(Giuliano Palma - Foto di Rita Antonioli)
Il 19 Ottobre esce su etichetta V2 "Boogaloo" il terzo album in studio per Giuliano Palma and The Bluebeaters. Il nostro Francesco Cremonese ha incontrato Giuliano a Milano: i due hanno parlato di Jamaica, di suoni roots, di cover, di dediche speciali e - ovviamente - di musica italiana .
Terzo album in studio e sempre in giro a fare live (negli ultimi due anni con “Long Playing” avete fatto 140 date), ma in vacanza ci vai mai?
Guarda, dopo otto anni sono riuscito ad andare in vacanza cinque giorni in un agriturismo in campagna. Mi ha obbligato il mio manager. Perché per me la vacanza è a Milano gli ultimi giorni di agosto. È una città perfetta a fine agosto. E poi negli ultimi tempi ero un po’ “autistico” e non sentivo neanche il bisogno di andare in vacanza. Ecco, magari vorrei andare in Giappone, due mesi, ma per fortuna non ho tempo, perché sto suonando tantissimo… e sono felice così.
Appunto, come avete fatto a registrare un disco nuovo in mezzo a tutti questi concerti? Dove avete trovato il tempo?
L’iter dei live è che quando finisce la stagione dei club, prima che cominci quella estiva, c’è un po’ di tempo. E noi ce lo siamo presi per registrare l’album dei Bluebeaters. Era primavera inoltrata. Ma poi, ti dico, cinque mesi per fare tutto un disco dei Bluebeaters non è poco tempo, come molti pensano, anzi…
Siamo noi che ci mettiamo poco, perché io scelgo i pezzi (gli altri si fidano molto ormai), sono un po’ “nazi” in queste cose. E poi sono cover… Quelle italiane, per esempio quando ho proposto “Come Le Viole” (di Peppino Gagliardi) e in questo disco “Testarda Io” (di Iva Zanicchi), che sono lentissime, mi hanno guardato come un pazzo, ma poi dopo funziona sempre, perché arrivo in studio con in testa già l’arrangiamento fatto e finito. Tutte le canzoni sono passaggi che hanno caratterizzato la mia passione per la musica negli anni. Per esempio “Be Young, Be Foolish, Be Happy”, de i The Tams, è una delle mie preferite e fa parte dei miei ascolti rhythm ‘n’ blues, dei dj mod amici miei, che al tempo mi facevano un po’ di cassette… poi roba degli anni ottanta, quasi per scommessa, tipo “State Of The Nation” (Industry), o “Somewhere In My Heart”, canzone strepitosa degli Aztec Camera, che poi sono spariti; poi dopo vai nel rock, Peter Frampton… oh, a me piace “Show Me The Way”! Non tanto perché è rock… Poi per me, quello che ho imparato in tutti questi anni dopo aver fatto un fracco di roba con i Casino Royale e con altre cose, che a me la musica mi è piaciuta tutta, ma il comune denominatore erano e sono le canzoni, la melodia. A parte i generi a me piacevano e mi piacciono le cose più melodiche… in tutti i generi.
Hai scelto tu anche il pezzo che canta Bunna, “I Am Going To Hold On”, di Lord Creator?
Si ho scelto anche quella. Bunna si è defilato un po’ dai Bluebeaters per seguire gli Africa Unite (lui alla fine è un cantante che con noi si è prestato al basso), però i rapporti sono buoni, quindi era un peccato fare un nuovo capitolo senza di lui. Poi anche a lui (oltre che a noi) ha fatto molto piacere. E comunque quando suoniamo a Torino, o da quelle parti, e ci vediamo, Bunna sale e canta…
Tra i musicisti giamaicani chi sono i tuoi preferiti? C’è qualcuno che ti ha influenzato particolarmente?
Ce ne sono si! Di brutto! A me piaceva un casino Ken Boothe, la voce di Ken Boothe secondo me è devastante. Poi mi è piaciuto tanto Alton Ellis. Elegantissimo. Ho anche avuto la fortuna di conoscere gli Skatalites. Poi più tardi mi sono strippato con Dennis Brown. Tutta la vita Dennis Brown. Gran cantante. Poi quando qualcuno mi arriva a parlare di Luciano… dico si, bravo, ma canta spiccicato a Dennis Brown!
