Gli Ultimi Cosmonauti è un nuovo progetto che nasce con l'intento di riunire al suo interno artisti provenienti da varie band con lo scopo di scrivere musica originale. Non un side project quindi, né una compilation, ma un progetto nel quale riversare un desiderio di creatività e ricerca, mescolando le carte. Musica certo, ma non solo, anche la voglia di unire storie di artisti che spesso si incrociano sopra e sotto i palchi e si stimano. Oggi vi presentiamo in streaming esclusivo quello che speriamo sia il primo di una serie di ep firmati da questo originale collettivo in espansione. Ci siamo fatti raccontare direttamente da Gido (Evacalls, La teoria delle catastrofi), ideatore del progetto, chi sono Gli Ultimi Cosmonauti e come è nato tutto.
A questo primo ep dal titolo "Sputnik 1" hanno partecipato: Gido, Umberto (News For Lulu), Lorenzo (Kaufman), Dave (The Afterglow), Manuel (The Grace, La Teoria Delle Catasfrofi), Hanna, Edoardo (Victoria Station Disorder), Davide (Ongaku Motel), Simone (Adele e il Mare).
Come in ogni storia che si rispetti, partiamo dalla genesi: chi di voi può definirsi “padre fondatore” e artefice primo di questo progetto?
Non mi piace molto come definizione, però diciamo che il tutto è nato così: io (Gido) scrivo veramente molto, sono capace di scrivere anche due/tre canzoni in un giorno. Mi sono ritrovato così un archivio pieno di canzoni anche piuttosto diverse tra loro e che per un motivo o per l’altro non avrei potuto usare nelle band in cui suonavo in quel periodo. Alcuni già definiti, altre erano solo dei provini abbozzati. Un bel giorno, dato che io non sono un gran cantante e che invece in questi anni ho avuto la fortuna di conoscere moltissimi artisti validi, mi sono detto: ma perché non chiedo a qualcuno di cantare i miei pezzi?
Sulla base di cosa hai scelto i musicisti con cui collaborare?
Dipende: stima, amicizia, feeling artistico, stessa visione del progetto. Ho pensato prima a quei musicisti più vicini da un punto di vista umano o che comunque stimavo molto, poi in base allo stile dei pezzi ho fatto le proposte. Con Lorenzo ad esempio è stato un vero colpo di fulmine. Stavo ascoltando per la prima volta i Kaufman e ne sono rimasto così colpito da scrivergli. Un’ora dopo gli mandavo alcuni pezzi, la settimana dopo lui mi mandava il primo provino di "Emily".
Perché “Gli ultimi cosmonauti”?
Il nome è stato veramente un parto. Alla fine “Gli ultimi cosmonauti” rende bene l’idea. La musica è un sogno, vivere di musica in Italia è un po’ come desiderare la Luna e anche ammesso che ci arrivi, ci rimani per poco. Ma la bellezza sta nel viaggio o ancora di più nel vivere con il naso all’ insù. Ci è piaciuto poi questa estetica retrò, molto romantica. Essere esploratori di un mondo senza gravità, senza regole, un po’ come vuole essere questo progetto. Poi c’è il concetto di squadra, di equipaggio intercambiabile e un po’ nascosto sotto i caschi.
Considerando che siete in molti a metterci anima e corpo, come vi siete divisi il lavoro? E come avete organizzato il flusso di idee che immancabilmente dev’essersi generato?
Il processo è stato più o meno questo: mandavo delle bozze dei miei pezzi, ci si rimbalzava poi gli avanzamenti con degli export grezzissimi, ognuno lavorando nel proprio studiolo, anzi, quasi tutti abbiamo lavorato da casa. Poi ovviamente dipende, ognuno ha dato un apporto differente ai pezzi. Una volta terminata la fase di demo ho chiamato Simone Sproccati (Crono Recording Studio) che ha capito subito lo spirito del progetto e ha voluto metterci del suo, non solo registrando e mixando l’ep ma partecipando anche attivamente, sono suoi infatti bassi e chitarre dei pezzi (a parte in "Flowers" dove le chitarre sono suonate tutte da Umberto e in "Emily" in cui una delle chitarre è suonata da Lorenzo). Non è stato facile mettere insieme parti registrate un po’ qua e un po’ la, un po’ in casa, un po’ in studi differenti con un budget praticamente pari a zero. Ma devo dire che non c’è mai stato un momento di crisi in cui ci siamo detti, ok non ce la faremo. Quando lavori con artisti di talento, e io credo che ne abbiano tutti da vendere in questo progetto, le cose diventano subito facili.
