(Illustrazioni di Marino Neri)
Si conosce pochissimo sul loro conto, e sembra quasi che lo facciano apposta a rimanere nascosti. Dopo un ep veramente toccante come "Out of the city" eravamo sicuri che tornassero in grande stile con un vero album. Si ripropongono invece con "This Town", un altro ep autoprodotto di sole quattro canzoni. Li abbiamo obbligati a prenotare al più presto uno studio di registrazione. Sara Scheggia ha chiacchierato con i Margareth, una delle più belle formazioni indie-folk italiane.
Non so niente dei Margareth, solo che mi era piaciuto molto un loro demo di due anni fa e che ora me ne hanno rimandato un altro.
In questo lasso di tempo cos'hanno fatto?
All'inizio erano in 5, hanno perso un componente per strada: fino a poco fa Niccolò e Andrea, batteria e chitarra, avevano fatto armi e bagagli per Manhattan, per studiare musica. Niccolò è tornato, Andrea ha deciso di rimanere a New York a fare il chitarrista. Mica male. I Margareth sfornano talenti mondiali! – scherzano dando inizio alla nostra chiacchierata.
A quanto pare, New York ha inciso parecchio sulla vita della band, dal punto di vista logistico: un momento di transizione non da poco – mi spiegano – Ora stiamo ravvivando i contatti: stavolta dovremmo fare un disco! Cavolo, è la cosa che ci manca alla fine… e suonare un po' più in giro, magari qualcuno si accorge di noi.
Insomma, colpa dei fuggitivi: i cosiddetti cervelli in fuga… Hanno fatto benissimo – rispondono quasi all'unisono. Concordo pienamente.
Immaginavo che fossero giovani, ma non così tanto. Almeno, non più giovani di me. E invece: Io sono il più vecchio, 1983, ma sono di dicembre - dice Paolo, voce e chitarra - Tutti gli altri sono dell'84. Studiano, e lavorano. Uno di loro fa l'infermiere e non può essere neanche virtualmente presente in questa conversazione telematica perché ha il turno. Tutti i Margareth sono laureati! – ridono - Per il momento non siamo ancora troppo lavoratori, sicuramente fra 6 mesi, 1 anno lavoreremo tutti spero, crisi a parte! Nel frattempo resiste ancora una buona anima studentesca.
E' domenica pomeriggio e sta nevicando, lì come qua. Lì è Mestre: chiedo com'è fare il musicista in quella zona. E loro dicono che ci sono locali dove si suona regolarmente dal vivo, anche se pochi, ma che purtroppo negli anni molti posti hanno chiuso i battenti: C'è un minimo di giro organizzativo, qualche festival d'estate – spiega Niccolò - E' meglio magari di altri zone, ma se un gruppo deve telefonare a un locale per proporsi... buona fortuna, e la situazione è peggiore di quando abbiamo iniziato a suonare: i vecchi posti che ti lasciavano suonare più facilmente hanno chiuso, molti punti di ritrovo di una volta non ci sono più.
E la loro zona non è la sola: penso alle notizie da Roma, ad altri casi che negli anni hanno riempito le fila delle vecchie glorie che magari un giorno riapriranno, ma che ora non ce la fanno più. Loro si meriterebbero un sacco di date, ma sembra quasi che rifuggano il pubblico, che questo fare musica solo per passione sia un po' voluto: hanno un Myspace spoglio, non hanno un sito, ogni tanto tirano fuori un demo bellissimo ma nessuna etichetta li sostiene, né nulla.