Quale è stata l’evoluzione del vostro ska, da “Jungle Jubilee” (con i Casino Royale) a "Boogaloo"? Perché è cambiato un bel po’…
Eh si. All’inizio con i Casino Royale, eravamo ventenni, lo ska che avevamo imparato era quello degli Specials e dei Madness. Poi dopo, crescendo, con i primi viaggi all’estero, a Londra o a Parigi, nei mercatini abbiamo trovato gente come gli Etiopians, Prince Buster, Desmond Dekker… e abbiamo scoperto che molti pezzi degli Specials, dei Madness e di molti altri erano praticamente copiati o comunque fortemente ispirati da loro. E ci pigliò la scimmia per quello ska lì. Poi con i Casino cominciammo a fare anche altra roba. Con i Bluebeaters, invece, è stato come fare un film in costume. L’idea dei Bluebeaters è nata per gioco, a Torino con gli Africa Unite e i Fratelli Di Soledad, e il sogno era di suonare il più possibile come la roba degli anni sessanta. Quindi con il one-drop di batteria e con tutti gli strumenti del caso: pianoforte, chitarre semiacustiche e tutto il resto… Per arrivare fino a "Boogaloo" in cui, anche se ha una dimensione più pop, perché vabbeh, è il disco forse curato meglio, anche perchè invece di produrlo io, l’abbiamo coprodotto assieme a Carlo Rossi, un produttore molto bravo, e in più abbiamo messo una sezione d’archi che suona in 4 pezzi (“Mr Make Believe”, “Tutta Mia La Città”, “Be Young, Be Foolish, Be Happy”, “Testarda Io”), che poppizza un po’. Ma solo perché in due dei miei dischi ska che ho a casa, c’erano un paio di pezzi con i violini. Altrimenti non mi sarei mai permesso. Io metto solo cose che si potevano mettere allora. Ad esempio c’è il vibrafono, ma è un vibrafono vero, non è un synth. Piuttosto mi faccio squartare. L’album è tutto suonato, io neanche un campanaccio ci metto finto. E poi abbiamo cercato di suonarlo il più possibile tutti assieme.
Come è stato registrato "Boogaloo"? In analogico?
No, non in analogico. A parte che ti urlano dietro perché costa molto, e poi finisce tutto comunque su supporto digitale… per cui degli ingegneri del suono, dei fonici seri, mi hanno detto che quello che fa la differenza nel digitale sono i bit che usi, ma se poi ti fai la pippa che registri in analogico e poi riversi tutto in digitale… si, un po’ di calore lo tieni, ma sono scettici, non ne vale tanto la pena. Io poi non ho questa menata, perché ho altri trucchetti per far suonare la roba un po’ più sporca, più antica. Abbiamo registrato l’album assieme, anche se in stanze diverse (eravamo in cuffia), prima la base e poi fiati, voci… Si perché a suonare uno per volta si perderebbe un po’ di tiro. È chiaro che il mio sogno sarebbe quello di andare in una sala gigante e registrare tutti assieme nello stesso posto. Vedremo…
Come mai in questo nuovo album, oltre alle cover, c’è anche “Marvin Boogaloo”, un brano inedito?
