Negli anni ’80 andava così: il nostro walkman sparava in cuffia le cassette di Sisters of Mercy, Cult, Cabaret Voltaire, Tuxedomoon, Neon e Diaframma mentre ci fiondavamo in edicola alla ricerca del nuovo numero di Rockerilla. Che rappresentava una guida essenziale, anche se quelle pagine, da sole, non potevano bastare a placare le nostre esigenze di dark/postpunkettoni in calore. Allora non restava che buttarsi a corpo morto sulle fanzine e sul loro giuramento di indipendenza, nonché sul loro desiderio di non allinearsi. Nemmeno a una rivista non allineata come Rockerilla.
Tribal Cabaret serviva proprio a questo: ad andare oltre, a guardare lontano, a vedersela con una scena incaricata di sconquassare gli anni ’80. Un’esperienza dalla breve durata (appena sei numeri) ma in grado di lasciare il segno, complice una grafica sontuosa e una serie di cassette, allegate alla rivista, ormai nella leggenda. Ricordi che non sono svaniti, anche perché Tribal Cabaret, a quasi quarant’anni dall’esaurirsi della prima serie, è tornata a lottare insieme a noi. Di passato, presente e futuro della fanzine più sciccosa che si ricordi, parliamo con Daniela Giombini e Dario Calfapietra, i due principali animatori del nuovo Tribal Cabaret.
È tornato Tribal Cabaret. Non posso non chiedervelo: ma chi ve lo ha fatto fare?
In effetti, quando abbiamo ripreso la fanzine, ci siamo resi conto che sarebbe stata una bella scommessa. Sentivamo però il bisogno di vedere stampati su carta gli articoli, le interviste e le foto che stavamo facendo e che pubblicavamo saltuariamente su alcuni web magazine.
Siamo negli anni del web, le fanzine cartacee sembravano essere un ricordo, eppure rieccovi qua…
I latini dicevano “Verba volant, scripta manent”, noi siamo un po’ stanchi di tutta questa digitalizzazione e ci faceva piacere tornare alle vecchie e sane abitudini di quando si gustava il fatto di tenere tra le mani una rivista, non solo di leggerla.
Potete ripercorrere la storia di Tribal Cabaret dalle origini?
Tribal Cabaret nacque nel 1982 da un gruppo di ragazzi, allora teenagers, mossi dalla passione per la musica e con la voglia di condividere quella passione con altri coetanei. Le cose andarono molto bene al punto che il n. 5 vendette 500 copie e col numero successivo si arrivò a 1.000. Questi ultimi due numeri avevano in allegato una compilation in cassetta. Fu nel 1985 che la redazione di Rockerilla si accorse della fanzine proponendo a Daniela Giombini e Romano Pasquini di entrare nel loro staff. I due accettarono e, iniziando a scrivere per Rockerilla, non avevano più tempo per Tribal Cabaret.
Qual era la formazione di allora e quale quella di oggi?
Negli anni ’80 il team era composto da Daniela Giombini, Romano Pasquini e Rita Mandolini. Oggi al fianco di Daniela c’è Dario Calfapietra oltre a una serie di fidi e appassionati collaboratori, tra cui Roberto Calabrò, Aldo Santarelli, Massimo Pirotta, Giancarlo De Chirico, Francesco Donadio, Giuseppe Colucci, Beppe Badino e Michele Pingitore.
Com’era preparare una fanzine negli anni ’80? Senza pc, senza internet…
Si faceva tutto a mano, con grande fatica ma anche con uno spiccato senso artistico. Macchina da scrivere, trasferibili, taglierino, colla, bianchetto, cartoncino ecc. Si fotocopiavano le foto che venivano poi ritagliate e incollate su sfondi diversi (quello che oggi si fa con Photoshop) e si ripassavano i neri con le chine. L’impaginazione grafica (con delle cornici nere molto marcate) era il tratto caratteristico che differenziava la fanzine dalle altre, dandole una personalità ben riconoscibile. Col computer oggi abbiamo ricreato la stessa impostazione grafica dell’epoca e ti garantisco che non è stato facile: il computer è per natura uno strumento freddo e razionale, mentre quel modo di fare la fanzine aveva dentro uno spiccato senso artistico. Spesso, una volta fatta una prima impaginazione via pc, la stampiamo e lavoriamo poi sulle varie pagine a mano libera, aggiungendo linee rette e scritte che diventano idee per modifiche e miglioramenti.
Secondo voi, perché Tribal Cabaret è rimasta nell’immaginario di tanti appassionati di musica?
