«Tutto quello che cercavamo da Steve Albini, lo abbiamo ottenuto»

Nel 2018 il trio padovano dei Capobranco vola all'Electrical Audio di Chicago, il mitologico studio di Steve Albini, per registrare il suo terzo disco. Questo è il racconto di quei giorni, di un modo diverso di vivere la musica, di una figura leggendaria che mancherà a tutti

Steve ed Enrico dei Capobranco
Steve ed Enrico dei Capobranco

Steve Albini è morto due giorni fa, all'improvviso, a 61 anni, mentre era pronto a tornare con i suoi leggendari Shellac e nuova musica. È stato un mito alternativo, uno che ha fatto le cose diverse per tutta la vita, da artista e producer. La risposta che diede ai Nirvana, che lo contattarono per lavorare sul suono di In Utero (1993), dopo il successo e i tormenti di Nevermind è qualcosa che mette i brividi e ci racconta tutto di un uomo e in parte di un'epoca storica. 

Ha prodotto oltrea ai Nirvana Pixies, Fugazi, Low, Mogway, PJ Harvey, Godspeed You! Black Emperor, Joanna Newson, Jon Spencer Blues Explosion,  Helmet, Sunn O))), Ty Segall, Jimmy Page e Robert Plant, Jarvis Cocker. Ma la lista potrebbe essere infinita. Perché l'attività del suo studio, l'Electrical Audio di Chicago, non si fermava mai. Anche tanti artisti italiani sono stati da lui per fare dei dischi enormi. Citiamo Zu, Uzeda e 24 Grana. Di recente, era il 2018, un trio alternative rock nato a Padova sei anni prima si presenta da lui in Illinois. 

Dopo due album pubblicati e decine di concerti in Italia e all’estero, i Capobranco volano da Albini (nel suo studio è girato anche buona parte del video della title track qua sotto) per registrare il terzo album, In Dipendenza, uscito per Jetglow Recordings. Valerio Nalini, bassista dei Capobranco, ci racconta ora quell'esperienza con orgoglio e un po' di commozione. 

video frame placeholder

Quando avete deciso che volevate lavorare con Steve Albini?

Steve Albini era un personaggio mitologico, un nome avvolto da quell’aura mistica che possono avere solo quelli che leggevi sui libretti dei cd dei tuoi gruppi preferiti quando eri ragazzino. Era il 2017 ed eravamo alla ricerca di un produttore per il nostro terzo disco. Uno dei commenti più ricorrenti sulla nostra band fino a quel momento riguardava la difficoltà a riprodurre su album la stessa naturale energia che eravamo in grado di esprimere nei live. La scintilla è scoccata quando uscì la notizia che Steve aveva vinto un importante torneo di poker, altra sua grande passione. Cominciammo a parlare tra di noi di come fosse noto per la sua abilità nelle registrazioni in presa diretta e per la sua capacità di catturare fedelmente il sound naturale delle band.

Albini in sala mix
Albini in sala mix
 

Come l’avete contattato?

Come detto, Steve sembrava esattamente quello che stavamo cercando e tutto sommato non avevamo niente da perdere a provare a contattarlo. Alla fine bastarono qualche veloce ricerca e un’email per entrare in contatto diretto con un suo assistente. Gli mandammo qualche demo e lui ci spiegò le condizioni di lavoro di Steve. Nel giro di un paio di settimane il Capobranco aveva una sessione nel calendario di una vera e propria leggenda!

Drums setup
Drums setup

Che posto è il suo studio?

Tra le possibilità c’era quella di portare Steve in Italia a lavorare in uno studio locale, ma i requisiti tecnici e le difficoltà logistiche rendevano più semplice organizzare una nostra trasferta di una decina di giorni a Chicago. Anche dal punto di vista musicale siamo convinti che sia stata la scelta migliore, perché difficilmente avrebbe potuto lavorare meglio e più serenamente di quanto abbia poi fatto nel proprio studio, l’Electrical Audio. Lo studio è in un quartiere residenziale di Chicago. Si tratta in realtà di una palazzina, con due studi e gli alloggi per gli artisti e gli ospiti. Noi stavamo in un grande appartamento comunicante con lo studio in cui registravamo.

Motto
Motto

Che ricordo avete degli spazi?

L’appartamento traspirava storie di musica, pieno di cimeli, ricordi e messaggi di artisti celebri a Steve. Aveva un’edizione speciale di In Utero a cui erano allegati il suo contratto originale e la parcella emessa ai Nirvana per il lavoro. La sala riprese in cui abbiamo registrato è alta due piani. L’attrezzatura dedicata alle registrazioni completamente in analogico. Tutti elementi che contribuiscono a creare le sonorità per cui è famoso: in bacheca c’era un messaggio scritto a mano da Bob Rock con scritto: “I would like some of that Albini sound on my record”. E poi l’inconfondibile odore delle bobine.

