Appino degli Zen Circus intervista Alessandro Fiori. Ne esce una terapia a due, in cui si scava nella storia dei singoli, nel rapporto con il padre e con i figli, con la musica e con se stessi.
INTRO
Pensate voi, il Fiori lo conoscemmo con gli Zen nel 2001 suonando con i Mariposa per un concerto organizzato proprio da Rockit. Corsi e ricorsi storici che mi portano ad intervistarlo oggi con il suo secondo disco solista proprio sullo stesso sito che ci fece incontrare 11 anni fa. Da quel giorno ci siamo visti saltuariamente ma regolarmente e ci siamo sempre voluti tanto bene, senza mai aver bisogno di dirselo, lo sapevamo e basta. Su due linee parallele siamo andati avanti per tutto questo tempo indenni attraverso tutte le mutazioni di questa balorda e comunque adorata musica indipendente italiana. Un sacco di gruppi e progetti ci affiancavano, altri finivano, altri ci soppiantavano, altri se ne andavano in un soffio, altri rimanevano mentre noi ed i Mariposa eravamo sempre lì, sempre a fare un disco nuovo, sempre con un'idea folle, sempre a incasinarci la vita e sempre senza una lira. Poi le traiettorie delle due linee si sono allontanate fino ad Ottobre dello scorso anno quando Alessandro mi disse che se ne andava dai Mariposa, così come se fosse la cosa più normale del mondo. A me venne quasi da piangere, chiamai Ufo immediatamente (di nascosto…) e ne parlammo come solo credo le fan di certe boyband.
La stessa sera si decise di suonare insieme "Figlio di puttana", tipo venti minuti prima di un suo concerto a Pisa mentre si bevevano svariati Montenegri in osteria. Solo che lui il testo proprio non se lo ricordava allora gliel'ho scritto grande grande su di un foglio. Accanto a me ed Alessandro c'era mio padre, un periodo in cui lo portavo fuori la sera che altrimenti stava sempre e solo in casa sua da un mese a l'altro a fumare stecche di MS. Ora la cosa bella è che mio padre non conosceva la canzone e alla fine mi chiese "Ma è tua?". Alessandro gli fa "Certo eh! Guardi che è proprio bella, il su figliolo è bravissimo!" e candido come il candido di Voltaire gli dette il foglio da leggere mentre io basito sgranavo gli occhi… non avevo mai avuto il coraggio di fargliela sentire per bene. Poi arriva il Fiori e mio padre scopre parola per parola di essere il protagonista di una canzone terribilmente personale. Ecco questo è solo un esempio di quanto il Fiori faccia parte della mia vita, anche se ci vediamo poco. Infatti per questa intervista ci volevamo vedere di persona, addirittura Alessandro pensava di venirmi a trovare a Livorno con tutta la famiglia ma lui e la sua compagna hanno appena avuto una bimba ed oltretutto sono in fase di trasloco.
Quindi optiamo per una "chiacchierata" notturna su Skype. È quasi mezzanotte ed accanto a me sul divano c'è Giulio Ragno Favero del Teatro degli Orrori, ci guardiamo tipo fratellini un documentario sulla pulizia delle "Crime Scenes" in America, insomma su come lavare via i resti dei suicidi da sotto le metropolitane statunitensi. Alessandro risponde praticamente ogni quarto d'ora, con una sigaretta virtuale sua per capire la domanda ed un altra sigaretta virtuale mia per capire la risposta, quindi l'intervista arriverà a toccare un orario indefinito del mattino successivo. Fra una pausa e l'altra mi guardo sonnecchiante questo documentario che si sposta fino allo studio sulla decomposizione dei cadaveri per uso scientifico ed investigativo. A Giulio sarebbe interessato moltissimo ma nel frattempo s'è addormentato come un bimbo e russa anche non poco.
APPINO: Ale, comincio in modo autoreferenziale ma giuro che la smetto subito e ci ritorno solo alla fine. Con gli Zen scegliamo sempre attentamente la prima canzone di ogni disco perché introduca al meglio l'argomento generale, una nostra fissazione. Tu cominci con "Scusami" e quindi mi viene naturale da chiederti: cosa devi farti scusare e da chi?
FIORI: Ho avuto una bimba e questo fatto mi ha cambiato la vita. Ma una bimba si fa in due e quindi insieme alla mia è cambiata anche la vita di Silvia. Allora chiedo scusa a Silvia perché sono arrivato così alla chetichella e le ho cambiato la vita. So bene che le nostre vite sono cambiate in meglio perché nostra figlia Carla è tutt'altro che "un'alba del cazzo" quindi questo chiedere scusa forse non è altro che un pudico ringraziamento (ad una ragazza hanno infilato un punteruolo sulla nuca e le è uscito dalla bocca, NdAPP)
APPINO: Quindi non devi più stare "attento a te stesso" (titolo del primo disco di Fiori, NdR)?
FIORI: Adesso devo stare ancora più attento a me stesso perché hanno bisogno di me anche una figlia ed una madre (una sonnambula parla con un entomologo che ha uno scimpanzé, NdAPP)
APPINO: Giustissimo, ho passato la giornata in compagnia di un bambino e pensavo la stessa cosa, di quanto sia importante esserci per chi ha bisogno di te. Mi ha commosso "Sandro Neri", di lui ne avevi già parlato con Ufo e mi ricorda delle storie simili, finite in modo identico. La cirrosi epatica è la malattia che ti uccide quando bevi troppo o bere troppo uccide la malattia di vivere e la cirrosi epatica non è che un tramite, tipo un boia?
FIORI: Come sei intorcinato!
APPINO: Lo so, perdonami.
FIORI: Credo che il boia di Sandro sia stato lui stesso. Avrebbe potuto ammazzarsi in altri modi, magari buttandosi di sotto dal Sassospicco della Verna. Ma lui ha scelto la cirrosi epatica - come dire - per tradizione familiare (elettrodi nel capo alla sonnambula rimproverata dalla presidentessa del collegio)
APPINO: Certo, lo chiedevo solo perché nutro a priori una fortissima "pietas" per chi si uccide, in particolar modo così lentamente come con l'abuso di sostanze. Quella canzone la metterei insieme al prolasso di "Fiaba contemporanea" e i colpetti di vino in "Senza le dita" in "Attento a me stesso". Quanto ti piace parlare di viscere e di bere? Poi un'altra cosa, per me è così e non me ne vergogno: bere ti aiuta a scrivere meglio?
FIORI: Non ho una particolare predilezione per quell'argomento. In passato mi è capitato di trattarlo solo perché in un certo senso faceva parte della mia vita e di alcune persone che mi stavano vicino. Bere non mi aiuta a scrivere meglio: da ubriaco la scrittura si fa meno narrativa, esplora così a fondo certe questioni introspettive che a volte quando torno lucido non riesco più a ricordarmi quello che avevo scoperto. Quindi, in conclusione, posso dire che l'esperienza di scrittura legata allo stato alterato (non solo da alcol) mi ha insegnato che quando torno in me non faccio altro che uscire da me.
APPINO: Adesso si parla di arrangiamenti: da solista ti ho visto dal vivo spesso anche se le due volte che ti ho visto con una band nella band c'ero io. Hai mai pensato di fare un disco chitarra e voce come poi spesso vai a proporre le canzoni dal vivo?
FIORI: Si ci ho pensato e lo farò. Mi accompagnerò solo con la chitarra classica di mio padre, quella che rubò in spiaggia quand'era un pischello e con la quale ho scritto le mie primissime (e imbarazzanti) canzoni alle medie.
APPINO: Ultimamente mi sono re-innamorato della chitarra classica (per i neofiti: quelle con le corde di nylon). Ingiustamente dimenticata, ne ho comprata una pochi giorni fa. E' uno strumento che necessita più amore, siamo tutti fissati con queste acustiche… manico fine certo, ma un suono ormai terribilmente scontato.
