La prima generazione punk italiana è oramai passata dalla storia alla mitologia: Nabat, Kina, Raw Power, Upset Noise, Negazione e soci (compresi Indigesti, Peggio Punx, Impact e altri sottotraccia) hanno lasciato il loro segno e sono passati a una categoria mentis vicina al Rolling Stone e alla pace dei sensi, dove i ricordi del pogo sfumano (forse per colpa di eccessivi spruzzi di Eau de Prestige a tutta pagina) in un vago vanitoso nirvana. Chi ancora morde l'interesse collettivo è la cosiddetta 2° generazione: sugli Arturo, Eversor, sul ricordo dei Nuvolablu e degli Arturo, sui Klasse Kriminale e Sottopressione si parla e si discute ancora, mentre può dirsi terminato processo di beatificazione dei Cripple Bastards, oramai prossimi a chiudere il cerchio con la prima generazione.
Ora poi che la distanza dai primi due decenni nel nostro secolo permette unastoricizzazione, o almeno un tentativo di storicizzazione, sembra sempre più evidente che nel rock italiano underground di quel periodo si siano mosse alcune delle tendenze più germinali del punk attuale e che, prima o poi, qualcuno dovrà analizzare e farne una quadra. Non è un gran mistero, perché anche la rivista che state leggendo in questo preciso istante ha documentato in presa diretta quello che sta succedendo: alternative rock, noise, folk-punk, nu-metal, sono alcune delle parole d'ordine di un secondo decennio musicale che, segnato da un clima di nazionalismi in perenne odore di fine del mondo, sogna di evadere da tutti i confini imposti/prestabiliti per creare un ritorno a un grande CSO universale, rumoroso, promiscuo, multiculturale, (perché no?) psichedelico e, in fondo, felice.
Chi ha colto appieno lo zeitgeist senza però rinunciare alla propria identità è di sicuroCarlame, al secolo Carlo Mischiatti, batterista e co-fondatore degli Skruigners da metà anni Novanta, e dal 2016 voce dei DiscoMostro e del suo side-project omonimo. “Facciamo fatica a vedere cosa ci aspetta domani - dice - ma a volte anche oggi stesso. Va bene così, vada come vada, noi facciamo il nostro, a modo nostro, che sia punk o meno. Tanto alla fine andremo tutti a schiantarci contro lo stesso muro”. Un nome entra nell'olimpo dei più per vari motivi, pensate a FBYC o Corpo Estraneo; o incarna alla perfezione tutti i segni distintivi di una scena, pensate ai Riviera o ai Menagramo; oppure si trova a suonare quel che gli piace quando tutti quanti ne hanno voglia, pensate a Stegosauro o ai Quercia.
Quanto accade con i DiscoMostro, in questi giorni in uscita con Oh No! (Professional Punkers, 2025), è piuttosto raro. A veder bene, pochi cercano di suonare come loro: non solo non hanno un'immagine, un'ideologia o una scena in un qualche modo “forte”, capace di colpire qualche giornale “chiacchierato” e dargli la voglia di promuoverli, ma hanno la residuale faccia tosta di continuare imperterriti a suonare un po' il cazzo che gli pare, diventando giorno dopo giorno indiscutibilmente degli intoccabili, osannati fino quasi all'eccesso da un pubblico trasversale e in continua espansione. Perché accade questo? La personale ipotesi è, in prima battuta, chei DiscoMostro sappiano scrivere e suonare duro, cinico ma anche lirico e, a loro modo, struggente e romantico, proprio come molti di noi hanno bisogno.
Poi, se ci mettiamo a ragionare su, soppeso il fatto che il progetto di Carlame, Andy, il Morla e Manuel sia l'unica cosa veramente rock, o quanto meno rock contemporaneo, di una serie infinita di carriere altre (e anche alte) che non passerebbero mai per essere considerate una bislaccheria poco più che divertente come i DiscoMostro. Mentre tutti cercano la nuova Valvonauta, e i più furbi pensano di trovarla negli I Hate My Village, i Disco dal canto loro tirano fuori un altro mostro, il quarto, con un tiro pazzesco; i testi di Carlame sono ancora grandissimi, ancora riescono ad analizzare con parole semplici la parte raccapricciante e oscura e meschina dell'essere umano che ci coinvolge tutti. “Tutti i testi nascono dall’urgenza di esprimerci e dire quello che sentiamo senza troppi giri di parole, con sincerità e schiettezza. Non sono cose che si decidono a tavolino, le nostre canzoni partono sempre da esperienze dirette. Tutti noi ci rispecchiamo nei testi di Carlame e nelle tematiche che porta ogni volta, pur essendo molto personali, e credo valga anche per chi ascolta da esterno”.
Oggi più di ieri, muta il nostro entusiasmo nell'accogliere i loro dischi laddove notiamo un'innata capacità di felice trasformazione. Che non scimmiotta ma crea. Ascoltando Oh No! ci sono dei passaggi in cui si resta piacevolmente esterrefatti, perché sembrano del tutto simili a quelli di altri pezzi di Carlame e soci; eppure all'ultimo c'è sempre una qualche invenzione, non so, che ci fa rendere conto quanto in realtà fosse una nostra proiezione di quanto avremmo voluto sentire dai DiscoMostro ma non potevamo (ancora) saperlo. Un brio di tastierine alla Hellacopters, un giro di basso, uno stacco o la voce che cambia tonalità ai limiti della stonatura alla Nerorgasmo, una intro in acustico che crea aspettative nuove nel minuto o nel pezzo che verrà.
“Credo che ogni disco che abbiamo pubblicato abbia le sue particolarità - mi conferma Morla - diciamo che ogni volta cerchiamo di fare un passo al di fuori della nostra comfort zone a livello di testi e di parti strumentali, cercando di non snaturarci. Il nostro linguaggio rimane diretto, spietato e crudo, ma cambia la cornice. Potremmo rientrar comodamente nell'etichetta di genere hardcore, ma altrettanto comodamente starne fuori, ed era esattamente quello che ci eravamo un po’ prefissati sin da subito: scardinare un po' questo tipo di dinamica”.
L'idea è che, ora come ora, i DiscoMostro siano così padroni delle componenti fondamentali della materia punk rock (ritmica battente - velocità - melodia) da riuscire a inserirvi sentori di Jesus Lizard, The Holy Shits, Against Me! o, se preferite, Il Teatro degli Orrori e Gomma presentando come fresco e stimolante un sound che portano in giro da 10 anni (e più di 20 se si contano i progetti precedenti). Un sentore lo avevamo già avuto con il progetto “electro-clash” di Carlame (Sabotaggi, 2024), da cui viene qua ripresa l'epica di Buongiorno in tirata classica chitarra-basso-batteria (“Più che un senso dí continuità è un giocare con i pezzi che comunque sono stati scritti tutti da Carlame, è stato divertente cambiare l’abito di Buongiorno in Buonjorno!”), ma il punto adesso è proprio un altro, il punto è che non riesco ad ascoltare Oh No! senza pensare a Pierpaolo Capovilla davanti a Spotify che, sentendo Persi o Peperoni, con la voce di Bombolo, ogni tanto esclama: "Tze tze, 'sti gran fiji de na migno**a!".
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L'articolo La sublime arte di ascoltare i DiscoMostro durante la settimana di Sanremo di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2025-02-14 11:35:00
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