(Foto di Alice Pedroletti)
Quattro musicisti e un produttore si incontrano e decidono di riprendere in mano colonne sonore dei film polizieschi anni 70, nascono i Calibro 35. E' uscito il loro primo disco e da subito si è piazzato tra i più ascoltati su Rockit. Effetto nostalgia o qualcosa di più? Elisabetta De Ruvo li ha intervistati.
Cominciamo dall'"abc...". La vostra è una formazione davvero eterogenea, ognuno di voi arriva da esperienze diverse e lontane anche logisticamente. Quando, dove e come nasce questo progetto?
Tommaso: Il gruppo nasce più che altro come un esperimento. Da sempre sono appassionato di un certo tipo di musica strumentale, ed era tanta la voglia di fare un progetto di questo genere ed ho chiamato tutti quei musicisti con cui avevo già lavorato. La scintilla è un po' scoccata quando in un tour in America ho pensato: ma perché una musica che tutti ci invidiano è così importante all'estero e nessun italiano la fa dal vivo? Questa è musica nostra. Proviamo a prendere quattro musicisti, andiamo in studio e vediamo cosa succede. E così più o meno è stato. Io e Max avevamo già registrato delle cose per altri dischi con Fabio Rondanini, il batterista, e tra l'altro avevo appena iniziato a registrare delle cose per gli Afterhours con Enrico Gabrielli, e con Luca Cavina, il batterista dei Transgender. Così ci siamo ritrovati una mattina di Luglio dell'anno scorso, per vedere cosa succedeva. Era una situazione strana perché non mi era mai successo di prendere musicisti che prima non si coscevano e "obbligarli" a suonare insieme. Le cose sono andate molto bene. Le versioni di "Giornata Nera Per L'Ariete" e "Trafelato" erano già ottime al primo take.
Massimo: E' stato come rompere il ghiaccio. E' stato interessante perché prima delle chiacchiere, prima dei comevacomenonva, c'è stato un "salve", poi direttamente "io suono questo, tu suoni quest'altro", è stato veramente un buongiorno, ci siamo spiegati musicalmente. Quindi prima take, presa, registrata, stampata, andata: è quella che c'è sul disco. Poi abbiamo cominciato anche a ubriacarci insieme.
Della serie, sappiamo tutti gli arrangiamenti, abbiamo studiato, iniziamo a suonare…
M: In realtà c'è stato un grosso lavoro da parte di Tommy, soprattutto di ricerca dei pezzi papabili, una lista che ci siamo presi la briga di ascoltare bene, per poi dire la nostra su cosa ci piaceva di più. C'è chi è arrivato un po' più preparato come Enrico e Fabio, con tutto le strutture già buttate giù e chi, tipo me, ha scelto un approccio volutamente più senza rete proprio per avere la freschezza della novità anche in studio. Suona un po' naif, ma in realtà è una cosa ponderata, il fatto di essere un po' impreparati e fidarci di quello che uno sa fare.
E per quanto riguarda i pezzi di cui le registrazioni originali sono andate perse?
T: Sono due le tracce di cui stati persi i master. Una è tratta da "Milano Calibro 9", a cui alla fine abbiamo dato noi il titolo, "Bouchet Funk", perché non essendo stata inclusa nella colonna sonora ufficiale del film, non ce n'è proprio ufficialmente traccia. L'altra è tratta da "La Mala Ordina", lì è proprio successo che i nastri sono andati distrutti, perché si dice che sia bruciato un magazzino o qualcosa del genere, per cui quella colonna sonora non è proprio più reperibile. Ho registrato dai dvd la colonna sonora in entrambi i casi, anche se per "La Mala Ordina" è stato più semplice perché era sui titoli di testa, non aveva voci sopra, mentre nel caso di "Bouchet Funk" è stato un po' più complicato perchè il pezzo viene usato come riempitivo in tutta una scena, quindi entra ed esce dai dialoghi. Quindi è stata molto riarrangiata da noi, perché essendo una jam funk improvvisata in origine, non aveva quelle caratteristiche di scrittura che la rendono un pezzo compiuto. Comunque abbiamo cercato di riproporre lo stesso spirito.
Meno male che ci siete voi allora a fare questo recupero filologico di certi pezzi allora. Secondo voi ci prendo se dico che sta nell'uso dell'Hammond la caratteristica principale di questo genere?
M: Quasi. Nel senso che in realtà l'Hammond è uno strumento legato come immaginario agli anni 70, al funk e a questo tipo di sonorità. In realtà qui c'è una pippa filologica in più, nel senso che l'organo che tu senti e che potrebbe sembrare un Hammond, in realtà è un organo italiano il Tiger, della Eko.
T: In realtà nel disco usiamo sia un Eko, che un Farsifa. Il nostro suono è un po' più acido di un Hammond, che è più flessibile e più corposo. Il nostro è più acido, in realtà caratterizza molto il suono, riconoscendolo come Italiano.