Guarda, è una nota dolente, ma è morto Marvin, il mio cane. Proprio mentre stavo facendo il disco. Sennò sarebbe stato qui di fianco a me anche adesso… purtroppo, cazzo, c’è sta roba qua che se ne vanno. Piango ancora spessissimo. Io poi con lui avevo un rapporto veramente morboso. C’era dappertutto. Poi un Bull Terrier non è che lo lasciassi a mia madre. Ci ha seguito in ogni data. E ogni tanto quando torno in albergo dopo i live, penso di doverlo portare fuori, ma lui non c’è… ed è uno strazio. Però vabbeh, rimangono i momenti belli. …E comunque, avevamo fatto ‘sto cazzo di titolo (Boogaloo) perché mi piaceva la parola e in più perchè è anche un genere: sta alla musica sudamericana come lo ska sta alla musica giamaicana. Lo ska nasce dalla fusione di ritmi locali mento e calypso, con il rhythm ’n’ blues che arrivava dall’America e il soul; in sudamerica le orchestre di salsa cominciano anche loro a sentire rhythm ’n’ blues, e mettono la batteria e i big beat americani sulle linee di basso della salsa, facendo nascere il boogaloo, fusione di nord e sud america. Mi piaceva perché poi noi siamo una bella cricca mista di gente. Adesso ci sono anche due americani del gruppo. Mi piaceva anche come suonava. E volevo contestualizzare il tutto. Poi in quel periodo è morto Marvin. Ho deciso di farla diventare una dedica a lui, non triste, o patetica. «Marvin Boogaloo makes you happy when you’re blue» perché Marvin era una macchietta, era la mascotte della cricca, quindi… virgola.
Ce ne saranno ancora di inediti?
Non lo so, io è un po’ che vorrei mettermi a scrivere e far della roba, però volevo tenermi gli episodi GP come dischi miei, e con i Bluebeaters solo cover. Era una regola mai infranta, fino a questa volta. Il fatto è che vorrei fare un altro disco per mollare anche un po’ lo ska per un periodo… nel senso, i Bluebeaters dovevano essere una parentesi e sono diventati un parentesone, poi magari anche tutta la vita, eh! Io mi diverto un sacco e stiamo bene assieme, e in giro, e a me piace fare tanto live. Però ogni tanto, anche con Merigo, il chitarrista, ci viene voglia di fare qualcosa in battere…
Io ho fatto tantissime cose, e tutte le cose che ho fatto le ho fatte perché mi piacevano. Ho ascoltato l’hip hop e mi son messo a lavorare con i campionatori, e mi piaceva tanto, poi dopo ho avuto voglia di rimettermi a lavorare con gli strumenti, ed eccoci qua. Vediamo il prossimo strippo…
Però per far ballare la gente, sembra che da un po’ di anni a questa parte, o il ritmo è in levare, o non si balla, si muove la testa, al massimo…
È vero! Infatti anch’io dico boh, vediamo, intanto leviamo, continuiamo a levare, e poi vedremo…
Cosa ascolti adesso?
Io sono poco attento alle cose che escono… Mi piacciono i Kings Of Leon, tantissimo. Però ultimamente capita di ascoltare di tutto, però dal passato. Poi in furgone o ti porti i dischi da casa o ascolti i dischi che ti compri in Autogrill. Tipo, l’altro giorno ho preso il best dei Beatles, fantastico; poi una raccolta di Frank Sinatra… di tutto. Ogni tanto arriva Ferdi, per esempio, che è alla ricerca di cose che ascoltavamo assieme ai tempi, quindi punk rock, Ramones, Damned… non ci facciamo mancare niente; poi parte un altro e dice «ascoltiamo Gershwin!» olè! Mi piace molto questa cosa. Ascoltiamo veramente di tutto. Poi ci sono i periodi di fanatismo in cui si ascolta per due settimane solo un disco o un gruppo. Ci è successo da poco con una compilation degli Stray Cats…
E invece cosa ne pensi della musica italiana d’oggi?
Al momento non sto ascoltando molto, ma non ho entusiasmi particolari. Per quanto riguarda la situazione musicale italiana, per quello che ho visto io mi sembra che vada bene. Una volta non c’erano proprio i posti dove andare a suonare. Ora è pieno di festival. D’estate giro l’Italia da un festival all’altro. Direi che dal vivo, la musica va bene…
E che fine faranno i cd?
Moriranno, come tutti i supporti. Ma anche noi fra poco magari non avremo più il pollice. La vita è rivoluzione.
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L'articolo The Bluebeaters - V2 - Milano, 28-09-2007 di FrancescoRadio è apparso su Rockit.it il 2007-10-12 00:00:00
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