Che i fiorentini The Vickers avessero talento è stato chiaro a tutti già dal primo Ep; talento che non è sfuggito neppure all'incredibile fiuto di David Bash, fondatore dell'IPO (International Pop Overthrow), che appena dopo aver ascoltato i loro brani in rete li a voluti a Liverpool, sul palco del Cavern Club. Ora si preparano al lancio del primo album, dal titolo "Keep Clear", uscito lo scorso week end per Foolica Records. L'intervista di Shadia El Tabch.
Com'è andata a Liverpool? Fate un genere non così distante dal brit-pop, come siete stati accolti?
E' andata molto bene! Non abbiamo affatto avvertito difficoltà nell'essere accettati. Lì la musica è la base della vita e della cultura quotidiana, tutti sono apertissimi a qualsiasi genere. Chiunque, dal quattordicenne al pensionato, ti ascolta. Forse è un fattore genetico di quella zona più che dell'intera Inghilterra. Ti stupirà, ma dalle chiacchierate fatte con la gente del posto è venuto fuori che non sembravamo poi così vicini al brit-pop. Come ha detto uno speaker che ci ha passato su una radio a Liverpool, sono stati piuttosto affascinati o incuriositi da quel qualcosa di diverso che c'è in una base così simile ai loro canoni. Non ti sappiamo spiegare, ma siamo nel 2009 e speriamo che i confini in musica, per l'Italia, cadano anche in esportazione e non solo in importazione. La lingua e la musica sono strumenti, quando sei credibile e ci credi puoi fare quello che vuoi. Quando vuoi imitare allora è lì che rischi di non essere sincero e di scadere nella tipologia da cover band. Una cosa è certa: eravamo partiti con un centinaio di cd (il nostro vecchio Ep autoprodotto), che vendevamo dopo le nostre esibizioni. Dei cento a Firenze non ne abbiamo riportato neanche uno!
Cosa si prova ad esibirsi nel locale dove hanno esordito i Beatles?
E' stata un'emozione fantastica, davvero indescrivibile. Quando abbiamo letto la mail quel giorno non ci potevamo credere: invitati da David Bash al Cavern! Come puoi immaginare, se sei cresciuto a pane e un certo tipo di musica hai un "involontario" rispetto reverenziale per alcuni posti. Davanti al Cavern c'è un muro di mattoni con tutti i gruppi famosi che ci si sono esibiti: naturalmente i Fab Four, ma anche Who, Kinks, Rolling Stones, Travis, Oasis, Arctic Monkeys... Ma poi attacchi il jack, inizi a suonare, tutto sparisce e non pensi più a niente. Bellissimo, la gente che è partecipe e ti sostiene anche alle due di pomeriggio, forse aiutata dall'immancabile birra alla mano! Pensa che abbiamo coronato due piccoli sogni in un colpo solo: suonare al Cavern e fare due concerti in un solo giorno. Dopo il Cavern abbiamo preso un taxi e ce ne siamo andati a Crosby, dove è stato altrettanto bello! Lì c'era una donna anziana, vestita di bianco con i capelli tutti bianchissimi, ombrello alla mano, seduta a un tavolino vicino al palco. La potevi vedere battere il piede mentre suonavamo. Quando abbiamo finito si è avvicinata ai camerini e ha detto ad Andrea: "Bravi ragazzi mi siete piaciuti moltissimo. Io ascoltavo i Beatles suonare qui quando ero giovane e voi mi avete riportato a quella atmosfera". Non sembrava una "pazza" né una "mitomane", di certo una piccola cosa come questa ci ha messo le ali.
Come avete conosciuto David Bash?
David Bash è una persona fantastica. Seria, organizzatissima e votata alla musica. Pensa che l'abbiamo sentito di nuovo via mail l'altro giorno, ci ha detto che se non gli mandiamo il cd si offende! Per puro caso Marco un giorno ha aggiunto l'IPO tra gli amici di Myspace. Due mesi dopo ci arriva una mail di David che ci chiede se siamo disposti a partecipare al festival, aveva ascoltato i pezzi caricati e gli erano piaciuti. Non ci credevamo. In Italia tutto funziona a contest, dalla più piccola cosa alla più importante, quindi non eravamo preparati a questo. Ci siamo informati su David, sul festival e abbiamo detto sì. O forse abbiamo detto sì e poi ci siamo informati...
