Immaginate Gauguin con chitarra e taccuino mentre osserva il mondo e lo traduce in canzoni. Può essere uno spaccato di vita di Mattia Del Moro, ventiquattro anni, in arte Brown and the Leaves. Un passato da pittore, un amore immutato per la musica, la continua ricerca di silenzi ed atmosfere. Esce in questi giorni il suo esordio, "Landscapes". In attesa di farvelo ascoltare per intero – a partire dalla prossima settimana – ce lo facciamo raccontare da Mattia in persona, intervistato da Giovanni Continanza.
Ho sentito il tuo disco, è un album delicato, sottile, molto bello. Ma c'è un aggettivo che mi è venuto spesso in mente: impressionista. E' appropriato?
Credo sia una parola troppo carica di storia, non so bene cosa tu intenda. Ti riferisci forse all'elemento paesaggistico presente nei testi e nelle melodie? In quel senso credo sia appropriato.
Intendo lo scambio tra paesaggi ed il tuo mondo interiore...
Sì, quello scambio è molto forte e credo che il disco sia il risultato di due componenti diciamo geografiche (la Carnia e Venezia) e il mio modo di percepirle.
La Carnia e Venezia. A pensarci bene, nonostante le brevi distanze, sembrano due luoghi profondamente diversi. Cosa ti è rimasto di ognuno di questi luoghi?
In apparenza è così, ma in realtà sono accomunati da una realtà molto paesana, in cui la vita ha dei tempi più dilatati, ritmati dalle maree a Venezia e dalle frequenti piogge in Carnia.
Emerge quindi una malinconia, dolce, forse volubile, forse perenne...
Beh sì, ma quella forse appartiene già al mio modo d'essere. La natura di questi luoghi probabilmente la accentua.
Senza dubbio direi. Ma da quello che ho potuto sentire nel tuo disco, la ricerca dei luoghi si dilata. Ci sono dei viaggi. Svezia, il Brasile...
Sì, molti dei testi del disco sono stati concepiti in treno. Adoro sedermi nel posto vicino al finestrino e guardare fuori, iniziare a viaggiare non solo fisicamente ma anche con l'immaginazione, nei ricordi, nei desideri, negli stati d'animo. E' una situazione molto stimolante
Non a caso, c'è molta bossanova. Da cosa nasce questa passione? E' veramente palpabile...
Questa passione nasce dalla (apparente) semplicità con cui i brasiliani fanno convivere un'atmosfera di festa con la saudade tipica di quelle terre, direi di tutto il genere umano. Il fatto di vivere felicemente ed intensamente la vita, ma con quella punta di malinconia, probabilmente ti fa prendere le distanze dalle passioni. Purtroppo non sono mai stato in Brasile per appurare. Spero di farlo presto.
A chi lo dici. Comunque, c'è una cosa che mi ha colpito nella tua biografia. Nel descrivere la tua musica affermi: "E' come Nick Drake in vacanza in Brasile". A questo punto, collegandolo a quanto hai scritto prima, sembra quasi un ossimoro. Nick ha avuto passioni molto forti, fino al punto di morire per esse....
Già, ma in quel caso credo che ci fossero problemi di altra natura. Per me la saudade coincide con l'idea di essere un passeggero in questo mondo e che le cose, tutte le cose, hanno una fine. Non è pessimismo, anzi. Molte volte è un augurio. Per quello dicevo: "Prendere le distanze" ed infatti hai detto bene: "forse perenne".
Rimane comunque un accostamento molto interessante. Cambiando discorso, un'altra tua passione è l'elettronica. Cosa invidi alle potenzialità elettroniche, tu che suoni solo chitarra e voce?
La musica elettronica mi appassiona ma credo che non si possa più parlare di musica elettronica come genere, talmente si è radicata in ogni cosa. Si può forse parlare di atmosfere, immaginari. Mi piace molto il lavoro di gruppi come Tunng, Psapp, insieme a quello di molti altri. Riescono a unire l'intimità dell'acustico e l'energia dell'elettronica.
Come vedi, non ho usato la parola songwriter. Ho letto nella tua biografia che non ti definisci un cantautore. Perché?
Mi capita spesso di riflettere sulla parola cantautore e, per quanto poco valore assumono per me i nomi e le etichette, mi è sembrato che venisse usata per quei musicisti che si concentrano maggiormente sul testo. Per me è sempre venuta prima la musica e solo ultimamente le due cose iniziano ad andare all'unisono.
Beh di tempo ce n'è per trovare nuove strade. Intanto hai firmato per Red Bird Records, la sub-label della campana Seahorse. Alla produzione artistica ha collaborato Paolo Messere dei Blessed Child Opera. Come è andata?
E' andata bene direi, ci siamo chiusi per tre settimane nella casa-studio di Paolo a Mercatale a lavorare continuamente, ma con tranquillità. Per qualche giorno sono venuti anche Vincenzo Zingaro e Lorenzo Gambacorta degli Unmade bed per sviluppare alcuni arrangiamenti. Una cosa interessante di questo disco, è che le parti di violoncello e quelle di contrabbasso sono state registrate prima altrove. Infatti, Fabio Centurione (violoncello) e Ilaria Scarico (contrabbasso) sfortunatamente non li ho mai incontrati di persona. C'è stata subito l'alchimia giusta però, anche a distanza!
L'album d'esordio è completato, ti aspettano ora i live. Immaginiamo che al termine di uno di questi si avvicina un ragazzino di 14 anni e ti chiede: "mi piace la tua musica, vorrei capire come sei arrivato a comporla". Cosa gli dici?
Gli posso dire che ad un certo punto ho messo da parte la maggior parte delle cose che occupavano la mia giornata, e per un anno ho di rado staccato le mani dalla chitarra o dalla penna. Poi ho ripreso in mano quello che avevo abbandonato.
Mattia, chi è Brown?
Sono io.
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L'articolo Brown and the leaves - via Chat, 08-10-2009 di Giovanni Continanza è apparso su Rockit.it il 2009-10-12 00:00:00
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