E' uscito "...And He Told Us To Turn To The Sun", ultimo album dei Father Murphy nonchè il loro primo concept abum a tema religioso. Affrontano il tema dell'eresia nel suo significato primario, quello della scelta. Ovviamente, con la giusta dose di autoironia. L'intervista di Sandro Giorello, le illustrazioni di Andrea Mozzato e, in anteprima esclusiva, il video di "So Now You Have To Choose Between My Two (Black) Lungs" girato da Figliotucano.
Ciao Federico, grazie per aver accettato l'intervista. Immagino siate molto impegnati tra concerti e promozione del nuovo disco.
Ci siamo presi una pausa per le vacanze di Natale, il 26 dicembre è anche il compleanno di Vittorio. Riprenderemo i concerti tra poco. Adesso siamo al lavoro su un altro progetto, stiamo terminando la colonna sonora di un documentario. Si intitola "Lidia: dalle cinque alle sette" ed è stato girato da Carlo Altinier. L'ha ambientato nel paese d'origine della madre, Genzano, in Basilicata. Racconta la storia di questo paese che dopo il terremoto è rimasto abitato quasi esclusivamente da persone anziane e dell'arrivo di alcune badanti est europee venute a lavorare lì. L'arrivo di queste donne è una specie di bomba che sovverte tutte le dinamiche interne del paese, il film racconta cose assurde: come l'ottantenne che si mette a piangere quando la badante va in Romania per trovare i parenti perchè ha paura che lei non voglia più tornare, o l'uomo di mezza età che si innamora di una di queste donne ma che non si fa mai vedere con lei perché, appunto, straniera e la costringe a incontrarlo di nascosto nel paese vicino. E' interessante perché rivedo quella che può essere la mentalità di un piccolo borgo e, benché ci siano tutti i tratti distintivi di un paese del meridione, trovo ci siano molte somiglianze con i paesi del Veneto o del Friuli.
Ci siamo lasciati l'anno scorso dicendo che crescere vuol dire "riuscire a dire basta", e poi scopro che per le registrazioni di questo nuovo disco non vi siete posti limiti di tempo.
Tutto è partito da questa nuova possibilità: Davide del Bombanella Studio ha iniziato a suonare con noi dal vivo, non direttamente sul palco ma restando al mixer e usando degli effetti. Abbiamo sviluppato l'aspetto live assieme e per tutto il 2007 abbiamo fatto i concerti in quattro. In seguito ci ha proposto di produrre il disco, ovviamente incastrando gli impegni dello studio con i nostri. Per la prima volta, quindi, non abbiamo avuto problemi di soldi e di tempo. Ci abbiamo impiegato da ottobre 2007 fino a maggio 2008, per chiuderlo poi definitivamente lo scorso ottobre.
E' un concept?
Si, con tutta l'autoironia che ci deve essere quando si usa la parola concept. Soprattutto se ci si riferisce ad un concept eretico o religioso.
Perché fare un concept album sull'eresia?
Perché la religione… questa proto-leggenda che ci ha accompagnato fin dall'inizio è una sorta di alone che ci circonda e che trova determinati riferimenti sia nelle scelte estetico-musicali che nei testi, o nelle di idee o in determinati passaggi, se così vogliamo definirli. Si è partiti dal discorso di eresia nel senso primario del termine, quello "di scelta". Si riferisce alla scelta fatta da noi, Federico, Vittorio e Chiara, e alla nostra decisione di lavorare in un certo modo e confrontarci con il pensiero religioso, che è una delle cose che ci contraddistingue meglio come italiani.
Mi pare un cosa molto complicata…
Sembra una cosa molto complicata, in realtà è molto semplice (ride, NdA). Fare un concept sull'eresia vuol dire mettere al primo posto le scelte, dire: siamo arrivati ad un certo livello di… non voglio più chiamarla maturità ma… consapevolezza delle proprie responsabilità, per cui possiamo e dobbiamo fare delle scelte sia musicali che ideologiche. Anche se ideologico è un termine pesante, non voglio mai essere troppo perentorio perché le contraddizioni sono le cose più belle che esistono al mondo. Più concretamente: abbiamo subito lavorato sui testi, tempo fa, invece, partivamo da un suono e poi cercavamo qualcosa di interessante da dire con la voce. Per "...And He Told Us To Turn To The Sun" sapevamo fin dall'inizio che sarebbero state 9 tracce, avevamo già in mente i titoli e lo sviluppo che dovevano avere. Le pause e i silenzi. E quindi il messaggio che dovevamo dare… e il messaggio è: darsi la possibilità di scegliere e, di conseguenza, assumersi le proprie responsabilità. Questo in termini religiosi diventa "eresia", cioè scegliere una via diversa dalla traccia guida.
