di un master che mettono oggi in gioco Giulio Favero e Giovanni Versari, due abituati a lavorare tanto con gli OVO quanto con Il Teatro degli Orrori, tanto con i Muse quanto con i Verdena.
Endocannibalismo (2023, Prosthetic Records) – lo presenteranno per la prima volta al Covo di Bologna il 24 febbraio, a cui seguiranno numerose altre date da Nord a Sud – reagisce così alle ordinarie, consuete e direi consunte convenzioni dottrinarie del genere standardizzato. Risplende e sussulta sonorità dense, serrate e compatte. Risalta concisione e compiutezza. Commuove nei suoi dettagli.
L'incastro degli strumenti, l'estremizzazione dei contenuti dei testi (paragonati già a quelli dei Sottopressione o degli Indigesti ma, per quel che ci riguarda, persino migliori), la radicale vena espressiva oamai palesata già dalla grafica (quasi alla Red Temple Spirits), tutto genera un'efferata tortura che perseguita e molesta per le undici tracce. Apparendo al contempo più noise e più tribale, come per ossimoro. Il fermento creativo che investe il gruppo non conosce sosta e cedimenti, invece si dilata di particolari come negli arpeggi pieni di Anabasi, si propaga a dismisura finendo per coinvolgere inevitabilmente l'opera nel suo complesso.
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Gli Stormo hanno finalmente scoperto sé stessi. Ne sono rimasti traumatizzati o lo hanno sfruttato al meglio? Ascoltando tracce come Valichi Oltre, Sorte, Frame, Disequilibrio o Endocannibalismo è facile capire che a prevalere è la seconda ipotesi. Luca, Giacomo, Federico e Stefano affondano, come mai prima avevano fatto, i propri denti nella massa elettrica dimostrando capacità, stile, volontà di sperimentare coi loro gusti (La Dispute, Birds In Row, Full Of Hell, At The Gates che siano) e, perché no, di provocare, alla ricerca costante di nuove direzioni.
Lanciano chiari ed eloquenti messaggi ed è agevole intuire che questo disco sia cronaca vera di un profondo stato di grazia compositivo. “Credo che tu abbia ragione", conferma Luca, "abbiamo cercato di costruire un disco che avesse un filo conduttore ed il cui tema principale fosse ben riconoscibile, nella grafica, nei testi e nel suono e questo ha portato necessariamente a ciò che dici tu”. Ecco.
In alcune tribù amazzoniche il passaggio dall'adolescenza all'età adulta è segnato dall'abbandono dei prescelti nella foresta tropicale, giorni e notti. Chi sopravvive e soprattutto chi riesce a cacciare, diventerà uomo. Chi muore, spesso viene mangiato da chi resta in vita. Si tratta di sopravvivenza, di riti di passaggio. Diversi, sia concretamente che concettualmente, da quei popoli dove si viene buttati da scogliere ripidissime in mari burrascosi o legati a un palo davanti a belve feroci. Gli Storm{o} ne sono usciti vivi. Saldamente, violentemente in netta ascesa verticale.
Gli ripongo la domanda: progressivi o regressivi? Rapido Luca mi risponde: “Nessuna delle due, quello che componiamo è sempre stato profondamente attaccato al presente. I nostri dischi sono legati al qui e ora e a quell'urgenza espressiva, senza filtri e nella ruvidità e forse per questo suonano veri”.
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L'articolo Storm{O}: mangia o verrai mangiato di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2023-02-17 15:20:00
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