No assolutamente, non è voluto! – rispondono in coro, ridendo – Ci siamo rimessi ora al lavoro per dare al pubblico un set nuovo, e speriamo che concerti arriveranno…
Il demo precedente, "Out of the City" ha dato frutti? Qualcuno vi ha chiamato? Beh, abbiamo guadagnato amicizie, come quella della Cane Bagnato Records, che ha usato un nostro brano per una compilation. Poi, però, sono andati via loro – dice Paolo – Noi abbiamo continuato a fare concerti anche in 3, ma ripartiamo ora. Consiglio di bussare ad ogni porta, di rompere le palle a chiunque: al massimo si prende qualche vaffanculo, nulla di grave. Proprio uno spam, inizialmente puntato sulle realtà affini alle loro corde, come roster e produzioni. Loro, intanto, registreranno il disco prima dell'estate, autoproducendosi e sperando che quest'ultimo "In This Town" sia un buon biglietto da visita per garantirsi interesse. E' un promemoria, per recuperare tutti i contatti persi. Magari troviamo qualcuno che lo vuole distribuire: non che dobbiamo arrivare su chissà quale emittente televisiva, ma almeno trovare chi apprezza la musica che facciamo. Il limite, lo sappiamo, è che è un 4 tracce, e l'interesse si fa relativo.
Beh, ma sulla base di un demo spesso si fanno un sacco di cose. Il loro è molto lo-fi, ma il suono generale mi sembra buono. Rimango per un po' a bocca aperta quando mi dicono che l'hanno registrato a casetta. Sì, con un portatile e un programma insulso. Magari qualcuno è ingegnere, è informatico, è un esperto. Siamo tutti amatori del computer. Io ho cominciato a comprare dei microfoni – dice Niccolò - per smanettare registrando la batteria, poi da lì… E' veramente do it yourself!.
Il nome del gruppo non deriva certo dal furbo gioco di parole che propongo: Marghera, Margareth… E' come quando dai un nome ad un cane – ridono - Noi l'abbiamo dato al gruppo! Volevamo un nome di donna, questo sembrava avesse più classe. Ci mettono un po' prima di ammettere che un nome femminile è comunque più bello: Bho, era un'idea… suonava bene, sviava la faccenda: appena ricevono un demo con questo nome magari pensano ad una folksinger solista, e non è cosi!
Dire che un nome di donna è più bello no? Eravamo indecisi tra Margarteh e Erasmo in effetti – ormai mi prendono in giro – Ma comunque è stato tutto molto casuale.
Chiedo ragguagli sulla grafica, che è la stessa del precedente demo, e parte un flash abbastanza surreale su quanto siano "indie" alcuni font. Ci piaceva la macchina da scrivere perché fa molto indie. E precisano, nell'ilarità generale: L'importante è non usare il Courier, perché non spacca.
Quanto sono indie i font…
Se guardi, la maggior parte dei dischi indie usa il font della macchina da scrivere. Non ci avevo mai fatto caso. E il Times, allora? Il Times è da tesi di laurea! – si sorride tutti, per quanto sia possibile sorridere via Skype.
La copertina ha un disegno particolare: E' una bricola. Quei pali di legno che a Venezia servono per indicare i canali, e li costeggiano. Sai, quelli dove ci si ancorano anche le barche… beh, può essere un oggetto estremamente malinconico. Quando c'è bassa marea sono decadenti… con le cozze attaccate… si ride, di nuovo. E io faccio qualche domanda su com'è vivere in una città come Venezia, proprio a livello di spostamenti. Parliamo di vaporetti, di nausee, dei "bacaro tour", che ho scoperto sono i giri tra osterie e cicchetti.
Paolo è l'autore delle canzoni. Arriva con il "prodotto canzone" già pronto, poi cominciano a lavorarci su tutti insieme. Mi faccio spiegare di che cosa parlano: Ci sono due correnti, quella autobiografica e riflessiva, con canzoni nate in un momento molto introspettivo che continua ancora adesso. Poi c'è quella dell'evasione totale: mondi paralleli, fantasie sogni deliri vaneggi… Questa divisione si rispecchia anche nello stile: folk pop stilnovista contro qualcosa di più psichedelico, nel caso di "The Gate".