Chiudete il disco dicendo "Satan worshippin' ain't another path for pro choice", sembra quasi uno slogan politico.
Le due frasi con cui si conclude sono questa e quella della canzone precedente, è una citazione dei Devo e dice "Are We Devil, We Are Evil". La canzone dei Devo diceva "We Are Devo"… è una citazione che ci piace moltissimo perché è autoironica pur mettendo in mezzo cose più pesanti come il diritto alla scelta, l'adorare Satana… concetti contrastanti che però rendono bene l'idea. E' quasi uno slogan femminista (ride, NdA), non ci avevo mai pensato prima. Effettivamente molti slogan femministi tiravano in ballo le streghe e molte altre cose successe nel medioevo.
Come al solito faccio fatica a leggere l'aspetto più comune, se vuoi concreto, delle cose che dici. Eppure mandate avanti un'etichetta, organizzate tour, non mi sembrate intellettuali che vivono fuori dalla realtà.
Mi diverte il fatto di poter stare in mezzo alle cose, essere completamente conscio che non esista alcun significato politico, politico in senso lato, di quello che facciamo. E sono il primo a subirne il fascino… Mi viene in mente una canzone degli Swans, dice "lasciate entrare la luce, che vi danni all'inferno" è una contraddizione che mi fa sorridere ma quando ascolto questa frase pronunciata da questo vocione su un ritmo così percussivo e ossessivo mi sento come… ripenso a quando ero bambino e andavo in una chiesa altissima, sentivo i canti e immaginavo che da un momento all'altro si sarebbe aperto il tetto e sarebbe entrato… Sicuramente siamo un gruppo molto pragmatico, ma le nostre scelte sono dirette verso quello che ci piace fare, a prescindere che sia più o meno fruibile da chi ci ascolta. Significherebbe dare troppa importanza a noi stessi, tutto avviene in modo più semplice. Le scelte sono: vuoi fare un tour in America? Ok, sappi che le ferie che disponi in un anno andranno a finire lì. Ma è solo uno dei mille tasselli che compongono l'insieme, perché sei un operaio della musica ma anche quello che, con le luci soffuse, ha la possibilità di fare una predica. A volte fai la faccia seria, a volte ridi… come quando capita che il prete non si sente bene e fa leggere la predica al chierichetto e lui la legge facendosi scappare una ristata ogni tanto.
("So Now You Have To Choose Between My Two (Black) Lungs", di Figliotucano).
Mi racconti qualcosa di "I Ran Out Of Fuel And A Viper Just Bit Me"? Il titolo c'entra con una cosa simpatica che mi è successa. Mi capita spesso di dimenticarmi di mettere benzina alla macchina e una volta, sulla strada tra Treviso e Mestre, sono rimasto per l'ennesima volta a piedi, proprio mentre stavo pensando al testo di questa canzone. Non c'erano distributori per chilometri, sono uscito dall'auto e sono andato a comprare delle bottiglie d'acqua da svuotare per poi metterci il carburante. Mi è venuto da ridere pensando: sono rimasto senza benzina, manca solo che adesso una vipera mi morda e che l'ultimo pensiero prima di morire sia il testo di una mia canzone.
Non avete mai parlato d'amore nelle vostre canzoni?
Mah… si. Mi viene in mente una canzone che avevamo registrato per la seconda "Madcap compilation", era una descrizione di come io e Chiara vedevamo il nostro possibile matrimonio, tutti vestiti di nero, anche il gatto, faceva ridere. Altre cose… Sai, a volte i testi sono composti da piccoli frammenti di frasi che messe insieme hanno un senso compiuto per chi legge ma per me che le ho scritte hanno altri significati e altri riferimenti… "Never Forget You Have A Choice" penso sia una canzone che si riferisce anche alla vita di coppia… anzi, sicuramente.
Una diversità di questo disco rispetto ai precedenti sta nell'utilizzo delle voci.
Si è vero… mentre prima c'era una voce portante e poi dei cori, adesso ci sono più voci e ognuna ha la sua importanza. Ci possono essere ancora dei momenti in cui una voce è la principale, ma la maggiorparte delle volte si creano dei dialoghi, domanda e risposta. Io la vedo più come una corale dove le voci si scambiano continuamente le parti.
(Benedenizione #79, di Andrea Mozzato)
Vorrei che mi raccontassi qualcosa degli house concert che avete fatto ultimamente, mi riferisco sia a quelli del tour americano che a quelli italiani.
