Elettronoir - via Chat, 23-01-2009

Proprio in questi giorni è uscito ufficialmente il loro terzo lavoro "Non un passo indietro", accolto positivamente da pubblico e critica. Un disco intriso fino al midollo di riferimenti letterari, cinematografici e politici; un disco colto, dalle molteplici chiavi di lettura, tra digressioni elettroniche, echi morriconiani e citazioni pasoliniane ma dall'indiscutibile anima pop. Ce lo hanno raccontato direttamente loro, gli Elettronoir, in una lunga e piacevole chiaccherata notturna. Di Antonio Belmonte.



Ragazzi, riprendiamo il discorso da dove lo abbiamo bruscamente interrotto nella sezione commenti di Rockit: alla sola parola "elettrodark" siete letteralmente balzati giù dalla poltrona come se vi avessi pugnalato alle spalle. Credo, ne abbiate frainteso la portata avendolo io tirato in ballo, come genere musicale, solo come una delle molteplici fonti che vi hanno musicalmente influenzato. Lungi da me snaturare la vostra identità pop!
Georgia: Non siamo balzati, almeno non io, ma l'impressione è stata quella di voler cercare nel disco una violenza diversa da quella che descriviamo; credo sia stata fraintesa l'intenzione, che non era quella di far sanguinare, ma di portare alla luce emozioni diverse, come nel caso delle voci femminili, quelle delle donne emarginate, che soffrono, che sono ferite, non che feriscono.

Matteo: Bah, io assolvo subito gli altri, perchè il commento dove invoco Christo a difenderci dall'elettrodark è il mio. Poi, che dirti… Quando leggo "elettrodark" penso a dei ciccioni in pantaloni stretti di pelle giù a sudare nelle discoteche. Insomma, hai cercato nel nostro disco quello che il nostro disco non è.

Nando: Io aggiungo semplicemente che se esiste un genere così denominato, non penso che rientri nelle nostre influenze, non consciamente almeno!

…Beh, forse il fatto è che avete una visione un po' alterata dell'elettrodark, che va oltre i "ciccioni che ballano sudati nelle discoteche" per abbracciare invece anche progetti molto colti e interessanti: ed io a quelli mi riferivo parlando di voi... Immagino che la vostra "Non un passo indietro" sia a tutto tondo un omaggio a Pasolini, no? La cosa mi rende felice perché penso che tutto sommato i movimenti culturali della capitale non abbiano mai abbastanza celebrato l'intellettuale friulano, come avrebbero dovuto.
M: Mah, credo che tutte le persone che leggono Pasolini oggi siano il più bel trionfo che gli potesse capitare. In fondo se il salotto non l'ha celebrato non importa, credo che lui sarebbe stato dello stesso avviso. Ecco, son contento che hai colto l'ombra lunga di Pasolini. Questo disco è forse uno dei dischi più politici che conosco.

Visto che siamo in tema, come le vedete flora e fauna politica di Roma?
G: Se per flora intendi i vegetali, direi che Roma ne è piena! Ma io sono stata adottata da Milano da quasi due anni, per cui…
M: C'è bisogno, è necessario, che la musica sia politica oggi, non dico oltre, di più sarei retorico. Il miglior modo di dire quello che avevamo da dire sta nelle canzoni. Non mi viene di parlare di Roma: faccio la figura di quelli che dicono "fasci=merde, zecche=raus". Insomma, è difficile saperti fare esempi che raccontino la realtà in cui viviamo: c'hanno colonizzato la lingua, e certe parole non possiamo dirle più, pena sentirsi tronfi e cianciaroni. Mi basta dire questo: che si deve essere politici, si deve non aver paura delle proprie opinioni, pure se sembrano grosse e sproporzionate rispetto alle chitarrine che suoniamo. Io voglio il dibattito, voglio il dubbio. Mi basta sperare che dirai quello che credi, che lo lascerai intendere; poi se lo condivido o no vediamo, parliamone.

Pensi che parlare di politica sia per definizione retorico, sopratutto se ti schieri? Una forma di "omertà intellettuale", no?
M: Si, perché ti viene istintivo di dire peste e corna, ma poi pensi, "chi leggerà, capirà"? Per quanto mi riguarda non penso che la falce è buona e baffino cattivo, ti dico "guarda che, entrambi, ti prendono per culo"; ma pure così sembro Durruti.