Perché avete scelto di lavorare sul genere legato al Poliziottesco, piuttosto che su altri?
T: La scelta del quel genere cinematografico è stata fatta principalmente perché al suo interno racchiude la maggior varietà di stili musicali. Se pensiamo al poliziesco, ci possono star dentro, così come nel disco, pezzi più rock, pezzi più jazzati, pezzi più improvvisati, pezzi funk. Mentre altri generi cinematografici avevano un'estetica molto limitata, penso alle commedie degli anni 60, molto diverse da quelle degli inizi dei 70, che hanno una rosa di proposta di generi musicali abbastanza ristretto, mentre il poliziesco ci lasciava spazio appunto per avere dei pezzi come quelli di Morricone, di Micalizzi, di Bacalov, che hanno dei caratteri musicali molto diversi, sia al livello di scrittura che di arrangiamenti.
Beh, riguardo le commedie, se anche avevamo a che fare con Piccioni o Umiliani, di certo non rimanevamo delusi…
T: No, il mio giudizio non era di qualità, mi riferisco alla scelta che è venuta naturale per i polizieschi. Il poliziesco racchiude tante cose, può essere divertente, può creare tensione… Ha una dinamica molto ampia. Poi detto questo, hai citato due mostri sacri che ci piange il cuore di non aver potuto includere in questo cd.
Queste sonorità sono rappresentative di tutto un periodo cinematografico e non solo dei film polizieschi - si pensi a Morricone per Diabolik (1967), ai Goblin per Profondo Rosso (1975), o più in gnerale agli Osanna - secondo voi da dove nasce questo successo?
M: Una delle possibilità può essere che in quegli anni la produzione di film era veramente copiosa e c'era anche molto più spazio per sbizzarrirsi veramente.
T: Secondo me ci sono altri fattori. In quel periodo lì s'inventava molto di più, il genere poliziesco aveva delle caratteristiche completamente nuove, a partire dagli anni 60, e nei 70 ancora di più, rispetto al poliziesco più di stampo noir degli anni 40 e 50, ed era necessaria quindi una musica che andava inventata ex novo, questo è un discorso che può valere anche per la allora nuova produzione del giallo, che sicuramente non aveva più le caratteristiche hitchcockiane degli anni precedenti. Questo credo obbligasse registi e produttori a sperimentare vie nuove, che potevano essere quelle dell'avanguardia musicale, tipo Morricone e il gruppo di improvvisazione Nuova Consonanza, oppure le collaborazioni tra musicisti e compositori di estrazione profondamente diversa, penso a Bacalov e ai New Trolls con "Concerto Grosso" per "La vittima designata", piuttosto che i Goblin con Gaslini. Questa commistione secondo me era molto importante perché all'epoca non c'era ancora l'idea, che poi si è imposta purtroppo disastrosamente, di far finta di fare "musica giovane". Allora non ci stavano a pensare, chiamavano un gruppo a fare la colonna sonora se avevano bisogno di "musica giovane", cosa che oggi non succede quasi più.
"Musica giovane" dicevate, forse questo spiega perché il vostro disco sia tra i più ascoltati ultimamente su Rockit, anche se paradossalmente la musica che suonate è stata composta trenta-quarant'anni fa?
M: In realtà la nostra filologia, più che sui pezzi e sull'estetica, cerca di catturare lo spirito di quell'ambito, non solo in senso temporale. E' un progetto che si prende in maniera molto seria, in cui ci si mette in gioco profondamente, ma che ha anche la voglia di divertirsi fottutamente. Credo sia questa la chiave, anche dai feedback che cominciamo ad avere dal vivo, dalle recensioni del disco. Cioè oltre al progetto e all'attenzione dei quattro musicisti più un produttore/capoccia, c'è anche una sanissima dose di divertimento nell'ascoltarsi. Ogni volta che riascoltiamo le vecchie registrazioni delle jam dei musicisti dell'epoca, nonostante fossero assoldati per fare un lavoro serio, facevano delle porcate bellissime, usando wah wah a manetta, batterie distorte, divertendosi come pazzi. Prima di essere turnisti erano sperimentatori con una fame di ricerca mostruosa, prendendosi la responsabilità di tenere una take che poteva sembrare sbagliata tecnicamente ma che ti comunicava qualcosa. Questo è l'aspetto più importante di Calibro35, è recuperare quell'attitudine. Ed evidentemente questo comunica qualcosa a chi ascolta.
T: Secondo me si tratta anche di un linguaggio che abbiamo tutti. Questa è una delle prime cose di cui noi stessi ci siamo resi conto, fin dagli albori del progetto, quando ancora solo se ne parlava tra amici e conoscenti, anche senza sentire la musica. C'è un substrato che più o meno tutti conoscono, anche solo per sentito dire, legato ad un certo cinema degli anni 70. Fa quasi amarcord della memoria collettiva, tanto per usare termini altisonanti.