FIORI: … è uno strumento che necessita più amore, son d'accordo.
APPINO: Tornando agli arrangiamenti, "Mi hai amato soltanto" poteva essere la famosa canzone new wave di cui s'è tanto parlato (io ed il Fiori abbiamo in mente da un tot un disco suo in modalità riff-di-chitarra-batteria-in-quattro-quarti-basso-ossessivo). Ed invece l'hai tenuta minimale e delicata al tuo solito: bellissima, la mia preferita in assoluto. Però questo te lo devo chiedere: ma che ti ha fatto di male il rock che non lo hai ancora considerato nei tuoi due dischi? Te lo chiedo perché so che ti piace ed anche perché è il mio linguaggio.
FIORI: Il prossimo potrebbe essere un disco più rock, più che altro direi wave un po' alla Fausto Rossi. E in quello mi piacerebbe tanto farti suonare la electric guitar.
APPINO: Sai che lo farò, te lo propongo da un bel po'. Senti Ale, quanta infanzia c'è nelle tue canzoni? Mi viene in mente Davide Toffolo dei Tre Allegri Ragazzi Morti, amico e scrittore fra i miei preferiti in Italia insieme a te. Soprattutto è uno dei pochissimi che con gli anni migliora, non il contrario come quasi sempre accade. Lui usa l'adolescenza per parlare di tutto lo scibile umano e vi sento simili perché tu usi invece l'infanzia. La usi come un pennello per tutto il resto. Sono pazzo?
FIORI: Diamo pure per appurato che sei pazzo, ma questo vale per tutte le risposte. Toffolo purtroppo non lo conosco, se non come disegnatore, ma già per questo fatto che tutti e due non riusciamo a fare a meno di raccontare anche col disegno me lo fa sentire vicino. Ho scritto molte canzoni che parlano dell'infanzia ("La Vasca" "Giornata d'inverno", "Il gusto di dormire in diagonale", "La Vigna" ecc) ma anche quelle che non trattano l'argomento direttamente sono comunque approcciate con lo sguardo di un infante. Codesto processo regressivo mi aiuta a trovare una pudicizia tale che mi permette di analizzare gli accadimenti come se questi fossero puri e necessari a se stessi, senza i filtri de-compositivi della contemporaneità routinaria ed umiliante.
APPINO: E perché nelle tue canzoni si parla spesso di piedi? Perché sei basso e li hai più vicini? O perché ti piace Conan di Myazaki, che inquadra sempre i piedi nei suoi disegni?
FIORI: Questo è proprio un colpo BASSO. Onestamente non mi ero mai accorto di questa fissa dei piedi (e finché non mi porterai degli esempi non ne sarò così convinto). Comunque sia di sicuro sono innamorato di Myazaki ("Via da Industria" lo testimonia) e di Zinedine Zidane (il più grande artista che abbia mai visto dal vivo, altro che Radiohead) che in fatto di piedi non ha eguali.
APPINO: Basso o non basso hai il culo più tondo che abbia mai visto, quindi non fare tanto la vittima. Non ti chiederò dei motivi che ti hanno fatto allontanare dai Mariposa perché non mi sembra giusto, mi hai già spiegato personalmente e va bene così. Ma rimangono comunque uno dei miei gruppi Italiani preferiti di sempre e io alle band ci tengo particolarmente per ovvi motivi, quindi ti faccio una domanda magari un po' cattiva ma tu non ci rimanere male: non fa più male portare sulle spalle tutta la croce, senza condividerla con nessun' altro? Non ti manca la collegialità? Anche solo quella opportunista di poter dare la colpa a qualcun'altro? Sto per fare un disco da solo dopo 14 anni di band e ti assicuro che lo vivo per certi versi come un salto nel vuoto.