Alla produzione artistica del vostro disco c'è Francesco Donadello, ormai un punto fisso per il panorama indipendente. Com'è nata questa collaborazione?
Il tramite con Francesco Donadello è stato Paolo Naselli Flores (Urtovox), che ce ne aveva parlato estremamente bene non solo dal punto di vista artistico, ma anche umano. È sembrata la persona adatta sia a noi che alla Foolica, la nostra etichetta. Conosciamo i suoi lavori più e meno recenti, per i quali nutriamo una grande ammirazione. Conoscerlo ha confermato in pieno questa nostra convinzione.
Qual è stato il suo apporto più significativo al disco?
Avendo una grandissima esperienza in studio ci ha aiutato a scioglierci nelle serrate sessioni giornaliere. Noi scherziamo sempre e all'inizio ci è voluto un po' di tempo per far entrare in sintonia l'umorismo fiorentino con quello bolognese! Quando poi inizi a prenderti un po' in giro allora la strada è in discesa. Specialmente se devi lavorare per quasi dieci ore filate nella stessa stanza! A livello musicale il suo apporto sulla ricerca di suoni è stato essenziale. Si è divertito a inserire delle parti di tastiera in alcuni pezzi e, in fase di mixaggio, ci ha aiutato a prendere delle decisioni un po' più radicali rispetto a quello che avremmo fatto noi. C'è solo da risolvere la questione di un pranzo: ci doveva portare in un posto dove non ci ha mai portato!
A proposito del disco, siamo quasi al grande debutto: come vi sentite? Aspettative? Paure?
Ci sentiamo caricati a molla! Non vediamo l'ora di suonare in giro, dappertutto e il più possibile. Abbiamo grandi aspettative, che non sono quelle di accendersi un cicchino con una banconota da cinquanta euro: solo quelle di una band di amici, suonare rock'n'roll e guadagnare abbastanza da mantenersi. È strano come questa sembri la cosa più difficile da fare. Speriamo vivamente che possa piacere, che rimanga in testa, e che faccia emergere il piacere puro di ascoltare musica. Naturalmente speriamo possa essere l'inizio di una carriera e non l'esperienza di un momento della nostra vita. Che possa essere la nostra vita, questo è quello che ci interessa. Sinceramente non ci sembra di dover avere paura, solo tanta emozione.
Nella vostra musica sembra esserci una predilezione per le cose semplici, lo si nota già dal titolo...
Il titolo non ha solo un'accezione, ne ha molte. È nato a Liverpool da una proposta di Francesco: vedevamo questo bel cartello "fotogenico" (Keep Clear: passo carrabile. Tenere libero), con questo bel suono che ti fa quasi piacere pronunciare. Siccome ha diverse accezioni, la più comune delle quali è "lasciare libero", l'abbiamo adottato: arriva l'aereo dei Vickers, fate largo! Ma vuol dire anche "fare attenzione" e sai bene quanta attenzione ci voglia al primo album. Poi c'è il gioco di parole tra "Clear" e la copertina con la foto della strada volutamente sfocata e scura. Chi l'ha vista ancora non è riuscito a vedere certe cose tra le pieghe della sfocatura. Un po' come: "Hey prova a mettere a fuoco, c'è qualcosa oltre". Ci sembrava bellissimo, perché la nostra musica è varia, qualcosa ti rimarrà sfocato di certo. Comunque la decisione di non farci prendere da certi "indirizzi" non è stata una scelta, c'è venuto senza pensare. Quando poi ci siamo messi a lavorare in studio ci siamo accorti che la semplicità, paradossalmente, a volte vuole una difficile ricerca. "Keep Clear" è una fotografia di noi in questo momento. Basti dire che abbiamo tenuto fuori roba latineggiante o strumentali. Forse inconsciamente è una reazione alla disgregazione della "forma canzone" e alle mode di questi ultimi anni. Ma è solo la nostra opinione.
Un grande merito del vostro album, secondo me, è di essere lineare e allo stesso tempo non scontato: qual è la vostra ricetta per riuscire in così difficile impresa?
Soprattutto l'onestà della nostra musica, che non risente delle mode del momento ma è frutto della nostra storia e delle nostre esperienze. E poi anche la bellezza dei pezzi che lo compongono, che crediamo e speriamo possano piacere a molti.