…insomma pensi che qualsiasi cosa tu dica dica verrà fraintesa?
M: Frainteso, sì, certamente. Per tornare a Roma: bah, è una città molto più provinciale di quanto si possa immaginare. A 'sto giro hanno vinto i bottegai. Che poi i figli della lupa credano di aver vinto loro... si sbagliano di grosso. Hanno vinto i commercianti della botteguccia di Trastevere, hanno vinto i suv-isti del parcheggio in seconda fila, quelli del "n'attimo che arrivo", quelli del "oh scusa il ritardo", quelli "del tanto è uguale"... Quelli che in fondo avevano vinto pure prima.

Siete giunti al vostro terzo lavoro, l'ennesima autoproduzione. Penso, e credo di essere in linea con il vostro pensiero, affermando che l'autoproduzione sia spesso un punto di arrivo e non di partenza. Libertà di movimento, anarchia creativa e totale mancanza di stati ansiogeni dovuti a scadenze da rispettare. Sinceramente, è stata una vostra scelta strategica o nessuno dell'ambiente ha creduto in voi fino in fondo?
M: Sì esatto, nessuno c'è venuto a proporre uno straccio di contratto. Perché? Boh, io penso che magari due soldi con noi ci si potevano pure tirar su. Non credo che noi possiamo rimproverarci qualcosa. Siamo l'esempio concreto di musicisti che suonano la loro cosa senza il lavoro (e gli interessi) di qualcun'altro. Ce la facciamo a reggerci sulle nostre gambe, e credo che debba essere una bella soddisfazione. Ognuno di noi poi ha le sue teorie, ma io non sono complottista: semplicemente penso che alle etichette indie sembriamo troppo "elettro", a quelle elettroniche troppo indie e alle major... Beh, perché le major fanno ancora dischi italiani?

G: Tu parli di assenza di angoscia delle scadenze mentre in realtà quando sei tu ad organizzare te stesso è tutto molto più difficile. In fondo avere un manager serve a ridurre certe complessità, no? Autoproduzione non significa anarchia totale, ma buona organizzazione, perché funzioni.

Ma il manager mica interviene in fase creativa? Neanche ci dovrebbe metter bocca…
G: Infatti non parlo della fase creativa, ma delle scadenze in generale. Insomma, dal trovare la sala in cui registrare, al coordinare le persone, dalla produzione del disco alla sua distribuzione ed all'organizzazione dei live, intendo la parte organizzativa della band a 360 gradi.

Nando: No, infatti per quello ci sono io... è il mio ruolo. Non ne serve un altro.

Parlatemi a ruota libera del vostro nuovo disco e di tutti i mattoncini che avete compattato insieme per realizzarlo, a partire dalle storie e dalle cronache italiane degli anni 70 a voi tanto care per citare poi a cascata i film, i fumetti, i libri e le colonne sonore che vi hanno infettato, senza trascurare, ovviamente, la "novità" Georgia che ha sostituito Grazia Lucchese alla voce.
N: In effetti a monte direi che ci sono più libri che altro; in fondo il mattone che crea il mood di sottofondo degli Elettronoir è più Jean Claude Izzo che non Morricone.

G: Infatti, i nostri riferimenti, come spiega Nando, sono quasi esclusivamente letterari. Sono quelli che ci permettono di creare le ambientazioni e l'atmosfera giusta nei pezzi, che sono storie, prima di tutto.

M: Credo che non sia giusto rivelare tutte le influenze, le piccole parti che compongono "Non un passo indietro". Certe non ce le diciamo manco tra noi: ad esempio, io ho scoperto sei mesi fa che siamo pieni di Curzio Malaparte. E' stato come trovare 100 euro che t'eri dimenticato nei jeans lavati. Certe cose sono evidenti, e te ne accorgi subito, altre sono più nascoste e sono un tesoro. Che ci siano le colonne sonore, i cantautori, Morr music, i Joy Division o i Rush te ne accorgi facilmente. Poi c'è un mare, pure profondo. Per quanto invece riguarda Georgia è stato divertentissimo lavorare con lei. Già dal nome capisci che viene da una famiglia che l'ha cresciuta a pane e black music. Quando ho sentito le prime riprese della sua voce quasi mi commuovevo.

N: Nel cambiare vocalist in realtà cercavamo soprattutto una persona che si sentisse completamente coinvolta nel progetto e che riuscisse a sopportarci. Geo ci si è buttata subito nella marmellata.

Il feedback positivo che avete riscontrato nella stampa specializzata non vi risparmia ingombranti affinità con i Baustelle. Francamente anch'io colgo nel vostro ultimo lavoro degli evidenti punti di contatto con le sonorità de "La Malavita" ma non mi spingerei oltre, anche perché sarebbe a mio parere riduttivo.
M: Abbiamo risposto mille volte a questa domanda. Peschiamo pure dallo stesso bagaglio culturale, logico che ci siano affinità. Poi, pensa tu, il Pantosti (voce della band, NdR) è di Abbadia di Montepulciano, e con loro c'è cresciuto. Chi lo sa, magari è Bianconi ad aver rubato un pacco di canzoni al Pantosti...

