Il successo esplosivo di “Mama insegnami a ballar” ha proiettato i torinesi Tribà nel calderone dei tormentoni dell’estate 2001, con il rischio di inghiottirli in un vortice di celebrità improvvisa e pericolosa. Fortunatamente i Tribà non sono un gruppo di giovanissimi pronti a sottomettersi a crudeli leggi di mercato. Semplicemente approfittano di tutto questo successo per mostrare meglio il loro valore, oltre ad un singolo da classifica. Le richieste per interviste o per comparire in qualità di ospiti in trasmissioni televisive ormai non si contano più. Tra un impegno e l’altro riesco a raggiungere Vito Miccolis, l’unico membro fondatore superstite dei Tribà, che mi racconta un po’ di cose sul tribà-pensiero di “Ritmo Criminal”, album che segue a quattro anni di distanza il precedente “Distanze”.
Avete esordito anni fa con una musica fatta prevalentemente di percussioni e danze. Oggi la vostra musica è molto varia, con forte impronta latino-americana. E’ stata un’evoluzione ricercata o naturale?
E’ una cosa che accade a chi sperimenta. Volevamo fare canzoni a modo nostro, seguendo la nostra strada, ed abbiamo cominciato a collaborare con artisti esterni legati alla musica dell’Africa occidentale e contemporaneamente facevamo nostre le esperienze fatte negli anni con la musica latin e l’elettronica. Il tutto fino ad arrivare al risultato di questo disco, diverso dal precedente, che consideravamo una sorta di demo.
Siete un gruppo numeroso e fate un genere musicale molto vario: è difficile trovarvi tutti insieme e soprattutto d’accordo?
No, non è difficile. Io e solo qualcun altro scriviamo i pezzi, altrimenti diventerebbe impossibile costruire qualcosa tutti insieme. Però tutti ci crediamo. Abbiamo investito molto tempo in questo progetto e ovviamente sperato in un successo. Ora che è arrivato abbiamo una certezza in più, ed è più semplice trovarsi tutti insieme.
Siete comunque arrivati al successo dopo circa dieci anni di attività. Non avevate ormai perso le speranze?
Fortunatamente sono l’unico superstite dei Tribà degli inizi... Scherzi a parte, non abbiamo mai perso le speranze ed ora che il successo è arrivato non ci consideriamo giunti ad un traguardo finale: abbiamo molti aspetti da mostrare e questa popolarità ci permette di fare le cose meglio di prima, con più credibilità, possiamo realizzare ciò che prima non potevamo permetterci. Nel nostro gruppo non esiste una star, un divo da televisione, siamo tutti importanti, sullo stesso piano. Non ci interessa bissare il successo, vogliamo solo mostrare a più gente possibile chi sono veramente i Tribà.
Il rilancio commerciale dei suoni latini ha contribuito al successo di “Mama insegnami a ballar”?
Sicuramente. Il genere va forte da tre-quattro anni, e penso che la scorsa stagione sia stata la migliore a livello commerciale. Per noi, però, il latin non significa prendere in mano una chitarrina tradizionale e strimpellarla. Per noi è il ballo, la tradizione, cose che abbiamo già sperimentato prima che tornasse di moda questo genere. “Mama insegnami a ballar” ci rappresenta solo fino ad un certo punto, perché crediamo di più nei brani che hanno maggiore spessore, che sentiamo più nostri.
E’ molto simpatico, però, il video…
Siamo degli amanti delle orchestre anni 50 e volevamo ricreare l’ambientazione dell’epoca, con il ballo e la boxe. A proposito, uno dei due pugili sul ring sono io, vista la mia passione dilettantistica per questo sport. E’ molto allegro e la band si vede solo di passaggio, praticamente si capisce solo chi sia il cantante…
Qual è per voi il “Ritmo Criminal”?
E’ quello che parte dalle nostre percussioni, come succede nei nostri concerti dal vivo. Il ritmo inteso come movimento e lo consideriamo criminale perché ti costringe per forza a muoverti. E’ un gioco di parole, che richiama anche diversi titoli dei brani dell’album, dove la parola “ballo”, “danza”, “ritmo” sono spesso presenti. Ci piace molto trasmettere questo messaggio, più di quelli politici, che sicuramente abbiamo nel sangue ma che solo raramente esprimiamo (v. “Sans Papier” e “Salvami”, nda). Come non le abbiamo nella musica, anche umanamente non vogliamo le barriere, di qualsiasi tipo.
So che a breve promuoverete il nuovo singolo…
Si, ma siamo ancora indecisi tra due brani. Sarà comunque in italiano e cercherà di dare una linea di continuità al singolo precedente, più che altro per non confondere chi ancora non ci conosce bene. Se proponessimo un brano con voce e lingua diversi, molti ascoltatori potrebbero pensare di ascoltare la canzone di un altro gruppo…
Cosa state facendo attualmente? So che la tournèe è praticamente finita…
Suoneremo dal vivo ancora in due date e poi ci prenderemo un mese di vacanza, del quale approfitteranno soprattutto i cubani del gruppo per tornare dalle loro famiglie a Cuba. Riprenderemo poi a novembre a suonare dal vivo ed a promuovere il nuovo singolo.
Ma avete finalmente capito qual è il vostro posto ideale per suonare dal vivo?
Non sappiamo. In questo tour abbiamo suonato nei circuiti classici, nelle piazze, nei centri sociali, nei jazz-club. Ci siamo sempre trovati a nostro agio, ovunque e questo grazie sicuramente al nostro passato, alla nostra esperienza che ci permette di suonare ovunque.
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L'articolo Triba' - Torino, 20-09-2001 di Christian Amadeo è apparso su Rockit.it il 2001-09-26 00:00:00
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