C'è tanto amore, però. Parte un divertente dibattito sulle canzoni d'amore indie, che per me riflettono un momento storico in cui tutti sono depressi e complicati. È che sennò va in classifica, se la scrivi leggera! E dopo non è piu indie! – si ride - È giusto cantare quello che capita, se poi per pura coincidenza a tutti capitano relazioni incasinate… In effetti le canzoni d'amore indie sono una tipologia a sé stante di songwriting.
Che palle, aggiungo io. Tutti tristi. Ma loro sono più ottimisti: Un po' sarà il non voler compromettersi, il precariato, la crisi… però qualcosa di bello capita a tutti, che cacchio!
La crisi, anche nella musica, diventa opportunità? Un musicista una volta ha detto: le mie canzoni sono così tristi perché quando sono felice esco. Gli stati d'animo negativi sono prolifici dal punto di vista artistico, hai più facilità forse. Ma ci sono gruppi che riescono a darti quelle sensazioni indenfinite, sensazioni indefinite, oblique: non sei né triste né allegro, ma trasportato nel loro mondo fatto di quella sensazione lì, ed è bellissimo.
Due demo dunque, dai titoli che contengono entrambi la parola "città": avevo già pensato a chissà quali collegamenti semiotica, ma mi stoppano subito: È un tema ricorrente perché è il posto dove viviamo… e poi è il senso delle due canzoni usate come title track.
Parliamo delle influenze che si sentono, io la butto lì con Dylan, che è stata la prima cosa che ho pensato nei primi 15 secondi di ascolto. E' bello sentir parlare della nostra musica, persone che in base ai loro ascolti riescono a collegarle ad artisti diversi: è molto divertente e siamo molto contenti di sentire certi paragoni, di farsi sgamare delle influenze. Sulla musica che ascoltano mi fanno un lungo elenco degli ultimi dischi apprezzati: Ultimamente Fleet foxes, e poi qualcosa di elettronica, per vedere ogni tanto le ultime tendenze – dice Paolo - Dubstep, mi sto facendo una cultura. Poi i Department of Eagles, per esempio… e sui classici: Jim O'Rouke, Radiohead, Beatles, che sembra una cazzata ma credo sia il mio gruppo preferito, i Beach Boys di "Pet Sounds". Dylan c'è, ma in quantità minore: mi fa piacere che tu l'abbia citato, è che Dylan non può non esserci, è la coscienza del rock. Sull'italiano prendono un po' le distanze: Per la maggior parte abbiamo influenze straniere. Di gruppi italiani strafighi ce ne sono a badilate, ma spesso sei costretto a vederli in una cantina. Abbiamo aperto una volta per i Fumisterie, che sono bravissimi, ma sono ancora poco conosciuti, dopo 120 anni che suonano.
Dopo un aggiornamento sull'ultimo tour dei Calexico, qualche consiglio su eventuali locali da puntare, chiacchiere varie… ragazzi, 'sto disco. Su. Quando lo fate? Abbiamo già prenotato lo studio, uno che conosciamo dalle nostre parti, qualcuno di noi ci ha già messo piedi con altri gruppi. Se ci prepariamo bene dovrebbe venir fuori un buon lavoro. Appunto. Forza, che aspetto qualcosa di più di quattro canzoni.
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L'articolo Margareth - via Chat, 01-02-2009 di Sara Scheggia è apparso su Rockit.it il 2009-02-09 00:00:00
COMMENTI (2)
Brava Sara, bella intervista. E bravi i Margareth.
Scena.
Viaggio notturno in macchina con Alberto Stevanato dei Grimoon, persi nella pianura veneta.
A un certo punto Alberto mette su un disco: "Sono dei ragazzi di queste zone, sono molto bravi", dice. E' uno dei dischi dei Margareth, e il viaggio diventa un potentissimo trip. Tante soluzioni molto semplici, minimali, ma gestite benissimo. Piccoli disegni melodici e ambienti sonori perfettamente disegnati.
Bravi i Margareth.
Bravi Margareth ! il primo demo è ancora tra i miei dischi preferiti, e ho ricevuto il secondo (grazie!)che ascolterò presto. Bau !