Siete tutti musicisti con band e progetti ben rodati alle spalle. Com’è lavorare con colleghi con i quali non si è soliti farlo?
Per quando mi riguarda è un sogno. Per me la musica è questo, è collaborare sempre, aprirsi, sperimentare e influenzarsi a vicenda. Io ho imparato tanto da ognuno di loro. Ti confronti con cinque, sei modi diversi di scrivere, di arrangiare, di pensare la musica. È una palestra incredibile. Lo trovo stimolante. Poi devo dire che tutti hanno dimostrato sempre totale disponibilità, non c’è stato il minimo screzio. Questa è la base per entrare a far parte de “Gli ultimi cosmonauti”, umiltà, adesione al progetto, voglia di sperimentare e sporcarsi un po’.
Nella vostra presentazione vi definite “un progetto all'interno del quale far riversare un desiderio di creatività e ricerca, mescolando le carte”. Credete che con “Gli ultimi cosmonauti” sia più facile sperimentare e continuare a ricercare piuttosto che fare lo steso nelle vostre band di appartenenza? (Insomma: perché avete sentito la necessità di riunirvi?)
Ci sono due filoni importanti da tenere in conto. Il primo è quello meno attinente con la musica. Non so neanche come spiegarlo. Hai presente i ragazzi che trovi al MI AMI, o in qualsiasi festival estivo sotto il palco? Che poi spesso sono anche quelli che ci suonano, o che anche se non suonano proprio lì passano la loro vita in furgone o comunque provano a portare avanti la loro musica. Che fanno km per un concerto o per andare a sentire un artista. Alla fine poi ci ritroviamo tutti su Facebook, si incrociano spesso vite virtuali e vite reali e nascono spesso incroci di vite e amicizie che nascono tutte dallo stesso seme: l’amore per la musica. Insomma, non voglio dire che pretendiamo di rappresentare una generazione. Dico solo che siamo degli amici che in comune abbiamo molte cose e allora perché non fare qualcosa insieme? Di solito il massimo che si riesce a fare è una cover per qualche progetto. Scrivere musica nuova invece vuol dire fare un passo in più. Senza nulla togliere alle proprie band, che però spesso hanno il proprio stile, prendi Umberto, con i News For Lulu fa qualcosa di molto distante da "Flowers" eppure quel pezzo è completamente suo. Io gli avevo passato qualcosa che credevo potesse assomigliare a quello che faceva nella sua band e lui l’ha stravolto tirando fuori un pezzo incredibile.
Avete intenzione di coinvolgere altri musicisti in futuro? Ci svelate qualche nome?
Sì ci sono già almeno altri quattro brani pronti solo da registrare e mixare con altri artisti coinvolti. A breve usciranno anche dei remix dei brani di questo primo ep. Lo schema è stato lo stesso. La voglia è quella di creare un progetto il più possibile liquido, svincolato dalle classiche logiche editoriali. Quando si ha un pezzo o qualche pezzo lo si fa uscire. Quando qualche nuovo artista vuole unirsi è il benvenuto. Vorrei si espandesse sempre di più coinvolgendo sempre più persone. Come detto, per ora bene o male il germoglio l’ho sempre buttato io, portando i miei pezzi. Non è detto che sia la regola però, più si espande questa idea di progetto e di fare musica più io sono felice. Poi ovviamente continuo a scrivere un sacco di canzoni, quindi per ora materiale ce n’è.
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L'articolo GliUltimiCosmonauti - Ascolta "Sputnik 1" e leggi l'intervista di Giuseppe Giovine è apparso su Rockit.it il 2015-09-29 10:28:00
COMMENTI (1)
grazie rockit!!!! :)