Credo che sia dovuto in parte alle tape compilation che hanno dato modo ad alcuni gruppi che non avevano mai inciso di farsi conoscere a livello nazionale, cosa che negli anni ’80 non era così scontata. Senza dimenticare le interviste a gruppi divenuti poi molto famosi come The Cult, Virgin Prunes, Litfiba o Sisters of Mercy, che intervistammo nel n. 6 dando per primi la notizia che, dopo l’uscita del loro primo album, First Last and Always, si sarebbero sciolti. E poi, una parte del merito va all’impronta grafica accattivante, in pieno stile “dark-goth”.
Il bianco e nero costa meno, quindi un certo tipo di scelte è obbligato, però credo che la rinuncia al colore doni molto alla vostra grafica.
Grazie, è vero! Però, all’epoca come oggi, il bianco e nero è stata una scelta ben precisa. Negli anni ’80 i contenuti erano prevalentemente goth, dark-wave, post-punk e industrial, quindi i neri molto marcati si sposavano benissimo con questi generi musicali. Anche oggi, stampare in bianco e nero è una linea da seguire, una scelta di stile, non perché costa meno. Anche perché stampare professionalmente in tipografia usando carta con grammatura pesante (non i fogli usati per le fotocopie) ha dei costi notevoli. Facciamo un investimento cospicuo di soldi e di tempo ma alla fine il risultato paga.
Anni di recensioni, di interviste… Avete mai avuto feedback da parte di musicisti o band che seguivate?
Abbiamo conosciuto i Litfiba nel 1984 al concerto tenuto al Uonna Club a Roma, dove suonarono con un’inedita formazione a sei, visto che con loro c’era il tastierista/violinista Adriano Primadei. Poco tempo dopo, in occasione della messa in scena dell’Eneide di Krypton, i componenti della band vennero ospitati un po’ a casa della mamma di Daniela Giombini e un po’ in quella di Romano Pasquini. Piero Pelù, che all’epoca era già un divo, per anni ha tenuto attaccato sul muro della sua cameretta a casa dei genitori una locandina un po’ fetish di Tribal Cabaret, almeno così raccontava quando lo incontravamo per caso a qualche evento a Firenze. Un’altra volta, Andrew Eldritch, il cantante dei Sisters of Mercy, fu ospitato a Roma a casa della mamma di Daniela e scarrozzato in giro per la città prima che uscisse First Last and Always. Riconoscente, ci fece omaggio del promo del disco su cassetta.
Perché allegare alla rivista una cassetta anche negli anni ’20? Credete che un supporto simile abbia ancora un futuro?
Il n. 5 e il n. 6 di Tribal Cabaret, usciti tra il 1984 e il 1985, avevano in allegato una compilation su cassetta. Così, quando abbiamo deciso di ripartire con il n. 7, siamo ripartiti dalla vecchia numerazione mantenendo la stessa formula in un periodo in cui le cassette erano obsolete. Incredibilmente, nel giro di due anni, le cassette sono tornate di moda anche tra i giovanissimi. E comunque ne abbiamo alcune degli inizi degli anni ’80 che si sentono ancora benissimo!
La musica che ascoltate oggi è la stessa che ascoltavate un tempo?
Ascoltiamo un po’ di tutto, principalmente gruppi contemporanei che magari hanno inciso solo un album o lo debbono ancora incidere: i gruppi nuovi sono per noi una continua fonte di rinnovamento.
Ci fate i nomi di qualche gruppo o musicista italiani che dobbiamo tenere d’occhio secondo il vostro punto di vista?
Bebaloncar, Partinico Rose, New Candys, Ultraglass, A/lpaca, Lorenzo Fragiacomo.
Dove possiamo trovare Tribal Cabaret? È scaricabile in rete?
L’essenza della nostra fanzine è essere un supporto fisico e non digitale, per questo non è possibile fare un download dei contenuti. Si può però ordinare scrivendo a tribalcabaretfanzine@gmail.com.
Invitiamo anche i gruppi interessati a far parte di una delle nostre prossime compilation a contattarci.
La cadenza sarà sempre irregolare o pensate di uscire con maggiore regolarità?
Ci piace l’irregolarità. Riusciamo a pubblicare un paio di numeri all’anno e il bello di essere una fanzine è anche la libertà dalle scadenze e dalle pressioni editoriali.
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L'articolo Verba volant, fanza manent di Giuseppe Catani è apparso su Rockit.it il 2024-12-20 14:46:00
COMMENTI (1)
Grazie Giuseppe per questa bella intervista e per l'introduzione che hai scritto, davvero efficace e che ben spiega la natura del progetto.