FIORI: Purtroppo quella "collegialità" della quale parli nell'ultimo periodo dei Mariposa era solo sulla carta, come certi diritti democratici nella vita di tutti i giorni. questo aspetto dell'esperienza musicale adesso lo condivido con Asso in Assodifiori e col Parente nei BettiBarsantini. Poi Sara Scheggia nella recensione di questo dolce museo EP ha detto che sembro un po' Gesù: perfetto no?
APPINO: Capisco. Una ragazza con il nickname Lucy nei commenti dello streaming del tuo disco ha detto che "noto che la maggior parte dei nuovi autori italiani trattano nei loro testi principalmente tematiche intimiste di vita borghese, è come se si volessero estraniare dalla realtà che è ben diversa ". Vorrei sentire la tua a riguardo. Poi c'è l'ultima domanda, così ti lascio alle tue due bimbe.
FIORI: Devo dire che quel commento mi ha molto colpito e sono contento che l'hai tirato in ballo. Sulle prime ho pensato che avesse perfettamente ragione, ho fatto una forte autocritica, ho pensato al genocidio in corso in Siria e a me che vado su Rockit a vedere se si diceva qualcosa sul mio disco. Disco tra l'altro confezionato perfettamente intorno ai cazzi miei, con i miei collage bellini per la copertina e il progetto grafico. Da una parte credo ancora che abbia ragione, nella misura in cui accetto di vivere un presente pieno di compromessi nemmeno tanto invisibili, nella misura in cui mi guardo il video della coca cola per tornare sui commenti a verificare se qualcuno l'ha sputtanata con un contro commento cinico. Allo stesso tempo so che il mio vivere quotidiano è tutt'altro che borghese e se la commentatrice venisse a trovarmi le basterebbe molto poco per capirlo... non lo so... il disco è nato insieme ad una figlia, ad una famiglia, ad un nuovo modo di concepire "la casa"... forse ho perso un po' di vista quello che avevo intorno, ma non è stato per egoismo o per mancanza di energia da spendere nella "resistenza"... io mi sono messo a nudo, ho dedicato un pezzo ai Mariposa e uno a mio padre per gratitudine, ho provato nel mio piccolo a non far morire il ricordo di un amico, nell'ultimo pezzo descrivo un futuro poco roseo per mia figlia, con il ritorno delle dittature vecchio stampo... non lo so... l'idea di un disco incentrato su problematiche specifiche trattate all'acqua di rose senza testimonianza sul campo da parte di qualcuno che in realtà vive nell'agio, quello si che mi darebbe fastidio... comunque la ringrazio di nuovo per il garbo del suo intervento e per il modo che mi ha dato di riflettere.
APPINO: Ok. Nel concludere ritorno autoreferenziale come promesso all'inizio, perdonami e perdonatemi. Con gli Zen stiamo vivendo questo estraniante e contemporaneamente esaltante momento che da tre anni o giù di lì ci ha portati da band - come si dice - di culto ad un pubblico vero e proprio, eterogeneo, ampio e particolarmente giovane. Di pari passo alle lodi si sono moltiplicate anche le critiche di generalismo e talvolta di presunta furbizia. Ce le prendiamo tutte, consci che ogni medaglia ha due lati opposti. A prescindere da questo, la tua narrativa - con i Mariposa prima e da solo ora - è certo criptica, difficile e come direbbero alcuni "per palati fini", ma anche assolutamente immediata e di grande impatto emotivo secondo me.
Continuo a vivere come un mistero la gelosia con cui alcuni ammiratori vivono l'esperienza d'ascolto, quasi come volessero custodire il musico in un museo personale, un amore esclusivo e per certi versi soffocante. Non tutti fortunatamente, ma nel nostro caso come quello di tanti altri, si tratta degli stessi che ci hanno subito rinnegati nel momento dell'inaspettato e peraltro tardivo "hype". Il tempo mette a posto tutto, in molti ambiti e certamente anche in questo, ma una domanda mi sorge spontanea: come ti vedresti, emotivo ed intimo come sei, scostante e lunatico di fronte a platee molto più ampie che spesso "bypassano" la tua umoralità perché quello che vogliono è "il Fiori" inteso come la LORO medicina? Son stato pesantissimo, non si può fare di tutta l'erba un fascio, ma te lo chiedo perché mi sento vicinissimo a te in questo.
