Touché: senza patente, filtri, né timore

Classe 2003 da Padova, un mix di talento, spavalderia e provocazione. "Il minorenne più bastardo", disco d'esordio del rapper "scoperto" da Massimo Pericolo, invita a scriversi da sé il proprio percorso e le proprie regole: lo abbiamo intervistato

Touché, foto promo
Touché, foto promo

Amine Amagour, in arte Touchè, ha pubblicato il suo album d’esordio Il minorenne più bastardo. Un disco con una sonorità che lascia qualcosa da masticare ad ogni palato. Crudo e con pochi punti di luce, l’album è tanto oscuro quanto vivo. Dentro troviamo featuring con Massimo Pericolo, Tonino, Rayan, Intifaya, Slings, Luchitos e Big P, produzioni di Crookers, TY1, Miller, Linch, No Label e Vaporstef. La famigli è quella di Pluggers, ed è una garanzia. 

Non ci sono iperboli nelle sue tracce. I concetti arrivano chiari e a momenti talmente diretti da essere destabilizzanti. Ascoltando i testi, ci si chiede: sul serio lo ha appena detto? Aspetta fammi riascoltare... no l’ha proprio detto. Touchè ha la bocca piena, e forse è grazie a questa chiarezza spiazzante e assenza di filtri che sembra di rivedere Massimo Pericolo in 7 miliardi. Non è un caso che la cometa del suo successo sia arrivata anche grazie al rapper di Brebbia, a Barracano e Crookers, che, con il remix di Seba la Pute, gli hanno dato la visibilità che si meritava.

Pazzesco come le cose più sono dirette più sollevano domande. Touchè è provocatorio, ed essendo provocatorio non può che scuotere una forte curiosità. Questo succede perché si vuole vedere cosa c’è dietro quelle parole taglienti, dietro quelle nude sentenze. Ci vuole coraggio a dire le cose in modo diretto, visto che (paradossalmente) sono quelle che vengono più spesso fraintese.

Sono talmente crude che serve ricamarci qualcosa intorno per darci una spiegazione, per abbellirle, per ammorbidirle. Ma la verità, forse, è che Touchè le cose le dice e basta. Ma sta quindi in questa libertà di non avere paura alcuna ad eliminare i giri di parole che sta il motivo del suo successo?  Touchè ha lanciato il primo sasso con Seba la Pute. E ora che il vetro è rotto, tutti si girano a guardare il minorenne più bastardo.  

Stai a Padova o Milano?

Direi entrambe, faccio un po’ avanti e indietro. Quello che ho in mente, però, è di tornare a Padova. 

La prima traccia del disco, però, inizia dicendo: "Non torno più da dove son partito". E durante tutto il disco rimarchi il fatto di come tu ora, trasferito a Milano, senta di esserti allontanato dalla realtà di Padova, lasciandoti alle spalle qualcosa. A cosa ti riferisci?

Non voglio lasciarmi alle spalle tutta Padova. Credo che quello da cui sento il bisogno di allontanarmi siano i contesti che oggi non mi appartengono più. Sono degli ambienti che non mi stimolano e che non mi rispecchiano, nei quali è facile infangarsi. Anche per questo mi trovo meglio a lavorare a Milano.  

La provincia al momento, e soprattutto nel rap, sta tirando fuori cose importanti. Ti percepisci ancora legato a quella realtà o sei proiettato verso qualcosa di nuovo e pensi di cercare di distaccarti?

Continuo a supportare di brutto la mia città e la scena. In tante canzoni la disprezzo, ma lo faccio perchè conosco il suo lato marcio. Per molte cose invece è il contrario. Anche se mi sono allontanato per lavorare al mio album, so da dove vengo. 

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Sei cambiato tu o la tua musica?

È cambiato ciò che scrivo perché sono cambiato io. Questa è la cosa importante. I contenuti vengono di conseguenza. Mi sono sentito per la prima volta completamente da solo, non c’è nessuno dei miei qui, posso contare solo su me stesso e questo mi ha portato a rivedere il modo in cui interpreto ogni cosa. 

Una cosa che si percepisce è questa tua voglia di voler dire: ce l’ho fatta contando solo su di me. Ci si riesce?

Mi sta andando bene, per or, posso contare bene su di me. 

Anche il titolo dell’album si riferisce a questo?

Sì. "Il minorenne" perchè i contesti di cui ho parlato nell’album si riferiscono a cose successe quando ero minorenne. Ma "bastardo" lo dico non per menarmela, non per dire che sono qui a fottere tutti, ma semplicemente per ribadire che io sono qui a spaccarmi la schiena per fare le cose, a rimboccarmi le maniche. Sono bastardo perché non c’è niente che potrà mai farmi mollare la presa su questo. 

