Da poche settimane è uscito per Urtovox "Nalt 2 – Liquid Modernity" dei Les Fauves. Una indie-pop band lisergica e psichedelica che è partita dalle gioie dei dildo per approdare alla teoria della modernità liquida del filosofo Zygmunt Bauman. Quando si dice i percorsi della vita. Quattro chiacchiere su questo e altro con Case, batterista della band, il giorno prima della trasferta del gruppo negli Stati Uniti. Destinazione: South By Southwest Festival.
Case, prima di cominciare questa intervista mi dicevi dei casini per andare al festival Sxsw.
La seconda parte del pomeriggio è stata veramente caotica. Quelle maledette valigie. Potevamo imbarcare in aereo il furgone che facevamo prima! In pratica il set live del nuovo tour è un po' complesso.
In che senso?
Usiamo una batteria elettronica anni 80, la Simmons esagonale attaccata ad un campionatore che ha i suoni che abbiamo fatto per il disco. In pratica abbiamo messo tutto in valigia e il risultato è che abbiamo tanta roba pesante. Il rischio tremendo è che gli hard disk dei campionatori si rompano e vengano trattati male dagli imbarchi aerei (nella stiva).
"Nalt 2 - Liquid Modernity". In una vecchia intervista rilasciata a Rockit avevate detto che il primo disco era il capitolo uno di una trilogia. Con quel lavoro rappresentavate l'età infantile. Dunque ora siete nella maturità?
Dai, tarda adolescenza. O magari si va al contrario.
Cioè?
Il disco è pieno di ciò che avevamo dentro, senza la razionale maturità.
E cos'è che avete dentro?
Un sacco di cose che abbiamo cercato di esprimere nel modo più particolare possibile, dalla scelta dei suoni alle strutture, in modo da fare qualcosa di diverso. Sapendo che il rischio era quello che venisse considerato un po' troppo confusionario, irrazionale e quant'altro, soprattutto dai giornalisti che non sempre hanno voglia e tempo di dedicare molti ascolti ad un promo.
Ti riferisci a qualcuno in particolare?
No dai! Stanno uscendo le prime recensioni.
E come stanno andando?
Beh, mi aspettavo di peggio. Chi l'ha ascoltato bene ha scritto cose che ci hanno fatto un enorme piacere. Chi non l'ha ascoltato più di una volta ha scritto proprio ciò che ci aspettavamo. Ma ci sta.
Il disco è particolarmente denso. Nel senso che c'è dentro tanta roba buona. Un passo avanti rispetto al precedente.
Quello dev'essere l'effetto del registrarselo da sé.
Avete giocato ad aggiungere anziché a sottrarre.
In verità abbiamo avuto sempre questa attitudine. Potrei mandarti i provini che mandavamo ad Urtovox prima di andare in studio a registrare il primo disco. Sono molto più simili a "Nalt.2" di quanto immagini. Poi quando vai in uno studio serio per due settimane massimo fai fatica a produrre una cosa del genere. E vengono fuori brani più scarni e razionali. Proprio per questo ce lo siamo registrati noi a discapito della qualità.
Stavolta come sono andate le registrazioni?
Sono state abbastanza folli. Siamo stati diversi mesi in sala prove, quindi abbiamo avuto tanto tempo utile. Ma siamo dei cazzoni, sicché in verità si riduce a un sacco di cazzeggio. Un clima familiare comunque, ospiti amici e tutto quello che ne consegue.
Quanto è importante il cazzeggio all'interno della "vita" di una band?
Alle volte averne meno non sarebbe male. Non siamo una di quelle band votate al successo, con la mania delle prove o con delle rigidità. Andiamo di voglia e passione. Quando c'è meno passione subentra la vita vera.
Qual è la vita vera per i Fauves?
Ogni Les Fauves ha la sua vita vera, ricavata intorno, in realtà. Perchè questi anni sono stati tanto belli quanto densi di cose da fare, viaggi, persone, emozioni. Siamo un po' alieni, ti dirò.
Se c'è una vita vera intorno, il progetto Les Fauves che cos'è allora per voi?
La vita vera è necessaria per non impazzire di vita finta. Chi è a questi livelli (diciamo semi professionali) può immaginare cosa intendo. Prima di tutto bisogna mantenersi in qualche modo.
E la musica non dà da mangiare.
No. È sacrificio (davvero), fatica e passione. E solo perché è magnifica che uno non se ne accorge neanche. Tra dieci anni magari guardando indietro ci chiederemo se eravamo pazzi.
Tu come ti vedi tra dieci anni?
Non ne ho la più pallida idea. Ho molte porte ancora aperte.
Sai, quando vidi per la prima volta il video di "How Our Dildo Can Change Your Life" pensai che eravate un gruppo di cazzoni montati.
Non sai che lotta per fare quel video. Avevamo pensato delle idee assurde. Ci venne poi proposto quel video e l'abbiamo fatto, per velocizzare i tempi. Diciamo che quel video è preso tuttora come un esempio di cosa non fare...
Insomma, col tempo siete riusciti a prendermi in contropiede e ad andare ben oltre. Ora addirittura citate il filosofo Zygmunt Bauman e la sua teoria della modernità liquida nel titolo del vostro disco.
C'è sempre stato tra di noi la sensazione di non apparire per quello che eravamo, dal video al primo disco.