Chi può dirlo? Bianconi ruba spesso e nasconde bene il maltolto…
N: Scherzi a parte, direi soprattutto che questi brani esistono da ben prima dell'uscita de "La Malavita", così come adesso abbiamo quasi tutto il terzo ed ultimo capitolo di "Tutta colpa vostra"... (la trilogia iniziata nel 2005 di cui l'ultimo "Non un passo indietro" rappresenta il secondo episodio, NdR) Poi il lavoro è lungo...

G: Ci associano ai Baustelle perché probabilmente condividiamo lo stesso pubblico, almeno quello di qualche anno fa. Io non li ho mai seguiti molto ma quello che ho sentito francamente non mi sembra assimilabile alla nostra musica, sia per quanto riguarda i testi che per il mood delle canzoni, dalle linee vocali alle scelte stilistiche, per concludere con la voce di Rachele, che trovo completamente diversa dalla mia, sia per intensità che per timbro.

Ci sono scorie dei precedenti due lavori in questo disco?
N: Noi non produciamo scorie, siamo ecologici, evitiamo direttamente di scrivere brutte canzoni così da non doverle scartare.

G: Grande Nando!

N: Come nella migliore tradizione dei grandi gruppi del rock progressivo (che personalmente è tra le mie massime influenze) ci piace ricollegare melodie con i dischi precedenti o tra i pezzi di uno stesso album.

Spulciavo nei vostri testi durante l'ascolto del disco e ho notato che la parola più ricorrente è "Luce". Ci sono forse esigenze "chiaroscurali" recondite per stemperare le atmosfere notturne che caratterizzano il disco?
G: Ci piace giocare con i contrasti, come quello tra l'elemento testuale e la musica.

N: Noi raccontiamo vite, mica inferni.... Poi cos'è che cerchi quando sei nella merda fino al collo?

…O luce o buio! Tertium non datur
M: E invece sì! Sarà per questo che non ci fanno i contratti?

A conti fatti, quanta autonomia avrete ancora se davvero siete, e vi sentite, un Moloch con 5 teste pensanti?
M: Se intendi autonomia di stile è questo il bello: siamo 5 persone che vengono da posti lontani (non solo geograficamente) che si incontrano, ognuno mette il suo, ci scanniamo, ma poi escono i dischi, e sono Elettronoir al 100%. Più o meno come tutte le altre band.

Un alieno scende sulla Terra: dovete fargli capire che cos'è la musica. Che disco gli fareste ascoltare?
G: "Closing Time" di Tom Waits.

N: "In Your Multitude" dei Conception.

M: "Festivalbar '92". Siamo gente pessima. Dico sul serio: noi umani siamo gente pessima, se vuoi capire quanto siamo vacui e semplici, quello è un buon punto di partenza. Devo far capire ad un alieno cos'è la musica? La musica ha il compito di rappresentare chi l'ha composta, e per chi l'ha composta non intendo semplicemente chi l'ha scritta. Ci sono stati bei picchi di menti che hanno saputo cogliere gli stati più divini del nostro essere, ma in fondo, dovendo fare una media, noi non siamo le sublimi sonate per clavicembalo di Bach, siamo più vicini a Maria de Filippi.

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L'articolo Elettronoir - via Chat, 23-01-2009 di Antonio Belmonte è apparso su Rockit.it il 2009-01-26 00:00:00

COMMENTI (3)

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  • rockpopcorncorporation 15 anni fa Rispondi

    Che BBBBBelli! :)

  • antobel 15 anni fa Rispondi

    ...E voi, invece, quand'è che rimedierete?:?
    In campana!


  • oxygen 15 anni fa Rispondi

    "Proprio in questi giorni è uscito ufficialmente il loro terzo lavoro "Non un passo indietro", accolto positivamente da pubblico e critica. Un disco intriso fino al midollo di riferimenti letterari, cinematografici e politici; un disco colto, dalle molteplici chiavi di lettura, tra digressioni elettroniche, echi morriconiani e citazioni pasoliniane ma dall'indiscutibile anima pop. Ce lo hanno raccontato direttamente loro, gli Elettronoir, in una lunga e piacevole chiaccherata notturna. Di Antonio Belmonte"

    Belmonte Ammettilo, un pochino ti sei ricreduto!:?
    Mi ha fatto piacere leggere l'intervista,interessante.(hai rimediato)