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Le tracce sono tutte prodotte nel periodo vicino all’uscita del disco?

La maggior parte sì, sono prodotte a Milano. Ad esempio Pull Up è stata fatte negli ultimi due mesi. E in questa si vede molto il cambiamento rispetto alle prime cose che ho scritto. 

Questo disco, è stato un po’ come il tuono dopo il fulmine di Seba la Pute, che ti ha lanciato alla velocità supersonica. Pressioni?

L’unico momento in cui mi sono sentito pressato è stato appena prima dell’uscita dell’album. Poi il resto è stato semplice, le tracce uscivano facilmente. Quello che volevo dire lo dicevo e di conseguenza le cose venivano naturali. Non ho percepito pressing perché di base non stavo pensando a quello che si aspettavano gli altri, ma mi concentravo sul fatto di scrivere tutto quello che in quel momento avevo finalmente l’occasione di dire. 

Hai trovato sostegno in qualcosa o qualcuno?

Il mio è più un po’ un percorso di solitudine, un anno fa sono venuto a Milano da solo. E questo mi ha portato a contare sull’unico punto di riferimento che avevo: me stesso. 

Ti sei quindi distaccato da tutto?

No, mai totalmente. Durante quel periodo a Milano di sicuro mi sono allontanato, e quando tornavo magari passavo una serata insieme ai miei amici, però poi il giorno dopo di corsa tornavo a Milano. Questo periodo è stato di transito, nel quale, per forza di cose, ho dovuto convivere con me stesso. Ma so che quella che lascio a Padova è la mia famiglia, e che non me ne distaccherò mai del tutto. Non gli volterò le spalle.

Canti: "Solo quando non conosci bene te stesso all'interno / L'opinione degli altri diventa importante davvero". È una cosa molto vera. È la solitudine che ti ha portato a doverti conoscere? O qualcos’altro?

È stato allontanarmi da quello che è il mio mondo, stare con persone nuove che non conoscevo che mi ha portato a conoscere me stesso. Questa cosa mi ha obbligato a guardarmi dentro.

E c’è l’opinione di qualcuno che per te conta davvero?

No, di nessuno. Quando voglio fare uscire qualcosa non do retta a nessuno. Decido io cosa fare, così è. Questa cosa l’ho imparata anche dal mio passato quando, ad esempio, ho preso delle scelte perché ero stato influenzato e del quale mi sono pentito. Ora ho capito che quello che ha veramente senso fare è ascoltare solo quello che ti dice la tua testa. Se voglio fare una cosa la faccio perché io sono l’artista. Non farlo, mi "denaturalizzerebbe". Sì, più di tutto sento di voler fare qualcosa verso la mia famiglia perché mi sento l’unico ad essere nella posizione per poterlo fare.

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La tua famiglia come entra in tutto ciò?

Io non vengo dal nulla. I miei genitori mi hanno passato dei valori. Non sono i migliori insegnamenti, però mi hanno formato. Vengo da loro e se sono quello che sono oggi, nella mia indipendenza, è anche grazie a loro. Però di base quello che mi ha formato veramente è stato questo periodo in cui ho scritto il disco, in cui mi sono allontanato da Padova, in cui mi sono ritrovato da solo. Quando non hai nessuno su cui contare, è il momento in cui sei a faccia a faccia con te stesso. 

C’è un valore in particolare che ti è stato passato?

Sicuramente il valore dell’umiltà che mi hanno trasmesso a casa e mi ha insegnato la mia famiglia di strada: i miei amici. Questo valore è qualcosa che mi viene dato dalle cose che mi sono successe. Un’umiltà che non ti dà solo fame, ma ti fa tenere la testa bassa, apprezzare ogni cosa che ottieni e sopratutto lavorare duro. Oltre a darti una fame pazzesca, l’umiltà è la cosa che ti fa tenere i piedi per terra.

Per te è stato facile non lasciarti trasportare dal successo veloce?

Per chi viene dal niente non è così ovvio, si ha un senso di umiltà, è vero, però poi il successo veloce ti porta ad avere troppo nel giro di poco tempo. Per me sono state importanti le persone che mi sono state vicine in quel momento. Che mi hanno fatto svegliare un attimo. Ci sono artisti abbastanza maturi da riuscire a non sbilanciarsi. Per me è stata un po’ una somma di cose. Ci sono state delle persone che ammetto abbiano influito nell’aiutarmi a non perdere il baricentro.

Ma secondo te cosa conta alla fine nella vita?

Volere bene alle persone che ti amano: per me sono la mia famiglia, mia madre, mio padre, i miei fratelli e i miei amici. Questa cosa non te la può togliere neanche la morte.

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L'articolo Touché: senza patente, filtri, né timore di Alice Soppelsa è apparso su Rockit.it il 2021-11-17 16:37:00

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