Quanto era voluta quell'immagine sexy e quel suono un po' easy?
Non molto voluta. Il suono allora avrebbe potuto già essere alieno ma comunque ci rispecchiava abbastanza. Il problema di esprimere un'immagine non era facile per un gruppo fatto di persone come noi. Non ci piace vestirci o mostrarci diversi da come siamo. Non a caso in seguito siamo stati semplicemente noi stessi: minchioni cui piace stare in quel garage a costruirsi tutti i suoni.
Che cosa rappresenta la teoria di Bauman per i Les Fauves?
Non darei troppa importanza a questo aspetto filosofico, come abbiamo voluto venisse scritto nel comunicato stampa.
Io non leggo i comunicati stampa.
Io sì e sorrido, infatti. "Nalt 2" comunque vuole essere un disco intelligente ma non intellettuale. Se fossimo intellettuali le nostre carriere universitarie non sarebbero state così disastrose.
Che cosa intendi per disco intelligente?
Forse non è la parola più corretta, perché intelligente mi sa di troppo razionale (ma magari no).
Che tipo di disco è "Nalt 2", allora?
Non redo che sia un album rivoluzionario, di quelli che vengono capiti dopo molto tempo. C'è chi ha scritto che è avanti di dieci anni. Ma in realtà è fatto di tante cose che ci piacciono e che fanno parte del passato. Inoltre ci sono piccolissimi passi avanti nei suoni e nel modo di pensare le canzoni. Proprio nel farlo siamo maturati parecchio come musicisti e come orizzonti. Ma è una cosa fondamentalmente nostra.
Rispetto agli altri vostri lavori come lo posizioni?
Credo che sia una sorta di liberazione. Da questo paesaccio in cui viviamo, dal precedente anno un po' difficile per tutti noi, un po' incupito. È bello scoprire che spesso essere solo se stessi non significa escludersi.
Quanto è importante il suono?
Tanto. Abbiamo sbattuto la nostra testa al muro fino a farci rispettare da quei suoni alieni lì, che spesso sono indomabili. Comunque se vieni al concerto milanese del 25 marzo vedrai che anche live cerchiamo di riportare le atmosfere dell'album, solo con un piglio più energico.
C'è una cura maniacale del dettaglio. Pensi che possa essere un ostacolo per l'immediata comprensione del cd?
Non so se il problema è il dettaglio o la modernità liquida. Mia madre l'ha ascoltato a lungo. Giuro, dopo un mese che mi diceva "ma che roba, ma che bruttino, ma non si capisce niente, ma perché non fate le cover o andate a X Factor", poi l'ho vista canticchiare il primo pezzo. Se piace a lei...
I testi mi sembrano ironici e vagamente non sense. Sbaglio?
No, non ti sbagli. Questa volta sono anche nel libretto del disco perché sono molto carini.
Come mai esportiamo così poca musica all'estero?
La cultura, innanzitutto. Le poche persone impegnate nella musica buona in confronto ad altri paesi. Per cui meno gruppi buoni, pochissimo potere alle etichette e poca credibilità, spesso per ignoranza estera. Al di fuori dell'Italia bisogna farsi largo con passione e buoni dischi. E suonare dei live che facciano sfracelli.
Dove vi siete trovati meglio?
Direi piuttosto dove ci siamo trovati peggio, ovvero in Inghilterra. In Belgio e Spagna invece è stato molto bello. Ma la gavetta per un italiano è woooo (dentro al woooo c'è tutto). Io poi ho l'impressione che anche se proponiamo buona musica e suoniamo in una serata con altri gruppi esteri che quasi sempre valgono la metà di qualsiasi band che suona al Mi AMI, noi partiamo da -79 prima di un concerto, in confronto agli altri. Ecco, prima o poi le band italiane arriveranno a zero. E non ce ne sarà più per nessuno.
Come lo spieghi questo svantaggio iniziale?
Ci sono tanti pregiudizi. Spesso però è la complessità che ha intorno un gruppo italiano: viene da lontano, non è perfetto nell'inglese, non si gestisce come un gruppo inglese, non è presente. È un problema in più per gente che comunque ha già parecchi casini. Magari pensa che un gruppo italiano è meno vendibile.
Ultima domanda: hai citato per tutta l'intervista alieni, irrazionalità e altra roba strana (tipo wooooooo). Non è che devi dirci qualcosa che non sappiamo ancora?
Certo, ma poi me la fate tra due anni la prossima intervista! Quindi non dico nulla! Un saluto ai lettori di Rockit!
---
L'articolo Les Fauves - Telefonica, 13-03-2009 di Manfredi Lamartina è apparso su Rockit.it il 2009-03-30 00:00:00
COMMENTI (2)
"Io poi ho l'impressione che anche se proponiamo buona musica e suoniamo in una serata con altri gruppi esteri che quasi sempre valgono la metà di qualsiasi band che suona al Mi AMI, noi partiamo da -79 prima di un concerto, in confronto agli altri. Ecco, prima o poi le band italiane arriveranno a zero. E non ce ne sarà più per nessuno."
AHAHAH AH
questo ragazzo la sa lunga
Il disco è davvero bello, ricco di idee, di suoni, originale negli arrangiamenti e nella struttura stessa delle canzoni.
Davvero, a dischi così non gli si può chiedere nulla di più.
E un "woooooo" alla batteria esagonale che è sempre molto anni 80!