All'opera
All'opera

Che esperienza è stata?

Per quanto riguarda noi è difficile far capire che esperienza sia stata: un gruppo di amici dall’altra parte del mondo, a fare la cosa che amano di più e lavorando con un mostro sacro del rock alternativo. Un ricordo indelebile! Abbiamo scelto di recuperare il materiale dai telefoni registrato in quelle giornate per montare il videoclip della canzone, Indiependenza, che ha anticipato l’uscita dell’album. 

Bobine pronte
Bobine pronte

Albini è famoso per i prezzi accessibili. Confermate?

Certamente lavorare con Steve Albini è stato più costoso rispetto a un buono studio underground locale. È però altrettanto vero che si parlava di cifre tutt’altro che irraggiungibili, considerando la qualità del personaggio, che anche per impostazione stilistica e professionale non era certo uno che ti facesse perdere più tempo (e denaro) del necessario: “If a record takes more than a week to make, somebody’s fucking up” è una sua frase che ne sintetizza bene il pensiero. L’abbiamo letta in uno dei libri che stava nel salotto dello studio.

Il salotto appartamento
Il salotto appartamento

Che tipo era? 

Con noi si è sempre comportato in modo estremamente professionale. Non si può certo dire che fosse particolarmente espansivo, però ironico e molto alla mano e ovviamente in tutti quei giorni ci sono state tante occasioni per chiacchierare del più e del meno. Era molto tranquillo e regolare con gli orari. A giudicare dalle foto che tappezzavano l’appartamento, che raccontavano tutt’altro, si doveva essere dato una bella calmata con il passare del tempo! E si capiva anche che era abituato a vederne di tutti i colori. La prima regola che ci ha spiegato all’inizio era stata: “fate quello che volete, non mi interessa e non giudico, ma fatelo nell’appartamento e non in studio”.

Il calendario di Albini per quei giorni
Il calendario di Albini per quei giorni

Qualche aneddoto?

Di curiosità ce ne sarebbero un’infinità da raccontare, a partire dalla sua peculiare dieta durante le giornate, a base esclusiva di Root Beer e latte. Non l’abbiamo visto bere o mangiare altro in dieci giorni. La sera prima di andare via più di qualche volta ci ha fatto i complimenti per il profumo della cena che stavamo preparando, ma non ha mai voluto fermarsi: tornava sempre a casa dalla famiglia. Un’altra cosa è la già menzionata passione per il poker. Approfittava di tutte le pause per fare qualche giocata online. Dopo il ritorno in Italia gli abbiamo spedito un assortimento di carte da gioco tradizionali italiane.

La sala riprese
La sala riprese

Com'era vederlo lavorare?

Per il resto era un piacere vederlo lavorare, un maestro in quello che faceva. Una volta si era sfaldata una bobina e l’ha tagliata, ricucita e portata a nuovo in una decina di secondi. O quando voleva creare silenzio improvviso sul nastro usava una stecca di legno lunga due metri per tirare giù contemporaneamente tutte le tracce del mixer. L’ultimo giorno gli ho chiesto di autografare il basso che avevo usato per le incisioni, la sua risposta è stata: “davvero lo vuoi rovinare?”

Il basso autografato
Il basso autografato

Come definireste il suo lavoro sul disco?

“I don’t have an opinion”: questa frase era diventata un meme tra i membri del gruppo. Era la sua risposta quando gli si chiedeva un consiglio su come migliorare le canzoni. In realtà poi lo abbiamo interpretato come il suo modo di stimolare il ragionamento e far arrivare la band da sola alla soluzione naturalmente migliore, senza interventi dall’esterno. E’ del tutto coerente con il fatto che lui ha sempre essere definito “Sound Engineer” al posto di produttore. Così come quando gli proponevamo quelle che lui riteneva un eccesso di sovraincisioni. La sua risposta era: “Quante chitarre avrete sul palco? In quanti sarete a fare questi cori durante i concerti?”. Sostanzialmente la sua priorità era mantenere la naturalezza delle sonorità del gruppo, cosa che gli riusciva benissimo anche grazie alla sua abilità nelle riprese e nel posizionamento dei microfoni. La qualità di questo lavoro purtroppo un po’ si perde ascoltando la musica in streaming. È inevitabile. Ma quando metto il vinile sul giradischi mi sembra di avere i miei compagni di band a suonare nel mio salotto. Era quello che cercavamo da Steve Albini, è quello che abbiamo ottenuto.

Vale e Alex dei Capobranco, felici
Vale e Alex dei Capobranco, felici

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L'articolo «Tutto quello che cercavamo da Steve Albini, lo abbiamo ottenuto» di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2024-05-10 10:28:00

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