Anche io son sempre stato scostante e ritrovarmi in questo nuovo mondo è stato tanto difficile. All'inizio mi son chiesto: "Ora il Fiori cosa farebbe???". E ti dirò di più, mi son ritrovato a volte a sentirmi in colpa, stupidamente ed inutilmente. Ricordo che appena uscito si ascoltava "Attento a me stesso" in furgone e si diceva tutti a voce alta: "Questa è davvero l'apoteosi della nuova musica d'autore Italiana, perché non è ENORME? PERCHE?!?". Ma alla fine è così importante? Tu sei felice così vero?
FIORI: Questa domanda è molto articolata e faccio fatica a razionalizzarla in una risposta. Di base credo che un equiparazione in termini di pubblico tra Zen e Fiori non possa stare in piedi... voi in un certo senso avete una grammatica di "genere" - per quanto personalizzata - che può portare anche a vivere delle emozioni "fisiche", poi potete mangiare come dei cinghiali e rimanete sempre secchi perché avete il metabolismo rocchenroll mentre io di base sono un cantautore segaiolo (per quanto panck nell'anima) che se non governa i carboidrati gli cambia subito la taglia. Per farla breve io non potrò mai avere il pubblico che avete raggiunto voi. Non per questo voglio esser considerato un autore di nicchia, che mi sa di snob o di San Francesco puzzolente che dorme nell'incavo d'una parete rocciosa. Anche il mio pubblico sta crescendo, è un pubblico bello, ci sono sempre più giovani ed io sono felice così.
OUTRO
A questo punto ero già collassato insieme a Giulio, anzi questa ultima risposta l'ho trovata sul mio computer solamente la mattina dopo. E mi dispiace un po' perché avrei spiegato volentieri ad Alessandro cosa volevo dire con tutto quest'ultimo papier di domanda. Non volevo sembrare smargiasso, non volevo paragonare proprio nessun pubblico. Volevo solo sapere cosa farebbe lui, perché non riesco proprio ad immaginarmelo a portare a casa una serata magari nata storta senza darlo a vedere, senza portare il suo inconscio sul palco. Il Fiori è vero sempre, il "successo" e/o il famigerato "pubblico" -che oramai tutti sembrano cercare prima ancora di cercare se stessi- non permettono a mio avviso di essere veri in toto.
Poi anche io vivo questa mi(s)ticizzazione del personaggio Fiori, come dice Sara Scheggia, questo suo essere un po' Gesù, il redentore dei musicisti. E allora mi chiedo se faccio parte anche io della schiera di suoi fan vecchio stampo che involontariamente lo ghettizzano, che lo adorano ma poi alla fine lo vogliono solo così, con fascia e pantaloncini, su di uno sgabello con piedini ignudi in bellavista, che ci parla di cose che a volte facciamo finta di capire, giusto per essere un po' snob appunto.
Sì, avete letto bene: lui di questo mondo che ci circonda - come forse solo Piero Ciampi - ha capito cose che noi cara Lucy non abbiamo ancora capito bene. E ce le dice in una lingua che nessuno ha ancora imparato a tradurre. Mentre quella degli Zen - o quella di Vinicio Capossela per fare un paragone più prossimo al suo linguaggio - è molto più facile da tradurre.
Facile dicevo, non migliore: ecco l'unica differenza sostanziale caro il mio Alessandro Fiori, fantastico autore ed impareggiabile amico-di-musica.
Nonché uomo tanto bello ed intelligente quanto basso.
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L'articolo Terapia di gruppi - L'intervista di Appino a Alessandro Fiori di Redazione è apparso su Rockit.it il 2012-09-24 00:00:00
COMMENTI (4)
bella intervista
mi vien da piangere.
Sì! intervista molto bella!
Bellissima! Complimenti ai due protagonisti dell'intervista...