Ci siamo confrontati con diverse situazioni, soprattutto negli Stati Uniti… la prendo larga, abbiamo notato che lì la gente non si danna l'anima alla ricerca di una scena, si sente davvero parte attiva di una comunità musicale. Un concerto in casa, quindi, ha la stessa importanza che può averne uno in un locale. La cosa che mi è piaciuta molto è che lì sono iper organizzati nel loro essere "disorganizzati": un sabato, nel tardo pomeriggio, abbiamo suonato in una cucina a San Francisco, quando siamo arrivati c'erano già molti degli invitati e quindi è stato un po' difficile montare gli strumenti e prepararci, quando abbiamo iniziato a suonare, però, ci siamo accorti che la cucina aveva una predisposizione tale che pur essendo molto piccola riusciva ad accogliere molte persone. Sopra i fornelli c'erano dei ganci a cui ci si poteva appendere, quindi c'erano le persone che occupavano il pavimento e poi due tre giri di persone in piedi sopra i fornelli. E poi la cosa che mi ha fatto molta impressione era che tra il pubblico c'era Carla Bozulich e gli Xiu Xiu, che avrebbero suonato da lì a tre ore in un altro locale, sempre a San Francisco. Abbiamo fatto il concerto e dopo ci siamo spostati tutti in quel locale. Sembrava una cosa elementare: inutile fare un concerto la stessa sera che sono programmati Xiu Xiu e Evangelista (il progetto di Carla Bozulich, NdR) in un altro posto, allora si fa un concerto nel pomeriggio e si invitano anche i gruppi che suoneranno la sera, fatto il concerto ci si sposta tutti insieme e si va a quello successivo. Cerano 70-80 persone e abbiamo venduto 12 cd, per noi è un ottimo numero.
Immagino…
Inizialmente credevo fosse una mossa sbagliata, quando vado negli Stati Uniti devo capitalizzare ogni data al fine di farmi conoscere il più possibile, poi sono rimasto contento anche da un punto di vista meramente promozionale. Perché questi eventi sono tutti inseriti in un determinato circuito di persone, ti faccio un altro esempio: il giorno dopo, la domenica, abbiamo suonato in un parco, alcune persone hanno portato un generatore in una piccola arena naturale. Con noi ha suonato il batterista degli Xiu Xiu con un suo progetto free jazz. Il pubblico era formato da un centinaio di persone e tra queste c'erano due ragazzi che avevano un open space, non so se erano pittori o cosa. Questi dopo la nostra esibizione ci hanno chiesto se volevamo fare un altro concerto il giorno successivo. Alla fine abbiamo suonato con Carla Bozulich e il chitarrista dei Deerhoof, oltretutto a quest'ultimo siamo piaciuti molto e ha addirittura detto in un'intervista su Pichfork che il nostro è stato il più bel concerto che aveva visto nel 2008. Quindi una data "tappabuchi" si è rivelata poi una delle più significative di sempre.
E in Italia?
Anche qui in Italia si stanno creando situazioni di questo tipo, magari nascono come riempitivo perché è saltata una data e allora si improvvisa un concerto in casa per far sì che il gruppo non rimanga a piedi. Ma non è un concerto con meno dignità rispetto a quelli fatti nei locali. Semplicemente è una cosa diversa.
Non è una cosa per pochi?
Sicuramente, ma dipende da come viene fatto. Ad esempio, noi abbiamo un'amica che ha una taverna e spesso organizziamo degli house show, la scorsa settimana sono venuti i June da Cagliari, eravamo una sessantina di persone. So che Tizano, Bob Corn, ne organizza spesso. Anche i ragazzi del Mearivloutione di Anghiari, in provincia di Arezzo.
Da milanese acquisito prevedo il rischio che questi eventi perdano il loro aspetto genuino e si tramutino nella solita cosa da addetti ai lavori.
Si, se viene fatto come una cosa "figa" o "giusta" allora rimarrà un evento per pochi eletti, se viene vista come l'unica cosa che il gruppo può fare quel giorno per suonare diventa invece una cosa fruibilissima. Conosco tanta gente che non segue la musica e non va nei locali, perché magari non gli interessa così tanto la musica o non gli piacciono determinati ambienti, ma se vengono a sapere che ci si ritrova tutti in una casa e che c'è anche un gruppo che suona sono molto più disposti ad ascoltare e magari si comprano anche il disco a fine serata. La cosa migliore da fare è dare all'evento meno significati possibili. Farlo per quello che è: uno mette la casa, qualcuno porta da mangiare, qualcun'altro porta il vino, uno passa con il cappello per raccogliere due soldi per la benzina, il gruppo suona.
(Saints Shaped Wolfs, di Andrea Mozzato)
"...And He Told Us To Turn To The Sun" esce anche su cassetta. Capisco il ritorno del vinile, ma la cassetta…
In realtà non è ancora uscita, uscirà a brevissimo. E' stata una proposta di un nostro carissimo amico, Toni Cutrone, membro degli Hiroshima Rocks Around e dei Trouble Vs Glue nonché titolare della No=Fi recordings. Toni segue da tempo una serie di uscite super limitate in cassetta e in 7". Eravamo a Roma perché dovevamo suonare in alcune scene di in un film ("Aspettando Godard" del regista palermitano Alessandro Aronadio, NdR) e lui ci ha prestato la batteria. Aveva sentito il disco e ci ha detto che gli sarebbe piaciuto fare un'edizione in cassetta, giusto 70 copie. Il bello è che è stata una cosa così, spontanea, senza pensarci troppo.
Non so sei hai letto l'intervista che ho fatto ultimamente a Marco Fasolo dei Jennifer Gentle, sull'argomento fai-da-te ha detto che avere collaboratori validi è indispensabile per la crescita di un gruppo e che, sostanzialmente, da soli non si fa nulla. Sei d'accordo?
D'accordissimo, ovviamente ci deve essere un momento iniziale dove uno prende consapevolezza che vuole fare qualcosa… ma credere di poter fare tutto da soli è impensabile. Ti faccio un esempio: il nostro disco esce per Boring Machines, può sembrare una contraddizione non pubblicarlo per la nostra Madcap, in realtà stimiamo talmente il lavoro fatto da Onga con la sua etichetta e con la sua agenzia, la Basemental, che quando ci ha proposto di fare il disco con lui eravamo contentissimi e abbiamo subito accettato. Abbiamo così la possibilità di lavorare con una persona di cui ci fidiamo, che ci promuove a dovere il disco, che può supportarci a livello logistico per l'organizzazione di eventuali concerti, che può darci consigli o farci critiche e, non ultimo, che può investire soldi su di noi. Il fai-da-te è sempre la spinta iniziale, ma rimanere da soli non ti porta da nessuna parte. E' come se uno decidesse di seguire determinati dettami per tutta la vita, non avrà mai momenti critici e non avrà mai la possibilità di crescere. In più puoi costatare che c'è davvero uno sviluppo nelle cose che fai: parti in sala prove da solo, registri le prime cose, ti trovi i concerti, poi trovi qualcuno che ti dà due soldi per registrare un disco, qualcuno che ti organizza le date all'estero, qualcuno che ti fa la promozione in radio o che ti mette in contatto con nuovi mailorder… è un percorso imprescindibile per crescere e imparare a far qualcosa.
Che band italiane ti piacciono?
Hai citato i Jennifer Gentle, per me sono uno dei gruppi che più stimo a livello mondiale, sia per la proposta musicale chr per l'attitudine nel fare le cose. Altri italiani… beh la lista è lunga.
Qualche gruppo giovane?
Ecco, gli Slumberwood, vengono da Padova, usciranno, penso, a marzo per la A Silent Place e hanno fatto un disco davvero bello, era da tempo che non ascoltavo un album dall'inizio alla fine e subito dopo sentivo il bisogno di rimetterlo su.
C'è un gruppo, italiano o internazionale, che negli ultimi 5 anni ha cambiato davvero qualcosa nella storia della musica?
I Liars e penso al loro secondo disco. Credo che, per me, sia uno dei dischi più belli in assoluto e loro sono un gruppo che adesso sta dando davvero tanto alla musica. Lo so, sembra una frase retorica, ma… si, loro hanno cambiato davvero qualcosa. E poi mi sta piacendo molto il percorso che sta facendo Michael Gira.
Ci lasciamo con la tua top ten di fine anno.
Eccola…
Death Sentence Panda "Insects awaken"
Dead Western "Soften Your Screams Into Sings"
Evangelista "Hello, voyager"
Women "Women"
U.S. Girls "Kankakee Memories"
Terrible Eagle "Ep"
Indian Jewelry "Free Gold"
Andrea Rottin "Songs About Nightmares"
Beatrice Antolini "A due"
Stop The Wheel "The Preacher"
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L'articolo Father Murphy - Telefonica, 03-01-2009 di Sandro Giorello è apparso su Rockit.it il 2009-01-12 00:00:00
COMMENTI (4)
alla faccia del conflitto d'interesse, santi subito! :)
loro ci stanno!
thanx man!!!:)
moz spacca sempre.