Nella vostra musica si sentono moltissimo le influenze inglesi, a partire dai Beatles fino ai Babyshambles. Un vero e proprio amore per questo Paese oppure solo per qualcuna delle sue band? E tra i compatrioti chi ascoltate?
Esatto, nutriamo un vero e proprio amore per l'Inghilterra, e siamo felici che la gente ci associ spesso a gruppi d'oltremanica! Amiamo la buona musica, e molto spesso questa arriva da lì. I Beatles sono il gruppo con cui siamo nati e cresciuti musicalmente, il gruppo che maggiormente stimiamo, il più grande gruppo di sempre: se oggi scriviamo canzoni e speriamo di vivere di questo lavoro è merito loro. Kinks, Who, Pink Floyd, Radiohead, Blur, Oasis, Babyshambles, sono solo alcune delle band inglesi che ci piacciono, ma la lista sarebbe tropo lunga. Non dimentichiamo poi la nostra passione per artisti americani come Neil Young, Bob Dylan, Wilco, etc. Abbiamo ascoltato e ascoltiamo anche molta musica italiana, specialmente gli artisti delle varie scuole cantautorali.
È a questo amore per l'Inghilterra che dobbiamo i testi in inglese o siete sempre stati decisi a giocarvi la carta internazionale? Se sì, è per questo che avete firmato con Foolica Records, che punta alla diffusione delle sue band all'estero?
Crediamo che sia giusto, per chiunque voglia esprimere qualcosa, poter ambire ad avere il pubblico più vasto possibile. A causa delle nostre musiche così influenzate dalla cultura musicale anglo-americana, ci è sempre venuto spontaneo scrivere testi in inglese. Per questo motivo abbiamo sempre voluto essere internazionali, e viste le reazioni positive che riceviamo dall'estero, forse non sbagliamo. La Foolica ci ha convinto subito per il fatto che non ha paura di essere ambiziosa, e guarda anche al mercato estero. I tempi cambiano e cambia anche il modo di muoversi all'interno della discografia indipendente italiana.
Quale sarà il primo singolo? Avete in mente di realizzare qualche video?
Non sappiamo, tu che ci consigli? Crediamo che più di una canzone di "Keep Clear" possa essere un singolo. Ancora non sappiamo quale di preciso. La scelta è difficile. Il video ci sarà, e forse più di uno, siamo in contatto con un'agenzia olandese. Riteniamo che sia uno strumento importante per promuoversi al giorno d'oggi.
Vi scoccerebbe se le vostre canzoni arrivassero a venire considerate "commerciali"?
Non abbiamo paura ad essere definiti commerciali, almeno per come lo intendiamo noi: se una canzone vende molto, vuol dire che piace, vuol dire che a molte persone hai saputo trasmettere qualcosa, che sia gioia o altro. Esiste per noi un commerciale negativo, quando una canzone non è onesta e scritta per soldi, scritta per essere commerciale, ma se il lavoro di quattro persone oneste e serie diventa vendutissimo e conosciutissimo, allora non ci vediamo niente di male.
Possiamo aspettarci un tour europeo, prossimamente?
Sicuramente si. Abbiamo sempre avuto una buona accoglienza all'estero.
E un bel tour italiano?
La nostra agenzia di booking, la Grinding Halt, sta muovendosi per organizzare tutto al meglio. Siamo un po' in ritardo con i tempi, in quanto l'album uscirà il 13 febbraio. Parteciperemo al vostro Maledetta Primavera suonando al Morgana a Benevento.
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L'articolo The Vickers - via Mail, 04-02-2009 di Shadia è apparso su Rockit.it il 2009-02-16 00:00:00
COMMENTI (5)
una piacevolissima sorpresa ! incuriosito dall'intervista ho ascoltato il cd. è passato tutto d'un fiato, vario e mai banale. Sono molto curioso di vederli dal vivo! Complimenti alla band:)
band inutile
sono dei geni,fanno musica davvero fantastica,la prima volta che ho ascoltato qualke loro canzone pensavo fossero inglesi e invece sono fiorentini veraci...Grandi ragazzi!!!:)
(Messaggio editato da urbagenio il 19/02/2009 21:14:54)
Dopo un commento così ti darei un bacio...:)
i Vickers fanno musica inglese quasi meglio degli inglesi.
fichissimi [: