”Crime stories” è il quarto album dei Cheap Wine ed è un’altra grande produzione del fertile underground italiano che meriterebbe una maggiore esposizione. Un viaggio musicale che affranca il gruppo dal fastidioso - ed oramai poco indicativo - ingombrante paragone con il paisley underground. In questo disco c’è molto di più e se tutti foste un tantino più curiosi andreste a scoprire album prepotentemente classici come questo. Se ogni tanto si distogliesse lo sguardo dai soliti noti, si scoprirebbe come lo spirito originario del rock ‘n’roll continua a riproporsi in maniera eccellente
Di questo nuovo lavoro ne abbiamo parlato con Marco Diamantini, voce e chitarra del gruppo marchigiano…
”Crime stories” è un concept album. Il tema del crimine è emerso al momento della stesura dei testi, oppure è stato concepito a priori?
L’idea d’origine era quella di analizzare il crimine in senso lato. Non solo quello classico che può essere punito con il carcere, ma anche quello comportamentale - primo fra tutti quello del mancato rispetto delle proprie aspirazioni. Per cui abbiamo analizzato questi temi e li abbiamo sviscerati nelle canzoni, senza dare un giudizio, ma semplicemente osservandoli. Non vogliamo dare delle risposte, semmai stimolare delle domande e lasciare all’ascoltatore le risposte.
Questa mancanza di rispetto per le proprie aspirazioni certamente non vi riguarda, visto che continuate caparbiamente a fare di tutto per proporre un’idea di musica rock, che in troppi, frettolosamente, giudicano fuori moda.
Il nostro primo obiettivo è suonare la musica che abbiamo nell’anima, continuando a scrivere secondo i nostri canoni. Se poi qualcuno ci definisce fuori moda, oppure continua ad associarci al ‘paisley underground’, faccia pure… a noi non interessa. L’importante per noi è continuare sulla nostra strada. Per questo, anche se continuiamo con l’autoproduzione, ci siamo dati una struttura molto professionale, per continuare ad andare avanti con i nostri mezzi senza condizionamenti. Il rispetto primario delle nostre aspirazioni resta quello di suonare musica rock secondo i nostri canoni.
Sono canoni classici del rock quelli da voi usati e qualcuno può, a giusta ragione, dire che non c’è niente di nuovo nella vostra musica. Ma a questo qualcuno si può tranquillamente obiettare che seguire un modello non necessariamente coincide con qualità, se non si hanno le doti di scrivere belle canzoni - doti che per fortuna sono molto presenti nel vostro songwriting…
Secondo la mia concezione di musica, il centro di tutto resta la ‘forma-canzone’. Un album deve contenere delle belle canzoni, che devono essere interpretate in un certo modo.
Quanto all’originalità, francamente credo che attualmente non ci sia nessuno in grado di esserlo, visto che la musica è stata esplorata e suonata in ogni maniera possibile. La distinzione fra musica ‘originale’ e ‘non-originale’, non sta in piedi; L’unico criterio di distinzione resta quello che divide la buona dalla cattiva musica. Usare un sintetizzatore al posto delle chitarre, non rende automaticamente una musica originale. Può essere più aderente alle mode del momento, ma queste a noi non interessano.
A me sembra che i protagonisti delle crime stories siano degli uomini soli…
Questa è un’osservazione interessante... Più che altro sono personaggi che hanno commesso degli errori, o perlomeno azioni che vengono ritenute tali. Hanno trasgredito delle regole, poi bisogna valutare che non siano queste ad essere sbagliate. In base ai comportamenti questi personaggi vengono messi al bando, poi chi ascolta può collocare le storie in una personale griglia d’interpretazione.
L’uomo protagonista del brano “Reckless” mi pare abbia una storia d’amore fallita alle spalle. L’amore è un protagonista marginale di questo album?
Si, a me non piace scrivere canzoni d’amore, preferisco che il tema scaturisca da storie che parlano d’altro. In realtà questo sentimento pervade la vita di molti e quindi muove anche le fila dei personaggi di “Crime stories”.
Il cd è corredato da un bellissimo booklet, che riporta i disegni del batterista Francesco ‘Zano’ Zanotti e dal quale esce un’immagine cattiva dei Cheap Wine, per certi versi incredibile. Vederti con la sega elettrica in mano, in versione killer splatter, lascia sgomenti…
Zano è un disegnatore straordinario! Le tavole del booklet che ha realizzato, sono state disegnate ancor prima che io scrivessi i testi delle canzoni. Lui ha solo preso spunto dal titolo del disco, poi sono capitate cose magiche: se pensi che lui non conosceva i testi ed io non ho visto i suoi disegni, e vedi come alcuni siano perfettamente attinenti alla canzone, ha dell’incredibile. Evidentemente l’intesa musicale si è trasferita anche ad altro.
Parliamo degli ospiti presenti sul disco: ci sono violini, tastiere, pianoforti e le canzoni sono mediamente lunghe. Com’è andato il lavoro in studio?
E’ stato un lavoro lunghissimo: i brani sono complessi ed hanno richiesto una cura particolare. Sono frutto di una ricerca che è durata due anni, in pratica dall’uscita del precedente “Ruby Shade”. Le tastiere le suona Alessandro Castriota, che oltre ad essere un eccellente ingegnere del suono è anche un valente strumentista. Per le parti di violino, che ritengo uno strumento efficace per dare profondità ai brani rock se usato in un certo modo, ci siamo affidati ad Alessandra Franceschetti che suona nei Linea Maginot.
L’andamento sonoro dell’album è in genere molto grintoso. Anche le ballate presenti, sono contraddistinte dagli assolo di chitarra, con dei vistosi crescendo. Cos’è… l’ego di Michele che viene fuori?
Lui è un chitarrista eccezionale, ma i brani non sono costruiti per i suoi assolo. Mentre si sviluppano, lui ha la capacita di imprimere il suo marchio nel brano e noi lo lasciamo fare. E’ difficile nell’attuale panorama rock italiano trovare un chitarrista del suo calibro, capace di scrivere delle partiture così complesse. La nostra fortuna è quella di averlo nel nostro gruppo, per cui gli lasciamo modo di esprimersi.
Giunti al quarto album che aspettative avete nei confronti di chi lo giudica in sede di recensione?
Devo dire che se l’unico mezzo di diffusione per la promozione fosse la radio, per noi sarebbe l’ideale. Perché chi ascolta potrebbe farsene un’idea senza l’intermediazione del giornalista e si abbatterebbe subito il muro della musica fuori moda visto che quando la si ascolta, la si recepisce immediatamente. Questa perlomeno è la mia esperienza, formatasi in questi sei anni di attività.
Le nostre aspettative sono comunque elevate, perché ci abbiamo messo tutto quello che avevamo, da ogni punto di vista. E’ stato anche un percorso ricco di soddisfazioni, perché siamo riusciti ad ottenere in studio, quanto ci eravamo prefissi. E’ chiaro che teniamo anche al giudizio della critica e del pubblico, per cui sei i giudizi saranno positivi, tutta sarà più bello.
Ora che le canzoni sono diventate degli ascoltatori, non vi capita di essere gelosi dell’uso che se ne farà? Verranno capite? Saranno canticchiate male o strimpellate peggio?
La nostra aspirazione è quella di condividere la musica prodotta con più gente possibile. Fra coloro che hanno ascoltato sinora il disco, molti mi hanno confidato di essersi trovati ad arrivare in fondo all’album come al termine di un viaggio. Mi piace sperare che sia una sensazione che possano avvertire in tanti nel futuro.
L’ordine delle canzoni di “Crime stories” è stato quindi pensato in questa funzione?
E’ sempre così. Io da ascoltatore, metto sempre la musica in ordine come se rappresentasse la mia colonna sonora ideale. Ascoltarla in macchina è un modo di subliminarla.
La magia della musica è proprio quella di trasportarci in un viaggio, se ti trovi ad avere la colonna sonora giusta, che sappia darti emozioni, tutto quello che incontri ti apparirà in maniera diversa. L’idea della colonna sonora sarà sempre una peculiarità dei Cheap Wine.
Cosa manca al rock prodotto in Italia per potersi affermare definitivamente?
Manca l’ascolto. Purtroppo il rock non viene fatto ascoltare alla radio, salvo rare eccezioni. C’è una sorta di bando nei confronti della musica rock. Non c’è esposizione in questo periodo storico, anche se io credo che il pubblico italiano sia recettivo nei confronti di questa musica che ha una forte carica passionale.
---
L'articolo Cheap Wine - telefonica, 03-10-2002 di Eliseno Sposato è apparso su Rockit.it il 2003-01-16 00:00:00
COMMENTI