Ok. Un paio di domande meno serie. Vi ispira di più un inseguimento tra gazzelle o un interrogatorio poco ortodosso?
T: Io direi la prima.
M: Io la seconda.
T: Questo rientra nella grande dinamica che ti dà un poliziesco. Se ci pensi anche nel nostro disco, ci sono un paio di pezzi da inseguimento e uno dichiaratamente da interrogatorio: "La polizia s'incazza".
Franco Nero, Tomas Milian o Mario Merola?
M: Tomas Milian tutta la vita.
T: Eh, Tomas Milian è difficile da abdicare. Diciamo Tomas Milian prima di certi film. Era super spietato.
Poi arriva un titolo che non t'aspetti: "L'Appuntamento" di Ornella Vanoni. A parte che mi sembra una voce fuori dal coro, non era semplice trovare qualcuno che reggesse il paragone...
M: Il pezzo è legato all'immaginario cinematografico e farlo interpretare a Roberto (Dell'Era, NdR) c'è sembrata la cosa migliore da fare, anche perché lui è assolutamente sixties, non solo nell'aspetto, anche nelle cose che fa, a parte gli Afterhours.
T: In realtà è un rimando. Perché nel film "Toni Arzenta" si sente, pur non facendo parte della colonna sonora. L'obiettivo in fondo è riappropriarci anche un po' di questo, se alla fine c'era un pezzo bello, sempre in stile e di cui ce ne potevamo appropriare, perché no. Spesso pensando a Calibro, mi viene in mente che ci siamo potuti permettere di dire "perché no" un sacco di volte. Siamo assolutamente consci che è soggettiva la presenza di quel pezzo nel disco, ma ha diversi motivi per esserci a pieno titolo.
Nell'ipotetica possibilità di tirarne fuori dei film, a chi affidereste la regia di "Calibro35" e "La polizia s'incazza", i due brani composti da voi?
M: Bella questa…
T: Beh, per mancanza purtroppo di Fernando Di Leo, rimane Umberto Lenzi, per cui mi affiderei a lui. Oppure no, il ritorno sulle scene di Castellari, avrebbe bisogno delle nostre colonne sonore.
M: Non sarebbe male. Per "La polizia s'incazza" m'è venuto in mente Dario Argento, che magari è da presuntuosi, però lui è ancora vivo, è ancora bravo, è un'icona. Ci potrebbe stare, dai.
Beh se proprio non volesse, c'è sempre Stivaletti e affidiamo la produzione a Dario Argento. Facciamogliela 'sta proposta, perché no…
M: C'hai dato una buona idea.
Ma invece, per allargare il discorso, quali sono i vostri generi musicali preferiti?
M: A me piace veramente tanto la musica, mio padre è uno di quegli pazzi audiofili che mette i ciddì in freezer, perché dice che così si sentono meglio, che mette delle piramidi sotto il giradischi, perché dice che così si sentono meno le vibrazioni, quindi un appassionato con una collezione di vinili mostruosa e spesso passavamo la domenica ad ascoltare musica: Perigeo, Hendrix, lo stesso Morricone, per cui tanta roba. Che poi i generi sono solo un pretesto per parlarne, ma la musica è sempre una.
T: Per quanto mi riguarda non è un caso che mi piaccia la musica strumentale, anche largamente intesa, a parte le colonne sonore ho avuto un periodo jazz-funk, quello a cavallo tra i 60 e i 70, e adesso la riscoperta del funk americano. All'interno del gruppo poi abbiamo Luca che ascolta generi più violenti, Fabio che condivide con noi alcune passioni relative al funk ma che ha anche suonato per un tributo a Nick Drake, poi c'è Enrico che è decisamente eclettico come gusti e va dalla classica al prog, per cui un bel mischione di passioni musicali.
Era normale quindi ritrovarvi insieme in un progetto del genere. Ma ci possiamo aspettare in futuro un album tutto di inediti?
T: Diciamo che non l'escludiamo. Beh, l'obiettivo è anche un po' quello di approcciarsi al progetto Calibro con una libertà maggiore di quella che puoi avere con un altro tipo di band, a prescindere dalla produzione standard che prevede disco-promozione, nuovo disco-nuova promozione e così via, pensando sempre a qualcosa di nuovo. Una delle cose dei Calibro, che è quella di proporre sia pezzi editi che cose nostre.
---
L'articolo Calibro 35 - via Chat, 24-10-2008 di Elisabetta De Ruvo è apparso su Rockit.it il 2008-10-27 00:00:00
COMMENTI (8)
aspetto di vedervi a padova, intanto bellissimi i pezzi in streaming
.. adovabili..
musica "artigianale"... di quella che non si fa' più.
clap clap
:? ammazza che roba!! Complimenti ai calibro, spaccate.. :)
Definitivi!
spaccano
bella calibrooooooooooooooo!!!
Complimenti, bella intervista!!!!!!:]
grandi ! [: